Fulvio Fiano per roma.corriere.it - Estratti
Quando il killer lo raggiunge alle spalle e gli spara un colpo di pistola alla nuca, su Fabrizio Piscitelli, seduto su una panchina al parco degli Acquedotti, il pomeriggio del 7 agosto 2019, incombono anche due inchieste che solo per l’anticipo dell’omicidio non si traducono in arresto. Ma che, come quel proiettile, avrebbero avuto l’effetto di squarciare il velo sull’impero criminale messo in piedi da quello che tutti chiamo Diablo, Diabolik, leader degli Irriducibili, la frangia più malfamata della curva laziale, e narcotrafficante.
La sua brama di soldi e potere, l’appoggio degli ultras, manovalanza senza scrupoli negli affari dentro e fuori lo stadio, lo avevano portato in pochi anni a scalare il castello del crimine romano fino ad esserne brutalmente defenestrato, 53enne, ormai a un passo dalla sala del trono. All'apice del suo potere movimentava con la ‘ndrangheta e i narcos sudamericani 250 chili di cocaina e 4.250 di hashish.
Una saga criminale raccontata lunedì 8 aprile (a partire dalle 21.15) su La7 dal programma-inchiesta “100 minuti”, con Corrado Formigli e Alberto Nerazzini.
Il trampolino della Curva Nord
L’ascesa di Piscitelli comincia negli anni delle vacche grasse nella Lazio di Sergio Cragnotti a fine secolo. Investimenti a pioggia non solo nella squadra, che vince lo scudetto nel 2000. Anche in curva girano molti soldi e il neonato gruppo degli Irriducibili prende il controllo del settore più caldo del tifo biancoceleste. Piscitelli, con gli altri fondatori del gruppo Yuri Alviti, Paolo Arcivieri e Fabrizio Toffolo, cavalca l’onda con il business del merchandising, lanciando il marchio “Mr Enrich” (l’omino stilizzato preso di mira prima dell’ultimo derby da adesivi antisemiti degli ultrà romanisti) che frutta centinaia di migliaia di euro.
Anni dopo il Gico della Guardia di finanza sequestra beni riconducibili a Diabolik e alla sua famiglia per circa 2,4 milioni di euro, rilevando che «all’elevato tenore di vita tenuto dalla famiglia Piscitelli faceva da controparte una dichiarazione dei redditi decisamente troppo scarna». Ma, come detto, la curva oltre a portare guadagni, significa anche consenso e potere. Tanto che lo stesso quartetto degli Irriducibili finisce in un’altra indagine, quella sul tentativo di scalata della camorra dei Casalesi alla Lazio.
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I legami con la Camorra
I collegamenti di Piscitelli con la criminalità organizzata sono in realtà retrodatabili di molti anni, fino al 1992 , quando il nome del futuro Diabolik è inserito dalla procura di Napoli tra i membri di una associazione a delinquere transnazionale, in affari per gli stupefacenti con i clan della camorra risaliti nel basso Lazio.
L’inchiesta «Iraq-Nizza» condotta dai carabinieri di Frascati lo mette per la prima volta nella galassia di Michele Senese O’pazz, membro del clan camorristico dei Moccia e padrone a Roma di una larga fetta del mercato degli stupefacenti, con l’esclusiva del quadrante sud della Capitale. Un rapporto che resta solido negli anni anche grazie alla sponda degli «albanesi», un gruppo criminale con origine nel Paese delle Aquile ma perfettamente inserito nel tessuto malavitoso romano.
A capeggiarlo c’è Arben Zogu, descritto in una indagine del 2013 come «pienamente aderente» ai Guarnera, che a loro volta sono vicini a Senese. “Il Nano”, o Ricky, è una sorta di guardaspalle di Piscitelli, dentro e fuori la curva, ed è sempre Zogu che lo introduce in altri ambienti legati alla camorra. Nel 2017 (operazione «Brasile lowcost»), Diabolik tratta con Gennaro e Salvatore Esposito (clan Licciardi) e ancora Senese l’arrivo di un carico di cocaina che deve fare scalo a Sion, in Svizzera. L’affare viene condotto da un altro albanese, Dorian Petoku, e da Salvatore Casamonica. Sarebbe il più grande import di cocaina nella Capitale, se non venisse bloccato dalle indagini con una operazione sotto copertura. Con gli albanesi nasce la cosiddetta «batteria di Ponte Milvio», che prende il controllo dello spaccio nel ricco quadrante di Roma Nord.
L’estrema destra
Ma Piscitelli, come tutti gli Irriducibili, è intraneo anche ad un altro ambiente, quello della estrema destra sovversiva, diretta derivazione dei Nar di Massimo Carminati e ha legami con Fabio Gaudenzi, Matteo Costacurta, Claudio Corbolotti (protagonista degli scontri prima dell’ultimo derby) e altri. «Siamo fascisti, gli ultimi rimasti», rivendica Piscitelli in una intercettazione.
In curva Nord i riferimenti a Mussolini e i messaggi razzisti e antisemiti sono il pane quotidiano. Nel 2000 viene addirittura esposto uno striscione che inneggia a Zeljko Raznatovic, la «Tigre Arkan», il criminale di guerra serbo accusato di genocidio e crimini contro l’umanità per il massacro di bosniaci a Srebrenica e non solo. Ma ancora una volta, come il tifo biancoceleste, il fascismo è un collante col quale guidare affari molto meno ideologici, che portano sempre alla droga.
Le alleanze e le inchieste
Piscitelli, racconta un’altra indagine, si ritaglia assieme a Salvatore Casamonica il ruolo di mediatore tra gli Spada (di cui si fa garante) e Marco Esposito «Barboncino» per il controllo delle piazze di spaccio a Ostia e Acilia. La loro faida mette a rischio una pax mafiosa che risale al 2007, quella tra i Fasciani e i Triassi (dei quali i litiganti hanno preso il posto) e all’epoca voluta fortemente proprio da Senese.
«Da lui Piscitelli — annota il Gico — ha evidentemente imparato a gestire il potere criminale» o almeno ambisce a farlo. Senza però averne forse la necessaria investitura. La pace tra le due bande rivali viene sancita in un pranzo avvenuto il 13 dicembre 2017 in un ristorante - L’Oliveto - di Grottaferrata, il comune dove Piscitelli ha l’obbligo i dimora, alla presenza dell’avvocato Lucia Gargano, collaboratrice dello studio Staniscia che difende da sempre il clan Spada e che finirà in galera assieme a Casamonica.
Le indagini ricostruiscono che con il socio Fabrizio Fabietti, arrestato pochi mesi dopo il suo omicidio nell’operazione Grande raccordo criminale, Piscitelli aveva intravisto margini di crescita per i suoi affari in una fase in cui i capi delle famiglie storiche finivano in carcere uno dopo l’altro. Ma questa sua ambizione ne segnerà anche la condanna a morte.
L’agguato e i processi
Piscitelli viene ucciso nel territorio di Michele Senese, dove si trova, senza scorta, per un appuntamento periodico con Alessandro Capriotti, noto come “Furfante”,Miliardero”, “Fornaro” ma di fatto un mediatore nel mondo del narcotraffico. Capriotti ha un debito con gli albanesi per una partita di droga e per questo ha già subito una sventagliata di proiettili di avvertimento sulla serranda di una sua attività. Ma non è questo il motivo per cui viene ucciso Diabolik o forse non solo questo.
il boss michele senese, detto o pazzo
A lungo le indagini sembrano non dare frutti sull’autore e i mandanti del delitto, pur puntando con certezza all'omicidio di mafia. Tra tante piste investigative rimaste senza sbocchi e conferme, solo nel 2021 si arriva all’arresto del presunto killer, l’argentino Raoul Esteban Calderon, riconosciuto durante la fuga dal luogo dell’agguato dallo scalda caviglie con cui, mascherato da runner, prova a coprire un tatuaggio sul polpaccio e dalle parole della ex compagna. Ma Calderon è solo un affidabile esecutore che agisce in cambio di 100mila euro e una sorta di vitalizio. Più complesso è risalire a chi gli abbia commissionato il delitto.
Il cerchio si stringe attorno a un terzetto composto dallo stesso Capriotti, da Leandro Bennato e da Giuseppe Molisso, quest’ultimo in particolare ritenuto un altro “figlioccio” di Senese. Ci sono indizi ma non prove, le indagini sembrano a un punto morto poi la svolta arriva dal fatto che, con la collaborazione delle polizie francese e tedesca, viene espugnato il sistema informatico Sky ecc, un sistema di chat codificato con la quale comunicano i criminali di mezza Europa.
La Dda di Roma e i carabinieri del Nucleo investigativo vi trovano una miniera di informazioni inesauribile che ridisegna o meglio definisce la storia recente della malavita romana. Siamo ai giorni nostri: i tre mandanti vengono iscritti di nuovo tra gli indagati, a loro si aggiunge Senese e le conferme su di loro arrivano dai propositi di vendetta portati avanti da Elvis Demce, che negli anni ha preso in controllo degli albanesi (Zogu è fuggito all’estero) e che di Piscitelli è sempre stato fedele alleato prima e prosecutore dei suoi affari poi.
rilievi dopo l omicidio di fabrizio piscitelli
Vendette, sgarbi, invidie e rivalità si sommano, secondo l’ipotesi del pm, nell’aver decretato l’omicidio di Piscitelli. Nel processo in corso a Calderon viene depositata una nuova informativa che le ricostruisce, avvicinando forse la verità sull’epopea e la caduta del narcos-ultrà.