“NON DEVI MICA FARTI DA SOLO, TI FA MALE, POI TI VENGONO LE OCCHIAIE…” - TAAC! TORNA 'IL RAGAZZO DI CAMPAGNA' - POZZETTO: "STO LAVORANDO AL SEGUITO DI QUEL FILM: STAVOLTA UN CONTADINO PORTERÀ UNA MUCCA AL BOSCO VERTICALE - IL MINIAPPARTAMENTO DI CUI PARLAVO NEL  FILM OGGI E’ UNA TRISTE REALTA’ - LA POLITICA? NON ME NE FREGA UN CAZZO, MOLTO MEGLIO LA CUCINA: E INFATTI HO APERTO IL MIO RISTORANTE” - POI PARLA DI PIERO MANZONI, VILLAGGIO, DE ‘LA PATATA BOLLENTE’, DI VERDONE E DI ‘7 CHILI IN 7 GIORNI’ E RIVELA IL FILM CHE NON RIFAREBBE -VIDEO

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Alessandro Rico per “la Verità”

 

Davvero sta lavorando al sequel del Ragazzo di campagna?

«In realtà siamo ancora in alto mare. Ma non sarà Il ragazzo di campagna 2 eh».

renato pozzetto il ragazzo di campagna renato pozzetto il ragazzo di campagna

 

Come si intitolerà?

«Una mucca in Paradiso».

 

Qualche anticipazione?

«È la storia di un contadino che viene a Milano per curare un prato in cima al Bosco verticale. E poi porta una mucca sul grattacielo, che risulterà incinta e partorirà un vitello. Un modo per ironizzare sul rapporto tra campagna e città».

 

Il contrasto tra queste realtà è ancora forte come ai tempi del Ragazzo di campagna?

(Ride) «Insomma, se uno si porta una mucca in cima a un grattacielo c' è qualcosa che non va Non è mica un comportamento normale».

Renato Pozzetto, con l' inconfondibile accento milanese (quello che ha reso celebri certe sue sortite, tipo: «Eh la Madoooonna»), ci racconta del suo nuovo progetto: recuperare l' intuizione del Ragazzo di campagna, la pellicola del 1984 che, con toni parossistici, inscenava il conflitto tra la tradizionalista campagna lombarda e la Milano da bere, proiettandola stavolta sul Bosco verticale. Ovvero, il grattacielo meneghino che somiglia a un giardino pensile.

 

La Milano del Ragazzo di campagna, nel 1984, era già ultramoderna.

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«Sì, ma il mio intento non era certo di fare della filosofia sulla vita in città. Volevo far divertire la gente e basta».

Ma alcune trovate sono rimaste memorabili.

«Eh sì. Viaggiando con la fantasia, comparve ad esempio il miniappartamento milanese dove andava a vivere il protagonista».

 

Allora sembrava una parodia, ma oggi nelle metropoli il monolocale «funzionale», dove ottimizzi gli spazi e «taac», tiri fuori la tavola o il letto, è una triste realtà

«Lo è, lo è. Come quando al cabaret raccontavo che volevo aprire un negozio fuori città perché il terreno costava meno, che volevo farlo molto grande e portarci le persone con un servizio navetta, che ci si poteva passare l' intera giornata E la gente rideva a immaginarsi una cosa del genere. Invece adesso è così».

 

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Immaginava il centro commerciale, in pratica.

«Già. L' umorismo a volte è capace di prevedere le cose che poi accadranno davvero».

 

Com' è cambiata Milano dagli anni Ottanta a oggi?

«Milano sta vivendo un momento di entusiasmo, com' è capitato spesso nella vita di questa città. Direi che oggi la gente si muove di più, s' incontra di più».

 

In che senso?

«Be', io mi ricordo che quando andavo a lavorare al cabaret, poi tornavo di sera e in giro non c' era più nessuno. Adesso - io abito a Porta Ticinese - all' una di notte ci sono i semafori che funzionano con le code di automobili».

 

Come descriverebbe la «milanesità» a uno che milanese non è?

«La puntualità. L' amore per il lavoro. L' imprenditoria. Il milanese lo si misura su queste cose. È questo che ha fatto la fortuna della città».

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Ma Milano è solo lavoro?

«No, ci sta bene anche chi ama l' arte. È piena di gallerie. Io stamattina sono andato a vedere la mostra di Maurizio Cattelan».

 

E che difetti ha Milano?

(Ride) «C' è pur sempre qualche mascalzone...».

Nei suoi film lei ha affrontato molti temi attualissimi. Ad esempio, nella Patata bollente, quello dell' omosessualità.

«Ma sa, io me ne son sempre fregato, ho vissuto liberamente, ho avuto tanti colleghi, tanti amici omosessuali».

In quel film lei, operaio comunista, doveva «nascondere» un omosessuale perseguitato persino dai compagni di partito. Allora la sinistra non era così gay friendly

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«Ma lei mi vuol far parlare di politica?».

 

Non le va?

(Ride) «No no, a me non me ne frega un cazzo di parlarne».

Perché?

«Ma perché se accendi la televisione si parla di questi temi, allora la spegni, la riaccendi e ritrovi ancora questi temi. Quando non ci sono c' è la pubblicità Non mi faccia parlare di cose di cui le persone parlano ogni secondo».

Va bene, torniamo ai suoi film.

«Sì, meglio».

In Sono fotogenico parla del mito del successo, del culto di sé stessi.Anticipava l' era dei giovani che sognano di diventare influencer sui social?

«Be', insomma, il mio lavoro l' ho sognato anch' io da bambino. È comprensibile che un giovane voglia apparire e voglia fare un lavoro affascinante come l' attore, o magari il calciatore».

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In Infelici e contenti, con Ezio Greggio, ha affrontato il tema della disabilità.

«Vabbe', abbiamo fatto un film, non è che ho raccontato la disabilità. È capitata una storia bella e basta, finiva tutto nell' umorismo».

 

Insomma, lei non ha mai nemmeno lontanamente voluto essere «impegnato»?

«Ma no. Lei parlava del film sugli omosessuali. Era un film divertente, ho affrontato il tema con molta naturalezza, ma non è che volessi fare il film per difendere i gay».

 

Le dico alcuni nomi di grandi che ha frequentato e lei me li racconta. Cominciamo con Piero Manzoni, l' autore della famosa Merda d' artista.

«Mi è venuto in mente proprio stamattina, mentre guardavo Cattelan, perché loro due erano molto vicini. Io ho conosciuto Manzoni che ero ragazzo, però purtroppo è morto presto».

 

Dove lo conobbe?

«Io e Cochi andavamo in un' osteria milanese, L' oca d' oro, in una traversa di Corso di Porta Romana. Lì si incontravano gli artisti, soprattutto i pittori. A Cochi piaceva cantare, c' era una chitarra, si beveva qualche bicchiere di vino E così ci inventammo pure il cabaret».

 

E Paolo Villaggio?

«L' abbiamo conosciuto che eravamo già cabarettisti. Villaggio era responsabile di una nuova trasmissione, Quelli della domenica. Venne a Milano e ci fece scritturare per la prima puntata delle 6 previste. Invece il giorno dopo ci chiamarono e ci ingaggiarono anche per le altre puntate che, visto il successo, da 6 divennero più di 20. E noi le facemmo tutte quante».

 

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A proposito della sua amata puntualità, qualcuno dice che Villaggio non fosse così puntuale sul set.

«Non mi risulta. Sa, chi ha investito dei soldi sul film è lì e quindi non è che ci si può permettere di fare molti sgarri».

Non tutti gli attori però sono così ligi al dovere.

«Quelli che vogliono essere, diciamo così, un po' più "liberi", o vogliono solo farsi i cazzi loro, magari arrivano un po' in ritardo, vanno via un po' prima, qualcuno fa i capricci Come in tutti i mestieri».

Di Enzo Jannacci cosa mi dice?

«Che era un grandissimo artista. Un grandissimo artista. E un grandissimo amico».

 

Al cinema lei ha lavorato al fianco di grandi attori: Carlo Verdone, Massimo Boldi, Christian De Sica, Ezio Greggio, Paolo Villaggio Con chi si è trovato meglio?

«Con tutti. Più si è precisi, più si fa in fretta, più ci si aiuta, più il lavoro viene meglio. Peraltro, non è detto che stando insieme sul set si diventi pure amici eh».

 

Quindi dei suoi colleghi con chi è rimasto più amico?

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(Ride) «Con nessuno».

 

Ah ah , ma come con nessuno?

«Ho avuto altri interessi».

Oggi qual è il comico che le piace di più?

«Per ritornare alla mia mattinata, le opere di Cattelan mi hanno molto divertito».

 

Cioè, mi sta dicendo che è Cattelan il miglior comico italiano?

(Ride) «Voglio dire che il comico non è solo quello che si presenta davanti allo schermo. Ci sono tanti mestieri che portano ilarità».

 

Se le dico «bene, bravo, 7 più», cosa le viene in mente?

«Mi viene in mente una battuta di una delle prime gag televisive che abbiamo fatto con Cochi».

 

Come ci si sente a inventare un' espressione che poi diventa di uso comune? Fa effetto?

«Sa, noi abbiamo sempre proposto cose che divertivano innanzitutto noi. Ci veniva abbastanza naturale. Quando è così, le cose diventano più facili, il pubblico si diverte di più e si affeziona alle battute».

 

Come nasce uno sketch comico?

pozzetto monza pozzetto monza

«La comicità nasce da te stesso.Ci son delle cose nella vita che uno si porta dentro, anche se nessuno te le ha insegnate. A chi piace pescare, a chi piace andare per musei, a chi piace far ridere».

 

Con Cochi vi sentite spesso?

«Come no, ci siamo anche visti recentemente».

 

Non avete mai litigato?

«Non abbiamo mai litigato, nonostante qualcuno lo pensi. Abbiamo fatto lavori diversi, lui più teatro, io più cinema, poi ci siamo rincontrati, abbiamo ricominciato a fare teatro insieme Il nostro mestiere è fatto di questa libertà».

 

C' è un film che se tornasse indietro non rifarebbe?

«Sì. Le comiche per esempio».

Le comiche? Ma è fantastico La scena surreale dell' aerotaxi

«Eh lo so, però deve capire che io in quel film mi sono messo al servizio della comicità di Villaggio».

renato pozzetto renato pozzetto

Cioè?

«Incidenti, botte, scivolate, capitomboli, bagnarsi, sporcarsi La mia comicità invece si basa di più sul linguaggio, quelle cose non mi attirano molto».

 

Senta, di politica non vuole proprio parlare?

«No, per carità».

 

Non mi dice nemmeno per chi simpatizza?

«No, non glielo dico. Di politica si parla continuamente e alla fine nessuno dice cose interessanti. Allora preferisco stare zitto, per evitare di dire cagate».

pozzetto bossi pozzetto bossi

Mi arrendo.«Le rivelo un' altra cosa, se vuole».

Cosa?

«Che adoro la cucina. E che sto seguendo il mio ristorante a Laveno Mombello, sul Lago Maggiore».

 

Ha un ristorante? E cucina?

«No, non cucino, però lo gestisco. Si chiama Locanda Pozzetto».

Mi ricorda un po' la scena finale di 7 chili in 7 giorni, quando lei e Verdone trasformate la clinica dimagrante in un ristorante(Ride)

 «Io però non mangio più in quel modo! L' età non me lo permette».

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