jack kerouac

“SONO IL BUDDHA RITORNATO SOTTO FORMA DI SHAKESPEARE PER IL BENE DEL POVERO GESÙ CRISTO E DI NIETZSCHE” – TORNA ‘SOME OF THE DRAMA’ DI JACK KEROUAC FRA MISTICISMO LISERGICO, TOMMASO D'AQUINO, I CANTI DI MILAREPA E DIVERSE SENTENZE ALIENATE (“PROUST E JOYCE SONO VIDEOCAMERE PER RIPRESE IN SLOW MOTION...”) – BRULLO: "IL SOGNO PROIBITO DI KEROUAC È FAR CONVERGERE LA POTENZA DEL BUDDHA NELL'OSCENITÀ DI CRISTO INTRISO DI SANGUE. LO SCRITTORE, VA DA SÉ, SI ERGE A ISPIRATA SINTESI - IL SUCCESSO CLAMOROSO DI ON THE ROAD? SI DEVE A UNA BOTTA DI CULO…"

Davide Brullo per “il Giornale”

 

JACK KEROUAC COVER

Il libro è spesso, accartocciato dal lignaggio delle acque. Poesia degli ultimi americani, a cura di Fernanda Pivano, Feltrinelli. In copertina c'è Jack Kerouac, fotografato da Allen Ginsberg a New York nel 1953, fuma una sigaretta; corpo diafano, da angelo disfatto. Fogli maculati, asciugati col phon.

 

È una reliquia, quel libro. Me lo ha donato, anni fa, la mamma di Marco Pesaresi, il fotografo vagabondo che piaceva a Francis Ford Coppola. Ha fotografato le metropolitane di tutto il mondo, da Città del Messico a Tokyo; il suo reportage sulla Transiberiana mette i brividi. Si è ucciso tre giorni prima del Natale del 2001, inabissandosi nel porto di Rimini. Con sé aveva le poesie dei beat. Un cerchio, a pagina 161, una lirica di Kerouac: «I Buddhisti sono le uniche persone che non mentono,/ Nel Sacro Sutra del Diamante/ Si dice che Dio morirà».

 

Nell'introduzione, che sfoglio come una pergamena, la Pivano sintetizza il carisma dei Beat: «Il loro svincolamento dall'atrofia meccanica e il loro affermarsi come continuatori di una lunga tradizione, tipicamente americana, di scrittori che fuggono dalle scrivanie per cercare nella vita un'ispirazione autentica». Discepoli di una nobile sequela che passa per Thoreau, Melville, Whitman, Hemingway, i Beat in fondo sono una setta, promuovono un monastero, banda di reazionari del Dharma.

 

PIVANO KEROUAC 11

La storia è vecchia. In un articolo pubblicato su Studies in American Fiction nel 1983, «Men out of Time: Kerouac, Spengler and the "Faustian Soul"», Michael D'Orso racconta come Il tramonto dell'Occidente «abbia influenzato profondamente Kerouac e Burroughs fornendo loro il vocabolario concettuale per forgiare l'idea della Beat Generation». Era stato Burroughs, nel 1944, all'epoca della Columbia University, a obbligare Kerouac a leggere Spengler.

 

MILAREPA

Quando Allen Ginsberg, nel 1956, dedica Urlo, stampato dalla City Light Books di Ferlinghetti, a «Jack Kerouac, nuovo Buddha della prosa americana», il sommo Jack aveva risciacquato Spengler nel Gange, celebrando l'unione tra Betlemme e Lumbini. Nell'estate del '54 Ginsberg riferisce a Kerouac della sua illuminazione, accaduta su un autobus, verso Veracruz: stimolato dalla codeina vide «come in un dipinto di Giotto, file di sante che salgono e scendono lungo una scala celeste».

 

Gli fu chiaro che «l'uomo è divino quanto la sua immaginazione»; quindi, benedì Kerouac: «Quanto ate, il tuo dovere celeste è scrivere». Da qualche mese, in effetti, Kerouac stava scrivendo, su quaderni sgangherati, il proprio libro sacro, Some of the Dharma. Regesto lisergico di visioni ed effrazioni verbali, di citazioni - da Tommaso d'Aquino ai canti di Milarepa -, di sentenze alienate («Proust e Joyce sono videocamere per riprese in slow motion...»), che reclamano il crollo di Kerouac in un Oriente cupo, moribondo, torbido.

 

JACK KEROUAC

Nel canovaccio che per i critici è il cantiere dei grandi libri di Jack: I vagabondi del Dharma, Big Sur, Angeli della desolazione - si parla di eccesso alcolico («è una forma di auto-omicidio parziale ma troppo triste per arrivare fino in fondo... non bere per ubriacarti bevi per goderti la vita»), appare lo spettro di Ezra Pound («Tutto ciò che avrei da dire a Pound è Svegliati!, e lui/ in cambio, direbbe che la mia prosa & poesia fanno schifo») e un candore continuo, un delirante desiderio di salvezza. Il giorno del suo compleanno - fa 34 anni - Kerouac ha «avuto una visione di bottiglia di brandy... e di rotondi fiori bianchi... dunque sono un guaritore».

 

Ogni scrittore di genio sogna di scrivere la propria Bibbia, per sconfiggere quella pronunciata da Dio: in questo profluvio di profezie capovolte pubblicate in origine nel 1999, ora tradotte da Sara Barbera e Emanuele Basile per Mondadori, la perla del centenario di Kerouac, pagg. 444, euro 30 - il coprotagonista è Gesù Cristo, che aleggia un po' ovunque («Pentitevi! Siate in Gesù Cristo!»).

marcel proust

 

Il sogno proibito di Jack è far convergere la potenza del Buddha - il Nulla - nell'oscenità di Cristo - il Tutto intriso di sangue. Lo scrittore, va da sé, si erge a ispirata sintesi: «Sono il Buddha ritornato sotto forma di Shakespeare per il bene del povero Gesù Cristo e di Nietzsche».

 

Non è una novità neanche che Kerouac, povero cristo, fosse un buon cattolico: «Dall'infanzia sino alla morte, Kerouac scrisse lettere a Dio, preghiere rivolte a Gesù, poesie dedicate a san Paolo e invocazioni», ricorda Antonio Spadaro in un'intervista pubblicata su L'Osservatore Romano nel 2007. D'altronde è Kerouac, in un testo raccolto in Scrivere bop (Mondadori, 1996), a decrittare le origini «cattoliche» dei Beat: «Fu da cattolico che un pomeriggio andai nella chiesa della mia infanzia (una delle tante), Santa Giovanna d'Arco a Lowell, Mass., e a un tratto, con le lacrime agli occhi, quando udii il sacro silenzio della chiesa (ero solo lì dentro, erano le cinque del pomeriggio; fuori i cani abbaiavano, i bambini strillavano, cadevano le foglie, le candele brillavano debolmente solo per me), ebbi la visione di che cosa avevo voluto dire veramente con la parola "Beat", la visione che la parola Beat significava beato».

 

I VAGABONDI DEL DHARMA JACK KEROUAC

Forse è per questo che il centenario di Kerouac passa negli States un po' sottotraccia, tra filari di vaga vergogna; fino a poco tempo fa gli scritti dimenticati di Jack, di terza mano, più che modesti, erano spacciati come ferule. Troppo bianco, troppo borghese, troppo estremista e con un indefettibile desiderio di sacro, Kerouac, per aggiustarlo tra le magioni dei letterati consueti, corretti, iniqui, utili. Lasciamo che le iene si scotennino in virtuosismi polemici.

 

Frenesia del karma: il successo clamoroso di On the Road si deve a una botta di culo. Il 5 settembre del 1957 il New York Times battezza il romanzo «autentica opera d'arte di un grande mutamento storico». Nessuno voleva recensirlo, quel romanzo, destinato a sonnecchiare in redazione, finché non lo afferra Gilbert Millstein, residuo collaboratore in quei giorni di marcescente estate. Il giornalista è entusiasta: paragona On the Road a Fiesta, Kerouac a Thomas Wolfe, «ci sono sezioni di una bellezza mozzafiato». Il caporedattore è in vacanza, la recensione passa, il romanzo diventa "di culto". Tre anni dopo Henry Miller scriverà che «Jack Kerouac ha violentato a tal punto la nostra immacolata prosa, che essa non potrà più rifarsi una verginità»; dopo averlo letto «è difficile ritornare a scrittori come Hemingway, Steinbeck... o anche... al sottoscritto».

JACK KEROUAC

 

Quanto a me, ho sempre pensato che i Beat condividessero la sorte di Pesaresi: morte per annegamento, per eccesso di vita. Sbagliavo prospettiva. Giovanni Ungarelli, già alto dirigente in Mondadori e Rizzoli, mi ripeteva fino alla rabbia che Sulla strada è il più folgorante romanzo del secolo.

 

davide brullo

Leggi l'ultima pagina, diceva. Nell'ultima pagina il narratore fissa «i lunghi, lunghissimi cieli sopra il New Jersey e avverto tutta quella terra nuda che si svolge in un'unica incredibile enorme massa fino alla Costa Occidentale»; parla di Dio, dell'Orsa Maggiore, del «padre che mai trovammo», e della «stella della sera». Ecco. Per scrivere devi guardare il cielo, di notte. Ipotizzare un padre. Pregare. Va bene anche da sdraiati, per terra. Il figlio dell'uomo non ha dove posare il capo.

padre antonio spadaro foto di baccojoyceDAVIDE BRULLO

JACK KEROUAC JACK KEROUAC JACK KEROUAC JACK KEROUAC

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO