Carlo Moretti per la Repubblica
Cinque album di canzoni come cinque punti interrogativi. Un mistero irrisolto: i testi di Pasquale Panella che sfidano il senso comune; la musica di Lucio Battisti che fa a pezzi la forma canzone e la ricostruisce secondo spirali d' elettronica.
Poi, dopo il diluvio finale di Hegel (1994), soltanto silenzio, una sostanziale rimozione.
Finché, trascorso quasi un quarto di secolo, un gruppo di artisti non ha deciso che fosse maturo il tempo per metter mano al songbook battistiano contenuto nei cinque "album bianchi", chiamati così per via di quelle copertine minimaliste tratteggiate in punta di matita dallo stesso Battisti.
Ne è scaturito l' album LB/ R (come La bellezza riunita, una delle tracce di Hegel) che esce in questi giorni e vede tra i protagonisti Rachele Bastreghi dei Baustelle e Federico Fiumani dei Diaframma insieme a un gruppo di musicisti d' area sperimentale ed elettronica. «Non tutti bianchi bianchi. La prima copertina, di Don Giovanni, non è bianca, c' è un punto di rosso come nella Ballata di Rudi di Elio Pagliarani», sottolinea Pasquale Panella, che ricorda quei giorni alla Rca di Roma: «In via Tiburtina arriva questa coppietta artistica nello studio grafico.
C' è da fare la copertina, c' è da piazzare il disegnino su fondo bianco come il foglio. Il giorno prima avevo letto la ballata in un teatrino. Teatralmente recitai "bianco con un punto di rosso", un residuo del giorno prima, un momento radioso: il sorriso di tutti, la copertina era fatta, era passato un minuto».
Panella, perché proprio ora la prima raccolta di cover dei brani che lei scrisse con Battisti?
«Non lo so. C' è vita futura in quelle canzoni. È arrivato il futuro? Non credo. Le cover sono solo il presente su Youtube. Il disco è un oggetto, oggetto estetico. Non si stampano più dischi e tutto crolla, la canzone torna a essere quel quasi nulla che è. La voce incisa lascia il segno, che è segno unico. Certo, una canzone può essere ricantata ma la nuova versione è parodia.
Già la canzone è di natura parodica, ogni interpretazione che non sia la prima la smaschera. La prima voce incisa, per esempio la voce di Piero Focaccia per Stessa spiaggia, stesso mare, è insuperabile. Chiunque la ricanti cade in eccesso di parodia».
Walter Benjamin nel saggio sull'"Opera d' arte nell' epoca della sua riproducibilità tecnica" scriveva che l' opera ne risultava svalutata.
«Uno dei titoli più riprodotti, questo di Benjamin. Il disco non è copia, è esemplare. È come se di un ritratto si potesse acquisire direttamente il modello, è esempio di un' unica impresa di quella voce che, essendo unica è irriproducibile, è voce modella ma, quando l' ascolti, la modella s' è già distaccata dalla posa. La voce fu. La canzone si prende tante licenze, una è questa. Si può ricantare, ma qui sta il suo degrado, nella sua riproducibilità.
Dal fatto che si possa ricantare ne deriva che in principio fu unica la voce che la cantò. Tutto qua, si riproducono i supporti, non la canzone. E i supporti si riproducono perché esiste un mercato, quindi se vogliamo parlare di riproducibilità stiamo parlando di riproducibilità del pubblico, che oggi è vastità virtuale, quanto è vasto l' astratto. E la famosa aggregazione dal vivo è spesso aggregazione di biglietti, i fogli morti. È piacevole non partecipare a questo. Quei dischi sono i testimoni di un momento ineffabile e unico. Per dare ragione a Benjamin diciamo che la riproducibilità tecnica svaluta i testimoni, li rende meno credibili. Ma chi gli ha dato ragione? Il mercato. I cd sono finiti, sculturine bucate. E adesso ritornano a essere oggetti estetici. La Storia ama fare scherzi».
Ha ascoltato la raccolta?
«Quella bella voce per Le cose che pensano: la ragazza si è cantata molto bene, cantare è cantarsi, ha dato corpo alla voce, il proprio corpo. Anche l' altra voce per Don Giovanni, voce e Don Giovanni femminili, molto bene. Le voci maschili invece hanno tutte offerto un' interpretazione gutturale del canto, l' hanno virilizzato. Quelle canzoni eccitano il corteggiamento animale, è cosa nota».
Visti i limiti imposti dagli eredi Battisti, questo disco di cover si troverà in rete meglio e più degli originali.
«Lontani come i tuoni lontani, gli originali. Una cosa bella, no? A me non dispiace che gli originali, appunto perché tali, siano capaci di distacco. Cosa avremmo se no? Petulanza, smania d' esserci. Quelle canzoni sono severe, felici e severe, non sono una fondazione né il nome di un premio, non si sono arrese a questi giochetti di socialità opportunista. Stanno nel segreto di chi le ascolta in segreto. Sono una questione personale, un' intimità. Non abbiamo fatto paesaggismo, canzoni con figure, pastori e transumanza».
Per gli autori è anche un danno.
«Abbiamo anticipato i tempi. I dischi non fruttano più, infatti quei dischi sono sempre in fiore. È come essere romanista, dalie gialle e dalie rosse, la bellezza di non essere gli altri. Eravamo un segreto, e lo siamo ancora».
Chi ascolta le canzoni vi si affeziona, le lega a un momento della sua vita, le sente di sua proprietà. Perché farle diventare irraggiungibili?
«Sono arte popolare, somma di due linguaggi in un solo ascolto. La Sistina e gli affreschi di Giotto sono popolari, pittura e racconto in una sola visione, e non sono immediatamente raggiungibili. Ci si accorda che siano Arte maiuscola e ci si inganna di averli raggiunti nel nome dell' arte, li si raggiunge in astrazione. Ma la Sistina è fumetto, tante nuvole, Giotto è una striscia. E dicendo così sembrano opere più belle e anche più potenti. Un fumetto in Vaticano, una striscia nella Basilica superiore di Assisi: i figli del popolo ce l' hanno fatta a imprimersi sul sacro, a incidersi in affresco come su disco».
Quelle vostre canzoni erano avanguardia?
«Un po', un punto di rosso. Condividono con l' avanguardia alcune noncuranze. Delle aspettative di pubblico e critica ossia del mercato, per esempio.
Quei dischi sono la mossa di Ninì Tirabusciò ma altrove, non sotto gli occhi. Sono canzoni, popolari come I tre moschettieri, che Elide Catenacci trova "molto tosto", giusto, e se lo può permettere perché è la bellissima Giovanna Ralli, mia attrice preferita, magnifica nell' interpretazione del pizzo della camicia che trema. "I puntali della regina", non vorrei mai sapere cosa sono anche se lo so. Bene, ci vediamo all' alba dietro il convento dei Cappuccini per duellare. Io porto armamentari linguistici, li impugno ma anche li offro a chi legge e a chi ascolta. All' alba, la barba, la curva della gola, rasoiate che sono orli di gonna».
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