Michele Masneri per www.Pagina99.it
monica mondardini carlo de benedetti
Se fossimo nel mondo della canzonetta lei sarebbe la Tigre di Cesena, dopo l'Aquila di Ligonchio e la Pantera di Goro, ma Monica Mondardini, cinquantacinque anni, nata in Romagna sotto il segno della bilancia, boss del nuovo conglomerato Stampa-Repubblica, non canta.
La tigre di Cesena viene dopo il "mastino di Genova", che era Marco Benedetto, amministratore delegato dell'Espresso dei tempi eroici, e le metafore feline e ferine continuano, e si capisce che badare a una famiglia grande e un poco disfunzionale come Repubblica-Epresso, coi suoi azionisti, giornalisti, eredi, star, fondatori, cdr, esiga un animale possibilmente un po' feroce, però Mondardini è andata oltre e dopo aver sistemato i giornali è diventata anche numero uno della Cir, la conglomerata dei De Benedetti che tiene tutto sotto di sé (anche le cliniche della Kos, i componenti per auto della Sogefi, un tempo la Sorgenia finita in mano alle banche).
eugenio scalfari e monica mondardini
Mondardini non canta anche nel senso che è impossibile trovare una dichiarazione, un discorso, un pettegolezzo, perché la signora è amante della privacy, e per niente vanitosa, almeno non in questo senso, e dunque della "Monda", come tutti la chiamano, nessuno sa niente, e chi sa tace, tutti la temono, a partire dai tacchi a stiletto che incutono timore, ai completi affusolati e la pettinatura un po' spagnolesca, perché tanto è stata a Barcellona, a capo delle assicurazioni Generali, e prima a Parigi, ad Hachette (gruppo Rcs).
Silvia Monti De Benedetti Monica Mondardini ed Enrico Letta
In Italia poi non la conosceva nessuno, quando arrivò a Largo Fochetti "dovemmo cercare il suo nome su Google", dice un giornalista, perché non era certo una "del giro", soprattutto non si era mai occupata di giornali. Tutti molto scettici, rispetto a questa signora molto secca anche nell'approccio, laureata in statistica, donna di conti e di poco sussiego.
Monica Mondardini Ezio Mauro Nicoletta Braschi Roberto Benigni
Brava è brava, però, e vivisezionando il corpaccione dell'Espresso, ridotto di 1.000 posti in cinque anni, l'ha anche riportato in vita, pare anche appassionandosi, perché la tigre è appassionata, a modo suo, e addirittura pare che proprio abbia preso "la malattia dei giornali", "ha preso i nostri ritmi, arriva in ufficio alle nove e esce non prima delle dieci e mezzo", e certamente "ha imparato molto velocemente", e non era scontato, dice ancora il giornalista, perché "il mondo dei giornali è un mondo peculiare, con un doppio binario, il direttore e dall'altra parte l'amministratore delegato, altri manager in altri gruppi non hanno funzionato così bene, l'innesto non è andato bene"; e con Ezio Mauro accanto invece lei ha imparato e preso la malattia (la malattia prosegue anche con Calabresi, ora, e non è vero che lei non lo ami).
La cura Mondardini ha portato oggi il gruppo in attivo, non solo come giornali (probabilmente l'unico in Italia) ma anche come holding (la Cir presenta lunedì i risultati e saranno in utile, dopo 4 anni) e certo "ci ha imposto grandi sacrifici, però almeno sono serviti", dice un altro giornalista, guardando al disastrato panorama stampato circostante. Per uscire dall'agiografia: Monda è "dura", "molto diretta", probabilmente cattivissima, non stacca mai, "mangia una fetta di prosciutto o un cracker alla scrivania, non esce dall'ufficio per pranzo", dice un conoscitore; "però quello che ti deve dire lo dice in faccia, i tagli li annuncia lei, non si fa scudo dietro il capo del personale, sta a negoziare fino alle quattro di mattina coi sindacati".
Grande fumatrice, segretamente incline alla risata, il suo mondo, il Mondo Monda, come da cortometraggio di Wes Anderson, prevede una trilocazione: il lunedì e martedì è a Milano dove comanda la Cir, lunedì dunque riunioni con Rodolfo De Benedetti, presidente e delfino della famiglia, con cui ha un ottimo rapporto, hanno un anno di differenza, sono due animali a sangue freddo, odiano entrambi le smancerie e la politica, tanto che la fusione tra Rep. e Stampa non è stata neanche preannunciata a palazzo Chigi, quasi con scortesia istituzionale, ma semplicemente perché "i due sono fatti così, non ci hanno proprio pensato".
Politicamente, Mondardini non è di sinistra, è una moderata di area liberale cattolica, ma rispetta "la storia e l'identità di Repubblica, anche per il suo valore commerciale", dice un esperto, e del resto I sold l’è come i dulur, ch j à i si tén, recita un proverbio romagnolo, i soldi sono come i dolori, chi li ha se li tiene, e Monda non ama fuoriuscite né di fatturati né di intimità.
Però ha anche le sue passioni, e la fusione con la Stampa è una di queste (ognuno ha le sue perversioni), e dunque rilanciare l'azienda, non solo inciderla a sangue ripulendone i bilanci: è la sua idea di Repubblica.
Anche romantica: conserva come una reliquia un appunto del principe Caracciolo, una cartella e mezzo di business plan di questa fusione, che era idea sua, del principe, che fino all'ultimo ripeteva "bisogna che tenti ancora una volta un ultimo affondo con mio nipote", cioè John Elkann.
E questo affondo non ci fu perché Caracciolo si ammalò e morì, e però lei in questi anni è andata avanti, perché è tagliatrice ma anche imprenditrice, appassionata del business plan principesco, e già tre anni fa c'era stato un affondo, un'intesa tra Elkann, De Benedetti e Monda, ma poi i padroni della Fiat non se la sentivano di abbandonare il Corriere.
Oggi, che se la sono sentita, Monda che è tigre senziente e forse sensitiva, un giorno molto recente ha fatto una telefonata, telefonata improvvisa e molto peculiare, a Torino, che raccontano così. La tigre alza il telefono e dice, letteralmente: "ma vi siamo proprio così antipatici che non ci volete più vedere?", con tono da Franca Valeri imprenditrice nel Vedovo, e a Torino, sorpresi da tutta questa disintermediazione romagnola, rispondono torinesemente: "Tutt'altro che antipatici"; e la cosa poi si fa, velocemente, perché il clima è cambiato, perché in fondo il capitale è umano, anche quello di redazione.
Come nel film di Dino Risi Monda saluta i dipendenti quando li incontra con un "buongiorno-cognome-come-sta", tipo "lavoro-guadagno-pago-pretendo", e questa telefonata e questo stile spiegano molto del mondo Monda, bon ton asciutto da Assolombarda. Tanto lavoro, anche. Sistemata la Cir, Monda ogni mercoledì sbarca a Roma, nelle torri gemelle di Largo Fochetti, che nel frattempo sono state dimezzate; tra qualche mese ci sarà infatti il trasloco, e anche lei, che prima stava nel torrione di sinistra, quello dei mega direttori naturali insieme a Cdb, finirà nell'altro, quello dei giornalisti (l'altro torrione viene ridato indietro al proprietario, altri soldi che non se ne vanno, si tengono).
CARLO CARACCIOLO CARLO DE BENEDETTI E CORRADO PASSERA
Per far presto poi ha preso casa non lontano, dal monotorrione di Repubblica, a porta Metronia, tra la casa natale di Totti e quella di Sordi, così risparmia tempo a andare in ufficio con la Audi A8 della Cir (la signora non ha la patente ma non è pauperista, le piace fare shopping però solo almeno fuori Schengen, non sia mai che qualcuno la fotografi).
Poi il venerdì parte inesorabilmente per Cesena, dove non ha un antieconomico marito, tipo appunto Sordi nel film di Dino Risi, ma una mamma, dei fratelli e amati nipoti (il padre, medico, è scomparso qualche anno fa). A volte parte anche per Barcellona o per Madrid (ha frequentazioni segretissime, si dice anche altolocatissime, di sicuro tifa Real); o Parigi, dove è stata insignita di fondamentali onorificenze. Pare abbia addirittura degli amici.
1961 Carlo e Marella Caracciolo Giovanni Agnelli Oddone Camerana
Dopo tutti questi successi bestiali la Monda la danno papabile per qualunque cosa: per le Generali, per la Fiat del dopo-Marchionne, forse anche per il post Bergoglio, se si potesse: in passato è stata indicata per l’Enel e le Poste e Finmeccanica, ma lei ringrazia sempre e non accetta mai, ogni proposta accresce però la sua autonomia presso i De Benedetti (autonomia a cui tiene molto, lei sul rompighiaccio in vacanza non ci va, lei sta per i fatti suoi, a Cesena o Madrid). E poi sta bene lì, tra i giornali: perché, tagliando tagliando, ha proprio preso la malattia.