bret easton ellis

IL TOTALITARISMO DEI BUONI - NEL SUO ULTIMO LIBRO, ‘’WHITE’’, BRET EASTON ELLIS PARLA DI AUTORITARISMO, DI FASCISMO GAY, DI CENSURA, DI SUPERIORITÀ MORALE, DI OSSESSIONE DA CONTROLLO, DI PRESSIONI DIRETTE E INDIRETTE PER CONFORMARSI AL CANONE IDEOLOGICO DEL MOMENTO - UN REGIME HA PRESO IL POTERE, DICE, E NON È QUELLO DEI POPULISTI CATTIVI, MA DEI MILLENNIAL INFANTILI

Mattia Ferraresi per il Foglio – Stralci - https://www.ilfoglio.it/cultura/2019/09/16/news/il-totalitarismo-dei-buoni-274224/

 

 

Bret Easton Ellis

Nel suo ultimo libro, White, presto in uscita in Italia per Einaudi, Bret Easton Ellis parla di autoritarismo, di fascismo, di totalitarismo, di censura, di superiorità morale, di ossessione da controllo, di pressioni dirette e indirette per conformarsi al canone ideologico del momento. A volte sembra di avere fra le mani le pagine di un samizdat sfuggite chissà come ai controlli della polizia politica, ma incastonate dentro un immaginario hollywoodiano e ultra-pop, più Tom Wolfe che Solzenicyn.

 

Bret Easton Ellis

Il regime che il romanziere americano denuncia non è quello dei costruttori di muri e dei truci promotori di un presunto clima da anni Trenta. E' quello degli altri, della resistenza progressista, del liberalismo bacchettone che si atteggia a vittima delle pulsioni barbariche e del clima d' odio. L' obiettivo polemico è il regime dei buoni, e White è una cronaca dall' inferno delle loro buone intenzioni. Ed è lacerante e repulsiva almeno quanto certe scene di American Psycho o Glamorama, e infatti per l' autore questo libro non è una parentesi saggistica fra opere di fiction, ma la continuazione del suo lavoro di romanziere con un altro registro. 

 

Bret Easton Ellis

Ellis gode di una posizione vantaggiosa per avanzare osservazioni altrimenti indicibili. Per un codificato meccanismo dell' egemonia culturale, certe idee diventano presentabili se a esprimerle è qualcuno che gli arbitri del dibattito si trovano in difficoltà a squalificare: lo scrittore gay, la femminista pentita, il prete progressista e così via. Anche questo è un portato della identity politics che lo fa imbestialire: chi esprime un' idea è più importante dell' idea stessa.

 

BRET EASTON ELLIS INTERVISTATO DAL NEW YORKER

Una delle idee di Ellis è che questo regime ha preso il potere trasformandoci tutti in attori. In un mondo pieno di palchi digitali - i social media e non solo - tutti recitano una parte, dove il talento fondamentale dell' attore è quello di fare tutto ciò che è necessario per piacere al pubblico; il quale a sua volta chiede che la performance sia perfettamente conforme ai precetti ideologici che già abbraccia e che segnano il confine fra l' accettabile e l' inaccettabile, fra la civiltà e la barbarie. Tutto il resto è oppressione, violenza (al pari di quella fisica) e intelligenza con il nemico, roba meritevole di boicottaggio e censura nella forma del de-platforming, la tecnica preferita dalla cosiddetta cancel culture.

 

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Se il regista Erroll Morris fa un documentario-intervista con Steve Bannon, con l' ambizione di capirlo e non appena di crocifiggerlo, l' opera non deve essere distribuita; se uno scrittore ben inserito nella società hollywoodiana va a cena con amici conservatori e dà conto delle loro legittime posizioni con una serie di tweet, va condannato per il solo fatto di averli ascoltati; se Kanye West elogia Donald Trump avrà certamente sbroccato, serve un trattamento sanitario obbligatorio, la camicia di forza, la revoca della legge Basaglia.

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In uno dei passaggi più graffianti, Ellis scrive: "Pare che siamo entrati precariamente in una specie di totalitarismo che detesta la libertà di parola e punisce le persone se rivelano il loro vero io". In un' intervista concessa al Foglio, lo scrittore spiega: "Ho scritto di una specie di totalitarismo, non del totalitarismo nel suo senso storico. E ho scelto di usare questo termine perché è così che mi sento: sotto controllo di un regime. Oggi ci sono una serie di regole che un' artista deve seguire, e se non le segue viene cancellato o messo a tacere. Tutto deve essere coordinato da una certa sensibilità. Questo meccanismo si vede nelle case editrici già oggi.

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Anche le battaglie progressiste per i diritti degli omosessuali, questione che sta certamente a cuore a Ellis, finiscono nel tritacarne delle sue critiche.

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Lo scrittore attacca il "fascismo gay" che impone conformismo e ferreo allineamento all' interno della comunità, fa strame delle associazioni che hanno santificato "l'elfo gay", figura magica e mansueta che non contraddice, non fa domande complicate, non viola gli ordini di scuderia, si presenta come vittima, brandisce valori liberal, vota diligentemente a sinistra, non si azzarda a prendere in considerazione ciò che viene dal mondo conservatore, specialmente da quello di impronta cristiana, e si commuove guardando Moonlight, film che definisce "innocuo", che nella gerarchia degli aggettivi di Ellis è superiore forse soltanto a "solare" e "inclusivo". "Molti movimenti progressisti sono diventati rigidi e autoritari quanto le istituzioni che contrastavano", sentenzia Ellis.

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