Paolo Levi per “la Stampa”
Fioccano testimonianze in Francia contro Tariq Ramadan, il teologo star dell'islam travolto da una seconda accusa di stupro in dieci giorni. Dopo la scrittrice Henda Ayari, Christelle, una francese di 45 anni convertitasi all' islam, ha denunciato gli episodi di ultraviolenza di cui si dice vittima. «Una campagna di calunnie» orchestrata dai «nemici di sempre», ribatte su Facebook lo studioso con passaporto elvetico, rivoltosi anch' egli alla giustizia per fermare ciò che definisce la «macchina del fango».
La cruda testimonianza di Christelle - nome di fantasia per il timore di ritorsioni - ha scosso un Paese già turbato dal caso Weinstein, anche se gli alti esponenti dell' islam di Francia osservano il massimo riserbo, in attesa che la giustizia faccia il proprio corso.
La presunta aggressione risale al 2009. La francese disabile con un tutore alla gamba sogna di incontrare l' illustre prof di Oxford per una consulenza spirituale. Comincia uno scambio epistolare, un anno di corrispondenza, prima che lui accetti di riceverla.
L'appuntamento viene fissato a margine di una delle sue tante conferenze all'Hotel Hilton di Lione. Ramadan accoglie la donna nella hall, poi le propone di continuare il colloquio in camera, dinanzi a un tè. La fiducia della donna è totale, difficile non soccombere al fascino di questo maestro di dialettica dall'allure principesca, nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani.
E però, racconta Christelle nella testimonianza alla polizia rivelata da Le Monde, è l' inizio dell' inferno: Ramadan affonda un calcio contro le stampelle della donna poi l'apostrofa minaccioso: «Mi hai fatto aspettare, ora la pagherai cara». Nel film di quei momenti la donna evoca schiaffi, pugni nello stomaco, fino alla sodomia e al doppio stupro. «Ho urlato di dolore, gridando basta», ma sull'Arancia Meccanica di Lione non è ancora scritta la parola fine.
«Più urlavo, più picchiava», insiste la donna, che di quelle botte dice di conservare i referti medici. Fino al devastante epilogo: «Mi ha trainata per i capelli in tutta la stanza, poi mi ha portata nella vasca da bagno per urinarmi addosso».
Un episodio seccamente smentito dal diretto interessato, ma il cui livello di brutalità ricorda quello descritto da Henda Ayari, la prima a denunciare il prof di Oxford il 20 ottobre. «Mi ha strangolata talmente forte che pensavo di morire», ha raccontato ieri al Parisien. Ex salafita, la donna scelse nel novembre 2015 di togliersi il jilbab indossato da quando era ventunenne e denunciare il marito fondamentalista violento.
Anch'essa cercò consiglio in Ramadan ma lui, stando alla versione dei fatti, ricambiò con stupro e minacce di morte ai figli. La speranza - ha detto - è che adesso «altre vittime osino parlare e denunciare questo guru perverso che usa la religione per manipolare le donne». Ayari presiede l' associazione Libératrices e ha scritto un libro sulla sua esperienza. «Un comportamento degno di Weinstein, forse più violento», tuona la scrittrice e paladina della Laicità, Caroline Fourest. Sull' inchiesta per stupro e minacce di morte indaga la procura di Parigi.