1. BELPIETRO E TRAVAGLIO TOSANO A DOVERE LA FAMIGLIA BENETTON E IL CENTROSINISTRA
2. IL DIRETTORE DE “LA VERITÀ”: “RENZI, IL SUO PARTITO E I COSIDDETTI PADRI NOBILI DELLA SINISTRA HANNO REGALATO SOLDI AI BENETTON SENZA CHIEDERE NIENTE IN CAMBIO E PER QUESTO PORTANO UNA RESPONSABILITÀ POLITICA CHE NON POSSONO CANCELLARE. NON CI SARÀ CAMPAGNA DI OLIVIERO TOSCANI CHE POTRÀ FAR DIMENTICARE COSA È SUCCESSO"
2. IL DIRETTORE DEL "FATTO”: “NEL 1999, NELL'ETÀ DELL'ORO DEL CENTROSINISTRA, SCOPRIMMO CHE I BENETTON S'ERANO AGGIUDICATI LA CONCESSIONE DI AUTOSTRADE. NESSUNO SPIEGÒ PERCHÉ UN BENE PUBBLICO DOVESSE FRUTTARE MILIARDI A UN PRIVATO, NÉ COSA C'ENTRASSERO COL CEMENTO QUEI SIMPATICI TOSATORI DI PECORE E FABBRICANTI DI MAGLIONI"

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belpietro belpietro

1 - TUTTI I FAVORI AI BENETTON

Maurizio Belpietro per “la Verità”

 

Era il luglio di un anno fa e il ministro dei Trasporti, il piddino Graziano Delrio, l' uomo che Matteo Renzi vorrebbe alla guida del partito al posto di Maurizio Martina, festeggiava. «Si tratta di un accordo storico», disse esultante ai giornalisti, «frutto di 15-16 mesi di lavoro». L'intesa raggiunta in sede europea, in realtà, era uno straordinario regalo alle società concessionarie del sistema autostradale, a quella controllata dai Benetton in particolare.

 

gilberto benetton gilberto benetton

Grazie a un lavoro di 15-16 mesi, Delrio era riuscito a convincere la commissaria Ue alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager, che l'allineamento delle concessioni non era un aiuto di Stato, ma un sistema per garantire un miglior servizio per gli italiani. Come Delrio sia riuscito a far fessa la Vestager, politica radicale e di sinistra, non è noto. Ciò che si sa è però che con quel trucchetto, con la promessa di investimenti per 10 miliardi (in principio si era parlato di 8, ma con il passare dei mesi la somma a quanto pare lievitò), Delrio ottenne di allungare le concessioni. Fino al 2030 per il gruppo Gavio, fino al 2042 per il gruppo Benetton.

 

Quattro anni in più rispetto a quanto stabilito in precedenza, quando Romano Prodi cedette la società Autostrade di proprietà dell'Iri a una finanziaria guidata da Gilberto Benetton. Le autostrade, insieme agli autogrill e alla catena dei supermercati, erano il bancomat dello Stato, perché ogni giorno incassavano una montagna di miliardi. Invece di liberarsi delle molte aziende che non funzionavano, curiosamente Mortadella scelse di disfarsi di quelle che guadagnavano, Autostrade per l'appunto.

TOSCANI BENETTON TOSCANI BENETTON

 

La scelta fu accompagnata da svariati aumenti di pedaggio, giustificati sempre dalla necessità di rendere più moderna la rete. Poi, nel 2017, è arrivato Delrio, l'uomo dell'accordo storico e della prorogata concessione. Un regalo che qualcuno ha stimato in una ventina di miliardi.

 

Già, perché quattro anni di gestione in più moltiplicati per 5 miliardi, valore annuale della gestione, fanno proprio 20. Ma ci saranno 10 miliardi di investimenti, spiegò il ministro.

In realtà nessuno sa davvero quanti soldi dovessero essere investiti. Si sa invece che il monopolista dell' asfalto (Autostrade per l'Italia gestisce 2.800 chilometri, cioè circa la metà del sistema autostradale italiano), un gruppo che da vent' anni opera senza concorrenza e che ha la certezza di operare in tale modo per altri 24 anni pena il pagamento di una penale di decine di miliardi da parte dello Stato, in questi anni ha lesinato gli investimenti. Nel tratto autostradale ligure erano previsti lavori per 280 milioni, ma in realtà di spesi ne risultano solo 76, ossia un quarto del dovuto.

TOSCANI BENETTON TOSCANI BENETTON

 

Che il ponte Morandi avesse bisogno di interventi si sapeva da un pezzo. Anzi, come risulta chiaro ora che sotto le macerie sono rimaste decine di persone, si sapeva che non era in grado di resistere al traffico, all'usura e ai calcoli sbagliati. Per questo aveva bisogno di essere sostituito e nel frattempo aveva necessità di manutenzione. Ma i Benetton se la sono presa comoda. L'inizio dei lavori era previsto per ottobre, dopo la pausa estiva.

 

Già, prima le vacanze. Anche perché con il passare dei tempi i pedaggi corrono.

Grazie ai generosi aumenti concessi dai governi negli ultimi sette anni i ricavi netti del sistema autostradale sono saliti del 20 per cento, tutto ciò mentre gli investimenti diminuivano. L'ultima tornata ha garantito tariffe più elevate del 2,7 per cento, che in qualche caso è arrivato anche al 5-6 per cento.

 

autostrade benetton autostrade benetton

Ma com' è possibile che la compagnia del casello tanto cara ai compagni di merende sia riuscita a incassare di più spendendo di meno? La risposta è semplice: nessuno ha controllato. Siamo pieni di Authority che vigilano su tutto, ombelico compreso, ma l'organismo che vigila sui trasporti non vigila sulle autostrade. Quelle di nuova concessione sì, sono di sua competenza, quelle vecchie, quelle che hanno bisogno di manutenzione, no, niente controlli.

 

Toscani autostrade benetton Toscani autostrade benetton

Sulla rete telefonica o quella elettrica c'è il controllo occhiuto di specifiche agenzie, sui tg e sui giornali altrettanto: sulle strade invece c'è il disastro. L' Anas è un carrozzone che si occupa solo di come dilapidare meglio i soldi degli italiani, tra scandali e progetti irrealizzabili. Il ministero dei Trasporti e l'autorità dormono.

 

Risultato, le società autostrade, concessionarie di un servizio pubblico utilizzato da milioni di italiani, un servizio che come abbiamo visto a Genova mette a repentaglio la vita delle persone, si controllano da sole. Non solo hanno il monopolio, non soltanto il servizio non è mai stato messo a gara e si è prevista un' esclusiva cinquantennale, ma la verifica del servizio non c' è. La strada cade a pezzi, tuttavia se il concessionario assicura che è un tavolo da biliardo, tutto finisce lì, almeno fino al prossimo incidente mortale.

 

Matteo Renzi, il suo partito (che è stato al governo ininterrottamente negli ultimi sette anni) e i cosiddetti padri nobili della sinistra, possono nascondersi come vogliono e possono negare fino alla morte, ma non potranno mai dire di aver fatto qualcosa per migliorare il servizio.

 

Benetton fiumicino Benetton fiumicino

Anzi, hanno regalato altro tempo e altri soldi ai Benetton, senza chiedere niente in cambio e per questo portano una responsabilità politica che non possono cancellare. Non ci sarà campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani, con i migranti o senza migranti, che potrà far dimenticare agli italiani che cosa è successo e di chi sono amici i Benetton. Finanziamenti o no, il loro cuore batte a sinistra. E guardando i regali ottenuti si capisce perché.

 

Ps. Dopo il disastro di Genova il governo vuole revocare la concessione al gruppo Autostrade. Capisco la voglia di reagire immediatamente di fronte alla strage, ma se fossi in Giuseppe Conte sarei più prudente. Togliendo la concessione Palazzo Chigi rischia un contenzioso di non facile soluzione e, come osserva qualcuno, potrebbe perfino capitare che alla fine sia lo Stato a dover pagare.

 

fratelli benetton fratelli benetton

No, meglio multare pesantemente la società dei Benetton per gli inadempimenti contrattuali. E soprattutto meglio cambiare i controlli. Il governo vari un'agenzia per i ponti e le autostrade, affidando i controlli non ai tecnici della famiglia di Ponzano Veneto, ma a docenti indipendenti. In breve condannerà i Benetton a risarcire gli italiani, una condanna peggiore di tante minacce. United colors of Money è il solo linguaggio che comprendono anche gli imprenditori progressisti.

 

2 - UNITED DOLORS

Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”

 

marco travaglio marco travaglio

Ora che, con soli due giorni di ritardo, giornali e tg hanno finalmente scoperto il nome del concessionario delle Autostrade - Benetton - ovviamente per difenderlo dalle proditorie calunnie per il ponte autostradale crollato a Genova, e la casata trevigiana s'è prontamente ricordata dopo appena 48 ore di "esprimere profondo cordoglio alle famiglie delle vittime e la propria vicinanza ai feriti nel tragico crollo" senza neppure attendere i funerali, dobbiamo confessare il sentimento di ammirazione mista a invidia che abbiamo sempre nutrito per Luciano, Gilberto & F.lli, noti imprenditori a pelo lungo passati dal tosare le pecore al tosare gli italiani.

 

fratelli benetton fratelli benetton

Dei loro trionfi imprenditoriali, fin da quando trasformavano gli ovini in maglioni, o usavano bimbi bianchi, gialli e neri per ridurre il razzismo e incrementare il fatturato, o si davano alla Formula 1 regalandoci Briatore, capivamo poco. Ciò che ci lasciava senza fiato erano le loro chiome, soggette a un singolare processo di stagionatura e cromatura.

 

Sulle copertine dei rotocalchi per parrucchieri, che li ritraevano in posa in magioni principesche, sempre molto sorridenti, in smoking, le mani sinistre nelle tasche delle giacche, circondati di marmocchi ma soprattutto cani e gatti (anch'essi a pelo lungo), le loro zazzere non incanutivano con l'età, come per noi comuni mortali: passavano direttamente dal castano all'azzurro metallizzato, per un inspiegabile fenomeno di cui, sempreché si tratti davvero di capelli e non di lane, sono noti due soli precedenti: quello dell' Avvocato Agnelli e quello della Fata Turchina di Pinocchio.

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

 

Due personaggi che presentano ciascuno un punto comune con i nostri fratellini: il primo, l'abilità nell' accumulare miliardi inversamente proporzionale al numero delle ore lavorate; la seconda, una certa indulgenza verso i bugiardi. Poi c'è l' alone fiabesco condiviso con la Dinasty trevigiana, sempre indicata col plurale all inclusive, "I Benetton", senza soverchie distinzioni fra questo e quel membro, nella migliore tradizione del capitalismo famigliare (da Gli Agnelli a Gli Angelucci) o delle serie tv americane: I Simpson, I Jefferson, I Flinstones, I Sopranos.

 

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

A un certo punto - era il 1999, in piena età dell'oro del centrosinistra - scoprimmo che i fratelli turchini s' erano aggiudicati la concessione di Autostrade per l' Italia, che gestisce oltre la metà della rete nazionale. Nessuno spiegò perché mai un bene pubblico, costruito con le tasse dei cittadini, dovesse fruttare miliardi a un privato, né cosa c' entrassero col cemento e l' asfalto quei simpatici tosatori di pecore e fabbricanti di maglioni.

 

Eppure quella "privatizzazione", come i lettori del Fatto ben sanno, era piuttosto singolare. Immaginate un contadino che, dopo tanti sacrifici, riesce ad acquistare una cascina, la ristruttura a sue spese e va ad abitarci. Un brutto giorno, si ritrova all' ingresso un bel casello con dentro un Gilberto o un Luciano che sbuca dalla finestrella e lo apostrofa: "Lei dove va?". "A casa mia, dove vuole che vada? Lei piuttosto chi è?".

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

 

"Sono Gilberto (o Luciano, ndr), il nuovo concessionario: da oggi casa sua è mia, se vuole entrare mi deve 15 euro". "E perché dovrei pagare lei per entrare in casa mia?". "Perché l' ha deciso il governo, io sono un imprenditore". "Ah sì, e cos' ha fatto per la mia casa?". "Beh, incasso il pedaggio e i dividendi in Borsa, le par poco?". "Quindi, se si rompe qualcosa, ora ci pensa lei?". "Non esageriamo: dipende dagli azionisti e dal titolo in Borsa".

 

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

Il fatto che nel caso Autostrade il contadino fosse lo Stato, cioè milioni e milioni di italiani che per decenni avevano finanziato con le imposte la rete viaria, avrebbe dovuto sollevare qualche obiezione su un'operazione che regalava a un privato una gallina dalle uova d'oro in regime di monopolio e senza rischi d'impresa, mentre privava la collettività di un bene pubblico che non può sottostare alle regole del mercato: perché le autostrade non devono produrre profitti, ma risorse da reinvestire in manutenzione, sicurezza, nuove infrastrutture e, se avanza qualcosa, taglio delle tariffe.

 

Vigili del fuoco al lavoro sulle macerie del ponte Morandi crollato a Genova Vigili del fuoco al lavoro sulle macerie del ponte Morandi crollato a Genova

Il contrario di quanto accade da 19 anni: sempre meno manutenzione e sicurezza, sempre più utili ai Benetton (nascosti dietro sigle rassicuranti, tipo "Atlantia", più adatta a un' astronave, o "Sintonia", che fa pensare a un gruppo rock).

 

Ma, si sa, alle privatizzazioni non si comanda, e soprattutto non si domanda. Specialmente se i beneficiari elargiscono qualche aiutino per le campagne elettorali dei partiti che, appena vanno a governo, si sdebitano aumentando le tariffe autostradali senza badare troppo a dettagli tipo gl' investimenti previsti dal contratto (peraltro coperto da segreto di Stato). E se, dal tavolo dei loro banchetti, ogni tanto cade qualche boccone dritto in gola ai giornaloni e alle tv sotto forma di pubblicità.

 

Crolla il ponte Morandi a Genova Crolla il ponte Morandi a Genova

Questo forse spiega perché, dopo il crollo epocale di Genova, stampa e tg non riuscivano proprio a ricordare il nome del concessionario che avrebbe dovuto garantire la sicurezza del Ponte Morandi e che, mentre si cercavano cadaveri, feriti e superstiti fra le macerie, favoleggiava di "costanti monitoraggi".

 

Molto meglio puntare il dito contro il fulmine, la pioggia, il traffico, la fatalità, il governo che è lì da due mesi, i 5Stelle che avevano osato fidarsi dei comunicati di Autostrade sulla granitica resistenza del ponte e opporsi al progetto faraonico della "Gronda" (che costerebbe, se va bene, 5 o 6 miliardi e soprattutto non sostituirebbe il Ponte Morandi, fermo restando che l' alternativa a un ponte pericolante è un ponte solido, non una grande opera inutilmente cara). Ora sono già in lutto alla sola idea che le autostrade dello Stato ritornino allo Stato. Anche perché poi, a Natale, i maglioni tocca comprarli.

Crolla il ponte Morandi a Genova Crolla il ponte Morandi a Genova

 

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