benetton

BELPIETRO E TRAVAGLIO TOSANO A DOVERE LA FAMIGLIA BENETTON E IL CENTROSINISTRA - IL DIRETTORE DE “LA VERITÀ”: “RENZI, IL SUO PARTITO E I PADRI NOBILI DELLA SINISTRA HANNO REGALATO SOLDI AI BENETTON SENZA CHIEDERE NIENTE IN CAMBIO" - IL DIRETTORE DEL "FATTO”: “NEL 1999 SCOPRIMMO CHE I BENETTON S'ERANO AGGIUDICATI LA CONCESSIONE DI AUTOSTRADE. NESSUNO SPIEGÒ PERCHÉ UN BENE PUBBLICO DOVESSE FRUTTARE MILIARDI A UN PRIVATO, NÉ COSA C'ENTRASSERO COL CEMENTO QUEI SIMPATICI TOSATORI DI PECORE"

belpietro

1 - TUTTI I FAVORI AI BENETTON

Maurizio Belpietro per “la Verità”

 

Era il luglio di un anno fa e il ministro dei Trasporti, il piddino Graziano Delrio, l' uomo che Matteo Renzi vorrebbe alla guida del partito al posto di Maurizio Martina, festeggiava. «Si tratta di un accordo storico», disse esultante ai giornalisti, «frutto di 15-16 mesi di lavoro». L'intesa raggiunta in sede europea, in realtà, era uno straordinario regalo alle società concessionarie del sistema autostradale, a quella controllata dai Benetton in particolare.

 

gilberto benetton

Grazie a un lavoro di 15-16 mesi, Delrio era riuscito a convincere la commissaria Ue alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager, che l'allineamento delle concessioni non era un aiuto di Stato, ma un sistema per garantire un miglior servizio per gli italiani. Come Delrio sia riuscito a far fessa la Vestager, politica radicale e di sinistra, non è noto. Ciò che si sa è però che con quel trucchetto, con la promessa di investimenti per 10 miliardi (in principio si era parlato di 8, ma con il passare dei mesi la somma a quanto pare lievitò), Delrio ottenne di allungare le concessioni. Fino al 2030 per il gruppo Gavio, fino al 2042 per il gruppo Benetton.

 

Quattro anni in più rispetto a quanto stabilito in precedenza, quando Romano Prodi cedette la società Autostrade di proprietà dell'Iri a una finanziaria guidata da Gilberto Benetton. Le autostrade, insieme agli autogrill e alla catena dei supermercati, erano il bancomat dello Stato, perché ogni giorno incassavano una montagna di miliardi. Invece di liberarsi delle molte aziende che non funzionavano, curiosamente Mortadella scelse di disfarsi di quelle che guadagnavano, Autostrade per l'appunto.

TOSCANI BENETTON

 

La scelta fu accompagnata da svariati aumenti di pedaggio, giustificati sempre dalla necessità di rendere più moderna la rete. Poi, nel 2017, è arrivato Delrio, l'uomo dell'accordo storico e della prorogata concessione. Un regalo che qualcuno ha stimato in una ventina di miliardi.

 

Già, perché quattro anni di gestione in più moltiplicati per 5 miliardi, valore annuale della gestione, fanno proprio 20. Ma ci saranno 10 miliardi di investimenti, spiegò il ministro.

In realtà nessuno sa davvero quanti soldi dovessero essere investiti. Si sa invece che il monopolista dell' asfalto (Autostrade per l'Italia gestisce 2.800 chilometri, cioè circa la metà del sistema autostradale italiano), un gruppo che da vent' anni opera senza concorrenza e che ha la certezza di operare in tale modo per altri 24 anni pena il pagamento di una penale di decine di miliardi da parte dello Stato, in questi anni ha lesinato gli investimenti. Nel tratto autostradale ligure erano previsti lavori per 280 milioni, ma in realtà di spesi ne risultano solo 76, ossia un quarto del dovuto.

TOSCANI BENETTON

 

Che il ponte Morandi avesse bisogno di interventi si sapeva da un pezzo. Anzi, come risulta chiaro ora che sotto le macerie sono rimaste decine di persone, si sapeva che non era in grado di resistere al traffico, all'usura e ai calcoli sbagliati. Per questo aveva bisogno di essere sostituito e nel frattempo aveva necessità di manutenzione. Ma i Benetton se la sono presa comoda. L'inizio dei lavori era previsto per ottobre, dopo la pausa estiva.

 

Già, prima le vacanze. Anche perché con il passare dei tempi i pedaggi corrono.

Grazie ai generosi aumenti concessi dai governi negli ultimi sette anni i ricavi netti del sistema autostradale sono saliti del 20 per cento, tutto ciò mentre gli investimenti diminuivano. L'ultima tornata ha garantito tariffe più elevate del 2,7 per cento, che in qualche caso è arrivato anche al 5-6 per cento.

 

autostrade benetton

Ma com' è possibile che la compagnia del casello tanto cara ai compagni di merende sia riuscita a incassare di più spendendo di meno? La risposta è semplice: nessuno ha controllato. Siamo pieni di Authority che vigilano su tutto, ombelico compreso, ma l'organismo che vigila sui trasporti non vigila sulle autostrade. Quelle di nuova concessione sì, sono di sua competenza, quelle vecchie, quelle che hanno bisogno di manutenzione, no, niente controlli.

 

Toscani autostrade benetton

Sulla rete telefonica o quella elettrica c'è il controllo occhiuto di specifiche agenzie, sui tg e sui giornali altrettanto: sulle strade invece c'è il disastro. L' Anas è un carrozzone che si occupa solo di come dilapidare meglio i soldi degli italiani, tra scandali e progetti irrealizzabili. Il ministero dei Trasporti e l'autorità dormono.

 

Risultato, le società autostrade, concessionarie di un servizio pubblico utilizzato da milioni di italiani, un servizio che come abbiamo visto a Genova mette a repentaglio la vita delle persone, si controllano da sole. Non solo hanno il monopolio, non soltanto il servizio non è mai stato messo a gara e si è prevista un' esclusiva cinquantennale, ma la verifica del servizio non c' è. La strada cade a pezzi, tuttavia se il concessionario assicura che è un tavolo da biliardo, tutto finisce lì, almeno fino al prossimo incidente mortale.

 

Matteo Renzi, il suo partito (che è stato al governo ininterrottamente negli ultimi sette anni) e i cosiddetti padri nobili della sinistra, possono nascondersi come vogliono e possono negare fino alla morte, ma non potranno mai dire di aver fatto qualcosa per migliorare il servizio.

 

Benetton fiumicino

Anzi, hanno regalato altro tempo e altri soldi ai Benetton, senza chiedere niente in cambio e per questo portano una responsabilità politica che non possono cancellare. Non ci sarà campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani, con i migranti o senza migranti, che potrà far dimenticare agli italiani che cosa è successo e di chi sono amici i Benetton. Finanziamenti o no, il loro cuore batte a sinistra. E guardando i regali ottenuti si capisce perché.

 

Ps. Dopo il disastro di Genova il governo vuole revocare la concessione al gruppo Autostrade. Capisco la voglia di reagire immediatamente di fronte alla strage, ma se fossi in Giuseppe Conte sarei più prudente. Togliendo la concessione Palazzo Chigi rischia un contenzioso di non facile soluzione e, come osserva qualcuno, potrebbe perfino capitare che alla fine sia lo Stato a dover pagare.

 

fratelli benetton

No, meglio multare pesantemente la società dei Benetton per gli inadempimenti contrattuali. E soprattutto meglio cambiare i controlli. Il governo vari un'agenzia per i ponti e le autostrade, affidando i controlli non ai tecnici della famiglia di Ponzano Veneto, ma a docenti indipendenti. In breve condannerà i Benetton a risarcire gli italiani, una condanna peggiore di tante minacce. United colors of Money è il solo linguaggio che comprendono anche gli imprenditori progressisti.

 

2 - UNITED DOLORS

Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”

 

marco travaglio

Ora che, con soli due giorni di ritardo, giornali e tg hanno finalmente scoperto il nome del concessionario delle Autostrade - Benetton - ovviamente per difenderlo dalle proditorie calunnie per il ponte autostradale crollato a Genova, e la casata trevigiana s'è prontamente ricordata dopo appena 48 ore di "esprimere profondo cordoglio alle famiglie delle vittime e la propria vicinanza ai feriti nel tragico crollo" senza neppure attendere i funerali, dobbiamo confessare il sentimento di ammirazione mista a invidia che abbiamo sempre nutrito per Luciano, Gilberto & F.lli, noti imprenditori a pelo lungo passati dal tosare le pecore al tosare gli italiani.

 

fratelli benetton

Dei loro trionfi imprenditoriali, fin da quando trasformavano gli ovini in maglioni, o usavano bimbi bianchi, gialli e neri per ridurre il razzismo e incrementare il fatturato, o si davano alla Formula 1 regalandoci Briatore, capivamo poco. Ciò che ci lasciava senza fiato erano le loro chiome, soggette a un singolare processo di stagionatura e cromatura.

 

Sulle copertine dei rotocalchi per parrucchieri, che li ritraevano in posa in magioni principesche, sempre molto sorridenti, in smoking, le mani sinistre nelle tasche delle giacche, circondati di marmocchi ma soprattutto cani e gatti (anch'essi a pelo lungo), le loro zazzere non incanutivano con l'età, come per noi comuni mortali: passavano direttamente dal castano all'azzurro metallizzato, per un inspiegabile fenomeno di cui, sempreché si tratti davvero di capelli e non di lane, sono noti due soli precedenti: quello dell' Avvocato Agnelli e quello della Fata Turchina di Pinocchio.

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

 

Due personaggi che presentano ciascuno un punto comune con i nostri fratellini: il primo, l'abilità nell' accumulare miliardi inversamente proporzionale al numero delle ore lavorate; la seconda, una certa indulgenza verso i bugiardi. Poi c'è l' alone fiabesco condiviso con la Dinasty trevigiana, sempre indicata col plurale all inclusive, "I Benetton", senza soverchie distinzioni fra questo e quel membro, nella migliore tradizione del capitalismo famigliare (da Gli Agnelli a Gli Angelucci) o delle serie tv americane: I Simpson, I Jefferson, I Flinstones, I Sopranos.

 

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

A un certo punto - era il 1999, in piena età dell'oro del centrosinistra - scoprimmo che i fratelli turchini s' erano aggiudicati la concessione di Autostrade per l' Italia, che gestisce oltre la metà della rete nazionale. Nessuno spiegò perché mai un bene pubblico, costruito con le tasse dei cittadini, dovesse fruttare miliardi a un privato, né cosa c' entrassero col cemento e l' asfalto quei simpatici tosatori di pecore e fabbricanti di maglioni.

 

Eppure quella "privatizzazione", come i lettori del Fatto ben sanno, era piuttosto singolare. Immaginate un contadino che, dopo tanti sacrifici, riesce ad acquistare una cascina, la ristruttura a sue spese e va ad abitarci. Un brutto giorno, si ritrova all' ingresso un bel casello con dentro un Gilberto o un Luciano che sbuca dalla finestrella e lo apostrofa: "Lei dove va?". "A casa mia, dove vuole che vada? Lei piuttosto chi è?".

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

 

"Sono Gilberto (o Luciano, ndr), il nuovo concessionario: da oggi casa sua è mia, se vuole entrare mi deve 15 euro". "E perché dovrei pagare lei per entrare in casa mia?". "Perché l' ha deciso il governo, io sono un imprenditore". "Ah sì, e cos' ha fatto per la mia casa?". "Beh, incasso il pedaggio e i dividendi in Borsa, le par poco?". "Quindi, se si rompe qualcosa, ora ci pensa lei?". "Non esageriamo: dipende dagli azionisti e dal titolo in Borsa".

 

CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

Il fatto che nel caso Autostrade il contadino fosse lo Stato, cioè milioni e milioni di italiani che per decenni avevano finanziato con le imposte la rete viaria, avrebbe dovuto sollevare qualche obiezione su un'operazione che regalava a un privato una gallina dalle uova d'oro in regime di monopolio e senza rischi d'impresa, mentre privava la collettività di un bene pubblico che non può sottostare alle regole del mercato: perché le autostrade non devono produrre profitti, ma risorse da reinvestire in manutenzione, sicurezza, nuove infrastrutture e, se avanza qualcosa, taglio delle tariffe.

 

Vigili del fuoco al lavoro sulle macerie del ponte Morandi crollato a Genova

Il contrario di quanto accade da 19 anni: sempre meno manutenzione e sicurezza, sempre più utili ai Benetton (nascosti dietro sigle rassicuranti, tipo "Atlantia", più adatta a un' astronave, o "Sintonia", che fa pensare a un gruppo rock).

 

Ma, si sa, alle privatizzazioni non si comanda, e soprattutto non si domanda. Specialmente se i beneficiari elargiscono qualche aiutino per le campagne elettorali dei partiti che, appena vanno a governo, si sdebitano aumentando le tariffe autostradali senza badare troppo a dettagli tipo gl' investimenti previsti dal contratto (peraltro coperto da segreto di Stato). E se, dal tavolo dei loro banchetti, ogni tanto cade qualche boccone dritto in gola ai giornaloni e alle tv sotto forma di pubblicità.

 

Crolla il ponte Morandi a Genova

Questo forse spiega perché, dopo il crollo epocale di Genova, stampa e tg non riuscivano proprio a ricordare il nome del concessionario che avrebbe dovuto garantire la sicurezza del Ponte Morandi e che, mentre si cercavano cadaveri, feriti e superstiti fra le macerie, favoleggiava di "costanti monitoraggi".

 

Molto meglio puntare il dito contro il fulmine, la pioggia, il traffico, la fatalità, il governo che è lì da due mesi, i 5Stelle che avevano osato fidarsi dei comunicati di Autostrade sulla granitica resistenza del ponte e opporsi al progetto faraonico della "Gronda" (che costerebbe, se va bene, 5 o 6 miliardi e soprattutto non sostituirebbe il Ponte Morandi, fermo restando che l' alternativa a un ponte pericolante è un ponte solido, non una grande opera inutilmente cara). Ora sono già in lutto alla sola idea che le autostrade dello Stato ritornino allo Stato. Anche perché poi, a Natale, i maglioni tocca comprarli.

Crolla il ponte Morandi a Genova

Ultimi Dagoreport

viktor orban donald trump volodymyr zelensky maria zakharova matteo salvini vladimir putin

DAGOREPORT - TRUMP E PUTIN HANNO UN OBIETTIVO IN COMUNE: DESTABILIZZARE L’UNIONE EUROPEA - SE IL TYCOON ESENTA ORBAN DALL’EMBARGO AL PETROLIO RUSSO, DANDO UN CEFFONE A BRUXELLES, LA RUSSIA FA GUERRA IBRIDA ALL'UE E PENETRA L'ITALIA, VERO VENTRE MOLLE DELL’UNIONE, APPROFITTANDO DEI PUTINIANI DI COMPLEMENTO (PER QUESTO QUELLA ZOCCOLOVA DI MARIA ZAKHAROVA PARLA SPESSO DI FACCENDE ITALIANE) - IL PRIMO DELLA LISTA È SALVINI, CHE ALL’ESTERO NON E' VISTO COME IL CAZZARO CHE E' MA, ESSENDO VICEPREMIER, VIENE PRESO SUL SERIO QUANDO SVELENA CONTRO BRUXELLES, CONTRO KIEV E FLIRTA CON MOSCA - IL CREMLINO PUÒ CONTARE SU TANTI SIMPATIZZANTI: DA GIUSEPPE CONTE AI SINISTRELLI DI AVS, FINO A PEZZI ANTI-AMERICANI DEL PD E AI PAPPAGALLI DA TALK - ANCHE FDI E MELONI, ORA SCHIERATI CON ZELENSKY, IN PASSATO EBBERO PIÙ DI UNA SBANDATA PUTINIANA...

2025marisela

CAFONAL! ERA UN MISTO DI CASALINGHE DI VOGHERA E "GRANDE BELLEZZA" ALL'AMATRICIANA IL “LUNCH” DA MARISELA FEDERICI A VILLA FURIBONDA SULL’APPIA ANTICA PER FESTEGGIARE  “STILE ALBERTO”, IL DOC DI MICHELE MASNERI DEDICATO AD ARBASINO, CHE ANDRÀ IN ONDA SABATO 15 NOVEMBRE SU RAI 3 – TRA CONTESSE (TRA CUI LA FIGLIA DELLA MITOLOGICA DOMIETTA DEL DRAGO CHE ERA LA MUSA DI ARBASINO), VANZINA, PAPPI CORSICATO, IRENE GHERGO, BARABARA PALOMBELLI, AVVISTATI MONSIGNORI GOLOSISSIMI CHE SI SONO LITIGATI LA BENEDIZIONE DEL PRANZO. PS: UNO DEI CAGNETTI DI ALDA FENDI HA AZZANNATO UNO DEI MONSIGNORI (CHE NON HA AVUTO PAROLE BENEDICENTI) _ IL DAGOREPORT

gender club degrado roma pina bausch matteo garrone

25 ANNI FA SPUNTÒ A ROMA UN CLUB IN MODALITÀ DARK-ROOM: AL "DEGRADO", IMMERSO NEL BUIO, SI FACEVA SESSO SENZA IL SENSO DEL PECCATO, IN MEZZO A TUTTI. UNO ‘’SBORRIFICIO” CHE NON HA AVUTO EGUALI E CHE DEMOLÌ I MURI DIVISORI TRA ETERO-BI-GAY-LESBO-TRANS-VATTELAPESCA - PER 9 ANNI, “CARNE ALLEGRA” PER TUTTI. OGNUNO VENIVA E SI FACEVA I CAZZI SUOI, E QUELLI DEGLI ALTRI. IL "DEGRADO'' POTEVA ESSERE RIASSUNTO IN UNA DOMANDA: CHI È NORMALE? - DAGO-INTERVISTA ALL’ARTEFICE DEL BORDELLO: “SCORTATA DA MATTEO GARRONE, UNA NOTTE È APPARSA PINA BAUSCH IMPEGNATA AL TEATRO ARGENTINA. SI ACCENDONO LE LUCI E UNA TRAVESTITA URLO': “AO' SPEGNETELE! IO STAVO A FA’ UN BOCCHINO. NUN ME NE FREGA ‘N CAZZO DE 'STA PINA!”

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…