“A CASA ERAVAMO IN MISERIA, IL MENU' ERA SEMPRE LO STESSO: PANE E LATTE” - L'INCREDIBILE STORIA DI ROMELU LUKAKU, ATTACCANTE DEL BELGIO E DEL MANCHESTER UNITED: “CI TAGLIARONO LA CORRENTE E POI L'ACQUA CORRENTE. FACEVO LA DOCCIA IN PIEDI DENTRO ALLE PENTOLE, LAVANDOMI I CAPELLI CON ACQUA RACCOLTA IN PICCOLE SCODELLE. NON PUNTAVO AD ESSERE IL PIU' FORTE, VOLEVO ESSERE IL MIGLIORE PERCHE'...”

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Adriano Seu per www.gazzetta.it

 

lukaku lukaku

Da Anversa, nei sobborghi poveri e scalcinati, fino ai riflettori mondiali di Sochi, dove ha incantato il mondo e il suo Belgio con la strepitosa doppietta che ha liquidato Panama. Ecco a voi Romelu Lukaku, il ragazzo riuscito a sfondare grazie a un'incrollabile forza di volontà dopo una tremenda infanzia di stenti. A raccontarlo, senza tralasciare il minimo dettaglio, è stato proprio lui, confessatosi in un lungo articolo autobiografico sulle colonne di Players Tribune. Rivelazioni, quelle del gigante Romelu, da leggere tutte d'un fiato per capire il significato della parola "riscatto". E per rendersi conto che tenacia e forza di volontà possono permettere di raggiungere anche i sogni apparentemente più lontani e irrealizzabili.

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MISERIA E POVERTÀ — La storia del piccolo Lukaku inizia ad Anversa, in un'abitazione priva di tutto. "Ricordo il momento esatto in cui mi resi conto che eravamo in miseria, non semplicemente poveri. Avevo sei anni e, tornando a casa da scuola per la pausa pranzo, vidi mia madre piangere. Quel giorno - ricorda Lukaku - il menù era lo stesso del giorno prima e di tutti quelli precedenti. Pane e latte allungato con l'acqua era tutto ciò che ci potevamo permettere. La foto di mia madre appiccicata al frigorifero mi ricorda ogni giorno le sofferenze che abbiamo dovuto attraversare". Sì perché, cresciuto nell'estrema povertà, gli stenti gli hanno dato lo stimolo a imporsi. "Fu allora che feci una promessa, giurando che un giorno sarebbe cambiato tutto e che avrei smesso di vederci vivere in quelle condizioni".

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LA PROMESSA — "Mio padre era stato giocatore professionista, ma ormai aveva smesso di giocare ed eravamo rimasti senza soldi. La prima cosa che scomparve - ha proseguito Lukaku - fu la Tv: niente più calcio. Poi la corrente elettrica: niente più luce, spesso per settimane. Quindi l'acqua corrente, via anche quella, e io che mi facevo la doccia in piedi dentro alle pentole, lavandomi i capelli con acqua raccolta in piccole scodelle. Dissi a mia madre che tutto sarebbe cambiato e chiesi a mio padre quando avrei potuto giocare da professionista. 'A 16 anni', mi rispose. Bene, dissi, da quel giorno cambierà tutto. E così fu".

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LA FAME E I TOPI — Quella promessa solenne divenne improvvisamente il motore del piccolo Romelu, che vedeva crescere a dismisura la voglia di riscatto al pari di un fisico possente e statuario. "Da quel giorno, ogni volta che giocavo, fosse anche al parco con gli amici, era come una finale. Quando avevo 11 anni - ha raccontato - iniziai a giocare con il Liegi e ricordo i genitori degli avversari lamentarsi perché secondo loro non potevo avere quell'età.

 

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Dubitavano che fossi nato in Belgio, ma io rispondevo sempre che ero belga, di Anversa. Tutto ciò mi dava sempre più forza e mi spingeva a dare il massimo. L'unica cosa che volevo era rispedire gli avversari a casa in lacrime. Da allora, il mio obiettivo è stato solo uno: fare la storia del calcio belga. Non volevo essere tra i più forti, puntavo ad essere semplicemente il migliore, il più forte e il più grande di tutti. Perché ricordavo quando schivavo i ratti in giro per casa, perché non ho mai potuto guardare la Champions in Tv e perché ricordo come mi guardavano i genitori degli altri ragazzini. Per me era un missione".

 

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LA SCALATA — A forza di gol e spallate agli avversari, il giovane Lukaku ha dovuto attendere poco per realizzare il suo sogno, bruciando le tappe così come la fame che l'ha forgiato. "Quando compii 12 anni avevo già segnato 76 gol in 34 partite e feci una scommessa con l'allora tecnico dell'Anderlecht U19: 'Fammi giocare e segnerò almeno 25 gol entro dicembre. Se non sarà così, tornerò in panchina. Mi rise in faccia. Ma se ce l'avessi fatta, lui avrebbe dovuto pulire tutti i pulmini che il club usava per portare i ragazzi agli allenamenti e, in più, cucinare pancakes per tutta la squadra ogni giorno. Iil 25 novembre - ha ricordato Lukaku - mangiammo tutti insieme i suoi pancakes". Da lì al salto in prima squadra il passo fu brevissimo: arrivò ad appena 16 anni e 11 giorni.

 

"Iil tecnico della prima squadra mi chiamò per dirmi di alzarmi dal divano e andare al campo perché ero stato convocato. Non potevo crederci. Al minuto 63 mi fece entrare e per me fu come andare in paradiso. Quel giorno perdemmo la finale, ma io capii che avevo mantenuto la mia promessa e che da allora sarebbe andato tutto bene".

ROMELU LUKAKU ROMELU LUKAKU

 

IL SUCCESSO — Il resto è storia recente, nota a tutti, con l'approdo al Chelsea e qualche stagione di ambientamento in Premier tra West Bromwuich ed Everton prima del grande salto al Manchester United per la bellezza di 85 milioni di euro. Alla corte di Mourinho ha messo a segno 30 reti in 58 partite tra campionato e coppe, a conferma di essere nato per gonfiare la rete. Quella rete che ha subito iniziato a gonfiare anche ai Mondiali, alimentando i sogni di quel Belgio che ha fatto fatica ad accettarlo quando era ancora un bambino. "La lezione è una sola - ha concluso Lukaku -, non bisogna mai scherzare con chi ha lottato tra miseria e povertà sconfiggendo la fame"

 

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