mancuso pittelli adamo

“GIANCARLO PITTELLI PER ME SI BUTTEREBBE DA UN PONTE” - LE INTERCETTAZIONI DI UNO DEGLI ARRESTATI NELLA MAXI-RETATA CONTRO LA ‘NDRANGHETA - I RAPPORTI CON L’EX PARLAMENTARE DI FORZA ITALIA E CON NICOLA ADAMO, ESPONENTE STORICO DELLA SINISTRA CALABRESE - SECONDO L'ACCUSA, L' AVVOCATO PITTELLI È “L'UOMO CERNIERA” TRA IL BOSS LUIGI MANCUSO, “E LA COSIDDETTA SOCIETÀ CIVILE” – L'INTERCETTAZIONE IN CUI PITTELLI CHIAMA IN CAUSA DELL'UTRI - ECCO LA RETE SEGRETA DEL CALN: C’E’ ANCHE IL SINDACO DI PIZZO CALLIPO E UN CARABINIERE

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

GIANCARLO PITTELLI

Per capire il valore della politica per la 'ndrangheta, forse, basta ascoltare la definizione che ne ha dato Giovanni Giamborino, 58 anni, arrestato nella maxiretata di ieri con l' accusa di curare le «questioni economico-commerciali» della cosca Mancuso. Intercettato mentre discute con un funzionario del Genio civile da favorire nella carriera, spiegava: «Se lo raccomandiamo, poi... che ti esce... quando cerca una carta te la fa subito... va e te la prende... manda qualcuno che interessa a te e si mette a disposizione... questo è la politica».

 

E la politica nell' accezione dei boss abbonda nell' inchiesta del Ros dei carabinieri e della Procura di Catanzaro, coinvolgendo nomi di rilievo nazionale o locale (dal Parlamento ai piccoli Comuni) arrestati, indagati o anche solo citati in un verbale d' interrogatorio o in una registrazione.

 

Un terremoto che va oltre le responsabilità penali ipotizzate nell' indagine, destinato a condizionare la campagna elettorale che porterà al voto del 26 gennaio, tra poco più di un mese. Con il procuratore Nicola Gratteri che invita la parte sana della società civile a «occupare gli spazi che abbiamo liberato». Per far tornare bianca la zona grigia, nelle intenzioni del magistrato che ha costruito gran parte del suo lavoro sulle parole degli indiziati.

'ndrangheta

 

Per esempio quando ancora Giamborino parlava dell' ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli: «È stato due volte deputato e una volta senatore... Con me siamo fraterni amici... se gli dico che si deve buttare dal ponte si butta dal ponte». Poi gli investigatori dell' Arma hanno intercettato lo stesso Pittelli, che racconta passato e presente: «Dell' Utri la prima persona che contattò per la formazione di Forza Italia fu Piromalli a Gioia Tauro... Ci sono due mafiosi in Calabria, che sono i numeri uno in assoluto. Uno è del vibonese e l' altro è di Gioia Tauro, si chiama Giuseppe Piromalli...».

 

GIANCARLO PITTELLI

Abbandonata l' attività politica ufficiale, secondo l' accusa, l' avvocato Pittelli è diventato «l' uomo cerniera» tra l' altro numero uno della mafia calabrese, Luigi Mancuso, «e la cosiddetta società civile, mettendo a disposizione la sua fitta rete di rapporti conoscenze ed entrature, anche nel mondo istituzionale».

 

Sfruttando pure la sua affiliazione massonica.

 

«Lui opera tramite il dirigente, tramite l' assessore, tramite i consiglieri, tramite tutti», diceva ancora Giamborino. Che in un' altro colloquio del dicembre 2016 vantava ottimi rapporti anche con di Nicola Adamo, esponente storico della sinistra calabrese, passato dal Pci al Pd attraverso Pds e Ds, ora indagato per traffico d' influenze.

 

«Lui a Catanzaro fa quello che vuole... che di che se ne dica... per quanto riguarda l' assessore regionale della politica il migliore in questo momento è solo Nicola Adamo... perché Nicola Adamo comanda il presidente...», assicurava Giamborino. Al cospetto di tanta confidenza con uomini di opposti schieramenti politici il suo interlocutore esprimeva qualche perplessità, ma l' altro lo tranquillizzava tornando a parlare di Pittelli: «Non c' entra niente... e che centrodestra e centrosinistra, perché lui non era che mangiava e beveva con Loiero (ex governatore della Calabria per il centrosinistra, ndr )... e giocavano insieme, e facevano insieme, perché lui con Nicola Adamo non è... sta così... e poi se ci sono problemi... non ce lo dice subito?».

NICOLA ADAMO

 

Giamborino di politica s' intende anche perché suo cugino Pietro, finito in carcere con l' accusa di un essere un anello di congiunzione tra le istituzioni e la 'ndrangheta vibonese, ha fatto il consigliere regionale per il Pd. Di lui un pentito ha raccontato come faceva funzionare la raccolta dei voti: «In piazza a Piscopio, o quando c' era la domenica la chiesa, o quando c' era qualche lutto, due minuti si parlava. "Quanti voti mi raccogli?".

 

"500". Basta, si fermava il discorso». E in un' intercettazione lo stesso Pietro Giamborino, commentando le elezioni del 2018, sembra confermare: «Vince perché noi gli abbiamo dirottato 5.000 voti del Pd...A Piscopio, sperduto paesino del vibonese, da 620 del 2013, senza il mio contributo sono passati a 159».

 

GIANCARLO PITTELLI

Del sistema politico-mafioso avrebbe fatto parte anche Gianluca Callipo, giovane sindaco di Pizzo Calabro, considerato un «concorrente esterno» della 'ndrangheta. Tra gli indizi, un incontro con Salvatore Mazzotta, «esponente di vertice» del clan locale sottoposto a sorveglianza speciale, che dopo la riunione imboccò un' uscita secondaria per evitare una pattuglia dei carabinieri. Eletto con il Pd renziano, Callipo (una parentela talmente lontana da sconfinare nell' omonimia con l' imprenditore candidato alla presidenza della Regione) s' era avvicinato al centro-destra. Ma questo, per i suoi presunti amici mafiosi, non rappresentava un problema.

 

 

 

IL FACCENDIERE, IL SINDACO IL CARABINIERE: ECCO LA RETE SEGRETA DEL CLAN

'ndrangheta

Mic. All. e Giu. Sca. Per il Messaggero

 

L'«affarista massone dei boss», il politico, il carabiniere al servizio del clan, il sindaco. La rete delle cosche arrivava ai piani più alti della pubblica amministrazione e in cambio di agevolazioni illecite offriva appoggio, protezione, raccolta di voti elettorali. Uno degli uomini del clan era Giancarlo Pittelli, penalista calabrese, ex parlamentare di Forza Italia - nel 2017 passato a Fdi -,«accreditato nei circuiti della massoneria più potente», si legge nell'ordinanza. Il gip Barbara Saccà sottolinea come sia stato in grado di far relazionare la ndrangheta con circuiti bancari, società straniere, università, ospedali, «con le Istituzioni tutte».

 

luigi mancuso

Era il «passepartout di Mancuso», grazie al suo ruolo politico, alla fama professionale, alle relazioni di altissimo livello. Per gli inquirenti era un vero e proprio associato: «Uno di noi», lo definisce un pentito.

gratteri

 

Dagli atti emerge il ritratto di uomo d'onore che, per l'accusa, è confermato dalle intercettazioni. Come quando nel giugno 2018 Pittelli incontra il boss Luigi Mancuso: «Noi santi non siamo, ti devo dire la verità», dice. O quando racconta a un amico che il capoclan «mi ha voluto far incontrare i fratelli». Pittelli puntava sempre più in alto, per il gip era l'anello di congiunzione «tra gli alti vertici della ndrangheta e quelli della società».

 

I FAVORI

E poi, tra gli arrestati, c'è il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, che ha «concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione ed alla realizzazione degli scopi dell'associazione mafiosa». Era il punto di riferimento per risolvere i problemi locali, garantiva appoggio e favori, «ometteva i controlli sulle attività di interesse del sodalizio». In cambio, avrebbe ricevuto un massiccio sostegno elettorale alle comunali del 2017. Ma nell'ordinanza ci sono anche i nomi di altri politici, come quello di Nicola Adamo, ex parlamentare ed ex vicepresidente della Regione in quota Pd, accusato di traffico di influenze.

GIANLUCA CALLIPO

 

Gli sarebbero stati promessi 50mila euro per mediare con il Tar e «sostenere la posizione processuale» di un imprenditore catanese che aveva una causa pendente. E non è tutto. Perché il clan poteva contare anche su appoggi nelle forze dell'ordine. È il caso di Giorgio Naselli, ex comandante provinciale dei carabinieri di Teramo: acquisiva e spifferava notizie investigative segrete. Naselli, 52 anni, 4 figli, era arrivato a Teramo nel 2017, prima dirigeva il reparto operativo di Catanzaro e aveva curato indagini contro ndrangheta e cosche siciliane. Su richiesta di Pittelli, avrebbe esaminato dossier che interessavano al clan, «rivelando quali le criticità oggetto di verifiche coperte dal segreto istruttorio».

GIANLUCA CALLIPOGIORGIO NASELLI

 

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…