Marco Molendini per Dagospia
Sbuca dal silenzio in cui è immersa l'America del coronavirus il lamento di Bob Dylan con una canzone speciale, scura, dolente, intensa, al passo coi tempi. E' la prima che pubblica da otto anni, dall'uscita dell'album Tempest. Una canzone fuori misura che dura 17 minuti, ha la faccia di John Kennedy (in copertina), parte dal delitto di Dallas, racconta un paese di suoni e di dolori, ma anche di bellezze e rammarichi, illustra lo stato d'animo dell'incertezza e dello spaesamento, quando c'è bisogno di ancorarsi alle sicurezze del passato.
bob dylan by jerry schatzberg 9
Un diario della memoria trafitta con la voce di Dylan poderosa, un sottofondo strumentale ipnotico e carico di tensione dominato dal piano, da un violino, da una batteria. Una lunga lancinante, seducente filippica. «Questa è una canzone inedita che abbiamo registrato qualche tempo fa e che potreste trovare interessante» spiega un breve messaggio del cantautore premio Nobel che l'ha resa disponibile sulle piattaforme.
Forse è anche il primo assaggio di un intero album. Comunque l'uscita nei giorni del coronavirus non appare affatto casuale, anche se probabilmente il pezzo l'aveva scritto in tempi in cui era impossibile sospettare quello che sarebbe successo. Eppure il brano è assolutamente in sintonia con la tensione che stiamo vivendo. E, a sottolinearne la contemporaneità, mister Zimmerman l'accompagna con un invito esplicito rivolto al suo pubblico: «State al sicuro, state attenti e che dio sia con voi».
Murder most full (in italiano in titolo sta per L'omicidio più disgustoso, ma in inglese è la citazione di un film del '64 con protagonista la Miss Marple di Agatha Christie) comincia così: «It was a dark day in Dallas» e partendo da quell'«infame sparo» con il quale «The age of the Antichrist has just only begun» /L'età dell'Anticristo è solo cominciata» passa in rassegna una sorta di catalogo culturale personale che potrebbe essere anche un invito a seguirlo, perchè no?, per riempire questi giorni vuoti di clausura: va dai Beatles di I wanna hold your hand al Chiaro di luna di Beethoven, da Woodstock a Shakespeare del Mercante di Venezia, dall'Età dell'acquario al bluesman Bo Diddley, a «all that jazz» di Jelly Roll Morton, Charlie Parker, Thelonious Monk, Bud Powell di Love me or leave me.
JOE ALPER Bob Dylan Suze Rotolo JA x
Cita Wake up little Suzie degli Everly Brothers (che potrebbe essere anche una citazione della ex fidanzata Suze Rotolo), Ray Charles di What'd say, John Lee Hooker, Nat King Cole, Glenn Frey e Don Henley, passa per Marylin Monroe, Buster Keaton, Harold Lloyd.
Quando passano i 17 minuti, finora Dylan non aveva mai scritto un pezzo così lungo, il precedente è Highlands del 1997 che durava 16 minuti e 31 secondi, si resta frastornati: se c'era bisogno di ricordarlo, e ce ne era bisogno, ecco cosa significa scrivere una canzone potente capace di fotografare il disorientamento collettivo, proprio come era accaduto ai tempi di ‘’Blowin' in the wind’’.
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