Gianni Gennari per il “Fatto Quotidiano”
Trentotto anni dalla morte di Papa Luciani: un fulmine e tante nuvole di dubbi e trame.
Era l' estate dopo la tragedia Moro, l' elezione di Pertini e tre Papi: Paolo VI , Giovanni Paolo I e poi Giovanni Paolo II.
(…) Quel 29 settembre, prima delle 7 mi telefona l' amico R. G., della Segreteria di Stato: "Il Papa è morto!". Da poco grazie a Sergio Zavoli collaboravo al Gr Rai e alle 8 il vaticanista Gregorio Donato mi chiama in diretta. Per me era passata un' ora, e cito il proverbio: "Morto un Papa, se ne fa un altro!". Scandalo e proteste!
(…) Qualche anno dopo David Yallop, per il suo In Nome di Dio, volle sentirmi a lungo a casa mia, e nella prefazione sono tra coloro che egli ringrazia, ma poi stravolse tutto: bugiardo e falsario, favorito dal fatto che la verità era stata sommersa in una catena di scelte errate da chi si trovò tra le mani quel cadavere.
Ecco, per me, l' essenziale dei fatti. La sera del 28 settembre non fu normale. Prima di cena il Papa ebbe un leggero malessere, ma non volle allarmare nessuno e si ritirò più presto del solito. Il segretario don Diego Lorenzi andò fuori, le suore si erano ritirate, ma lui non riusciva a dormire.
Quel pomeriggio e la prima sera erano stati agitati. Aveva convocato Villot, Segretario di Stato prossimo alle "dimissioni" per età, comunicandogli alcuni cambiamenti: Segretario di Stato Giovanni Benelli, che Paolo VI a giugno 1977 aveva voluto a Firenze anche in vista di una sua rinuncia al Papato per settembre, che poi nei fatti gli fu impedita.
Anche questa è una vicenda singolare.
(…) E Villot? Rispose a Luciani che il Papa aveva pieno diritto, ma anche che Benelli di nuovo in Vaticano dopo soli 15 mesi era inopportuno: così si smentivano evidenti volontà di Paolo VI . Luciani era rimasto male, ma in quella stessa sera - l' ultima - aveva comunicato il progetto, per telefono, anche al card. Colombo a Milano, e chi era nei pressi parlò di una conversazione "accesa". Obbedienza, a denti stretti e con obiezioni forti,
anche personali. Si fece notte, e Luciani solo si preparò a dormire.
Al mattino la fida suor Vincenza Taffarel, con Luciani già dai tempi di Venezia e di Vittorio Veneto, sorpresa nel trovare intatta davanti alla porta la consueta tazzina di caffè, bussa senza risposta, apre uno spiraglio e vede il Papa morto.
Arriva mons. John Magee che chiama il Camerlengo, proprio Villot, cui per legge spetta la direzione di tutto alla morte del Papa che ora è lì, ancora seduto sul letto, lume da notte acceso, occhiali inforcati, un "foglio" tra le mani e un bicchiere sul comodino. Nessun segno di sofferenza visibile: quasi un sorriso.
(…) Suor Vincenza Taffarel deve tacere, lo farà sempre, trasferita nel suo Veneto. Don Lorenzi non dica che non c' era, e che nulla ha sentito. Abat-jour accesa e tra le mani quel foglio con progetto di nomine? No. Niente "foglio", ma l' Imitazione di Cristo. Spariti gli occhiali, sparito il bicchiere con tracce di acqua. Autopsia? Niente. È stato un infarto. La realtà: il Papa non riusciva a dormire e aveva chiamato al telefono il suo medico di Venezia, Da Ros, che gli consigliò un calmante, versatosi poi in eccesso. Di fatto il cuore si spense: contrario dell' infarto. Arrivò il sonno, ma l' ultimo, e al mattino Villot si trova davanti, morto, il Papa.
(…)