SUONA IL GONG PER HONG KONG: DI NUOVO SCONTRI TRA POLIZIA E MANIFESTANTI - TRA GLI OBIETTIVI DELLA PROTESTA ANCHE L'INSTALLAZIONE DI UNA SERIE DI “LAMPIONI INTELLIGENTI”, CHE SECONDO ALCUNI CONTERREBBERO TELECAMERE A RICONOSCIMENTO FACCIALE- IL DIPENDENTE DEL CONSOLATO BRITANNICO È STATO LIBERATO DALLA POLIZIA CINESE..

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FILIPPO SANTELLI per repubblica.it

 

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Lo scorso fine settimana era stato salutato come il primo senza scontri dopo molte settimane. Ma sabato pomeriggio a Hong Kong è tornata la violenza. Una marcia regolarmente autorizzata a Kwun Tong, ex quartiere industriale riconvertito a Est della città, è degenerata dopo che i manifestanti, soprattutto giovani in tenuta nera da guerriglia hanno occupato con barricate Wai Yip, una grande strada adiacente alla stazione locale della polizia.

 

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I manifestanti hanno lanciato mattoni, pali e bottiglie incendiarie verso gli agenti schierati fuori dalla struttura in tenuta anti sommossa, che dopo aver intimato lo sgombero hanno risposto caricando per disperderli, lanciando gas lacrimogeni e sparando proiettili urticanti e di gomma.

 

Durante la carica alcuni manifestanti sono stati arrestati e uno di loro, colpito a un occhio da un proiettile, è stato portato via dall’ambulanza. Alcuni giovani hanno riparato in un vicino centro commerciale, ma altri restano in strada e fronteggiano la polizia. Nuovi scontri sono possibili.

 

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L’obiettivo della manifestazione, a cui nel primo pomeriggio si era unito qualche migliaio di persone, quasi tutti bardate con mascheroni e caschetti nonostante il caldo asfissiante, era ribadire al governo le cinque richieste dei cittadini di Hong Kong, ma anche protestare contro il progetto di installare in città una serie di “lampioni intelligenti”, che secondo alcuni conterrebbero telecamere a riconoscimento facciale e altri strumenti di controllo.

 

Dopo aver abbandonato il percorso originario della protesta e formato le barricate con spartitraffico e pali di bambù, un gruppo di giovani, nascondendosi dietro una testuggine di ombrelli, ha demolito con una sega elettrica uno di questi pali.

 

 

Ad aggiungere ulteriore animosità sono state anche le ultime decisioni della società della metropolitana di Hong Kong, controllata dal governo. Proprio come l’aeroporto, ieri l’azienda ha ottenuto da un giudice un’ingiunzione che vieta ai manifestanti di occupare le stazioni, e oggi ha deciso di chiudere un lungo tratto della linea attorno al percorso della protesta, isolando di fatto il quartiere. Sui forum dei manifestanti, che finora hanno usato la metro come un luogo di ritrovo e di riparo, la decisione è stata letta come un tentativo di boicottare la protesta, in questo caso autorizzata, piegandosi alle pressioni di Pechino. Nei giorni scorsi il Quotidiano del Popolo cinese aveva criticato la società per aver favorito quelli che il Partito chiama “i rivoltosi”.

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E così dopo l’oceanica e pacifica marcia di domenica scorsa, e dopo l’iconica catena umana formata ieri sera da migliaia di cittadini attraverso la città, nel dodicesimo weekend di protesta torna di nuovo sotto i riflettori la frangia più estrema del movimento. Questa mattina nel palazzo del governo la Chief executive Carrie Lam ha convocato alcuni esponenti della società di Hong Kong, accuratamente scelti, per avviare la sua “piattaforma di dialogo”.

 

Dialogo che il movimento ha bollato come uno “show”, chiedendole invece di ricevere subito i rappresentanti del campo democratico. Gli scontri di oggi non aiuteranno ad avvicinare le parti. Una manifestante ferita a un occhio era già diventata uno dei simboli della “brutalità” della polizia, il ragazzo colpito oggi è il secondo. Dalla sua, Lam aveva aperto al dialogo, ma a patto che venisse ristabilito l’ordine.

 

Il rilascio del dipendente del consolato britannico Simon Cheng

Intanto le autorità cinesi hanno rilasciato Simon Cheng, il 28enne cittadino di Hong Kong dipendente del consolato inglese che l’8 agosto era stato arrestato a Shenzhen, nella Cina continentale. Sulla sua detenzione amministrativa, regolarmente terminata dopo 15 giorni, continuano a esserci versioni contrastanti.

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Secondo le autorità cinesi Cheng sarebbe stato fermato per “induzione alla prostituzione” e si sarebbe dichiarato colpevole. Secondo la famiglia e gli attivisti democratici invece le accuse sarebbero fabbricate e il suo arresto sarebbe invece una minaccia ai manifestanti di Hong Kong e al governo inglese. Il ragazzo si trova in questo momento con la famiglia, che ha chiesto qualche giorno di tranquillità. Per avere la sua versione dei fatti bisognerà aspettare.

 

 

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