mario draghi

AVVISATE DI MAIO: IL VERO MINISTRO DEGLI ESTERI ITALIANO È MARIO DRAGHI! – IL PREMIER HA VOLUTO CONFERMARE LUIGINO COME PARAVENTO, MA OPERA IN TOTALE AUTONOMIA. ANCHE PERCHÉ LA SUA ASPIRAZIONE È APPROFITTARE DELL’USCITA DELLA MERKEL PER ASSUMERE LA LEADERSHIP EUROPEA E FAR CONTARE FINALMENTE QUALCOSA L’ITALIA A BRUXELLES E WASHINGTON - LA FRASE SU ERDOGAN “DITTATORE” NON ERA UNA GAFFE

Vincenzo Caccioppoli per www.businessinsider.com

 

mario draghi luigi di maio 1

Si dice che Luigi Di Maio abbia raccontato ai fedelissimi di aver saputo della riconferma al Ministero degli esteri del governo Draghi, cinque minuti prima dell’annuncio della lista  da parte del premier.

 

Questo particolare è un chiaro segnale di come il percorso di Draghi a capo dell’esecutivo avesse due principi guida, uno ovviamente è quello di occuparsi di Economia distrutta da Covid e del piano di rilancio finanziato con i soldi del Recovery fund e il secondo era quello di rimettere sulla retta via quella politica estera, un po’ “sballottata” dalla contraddittoria ed incerta politica dei due governi Conte.

mario draghi angela merkel

 

Ecco perché insieme alla casella del ministero dell’economia in cui ha “sistemato” il fedelissimo Daniele Franco, ex direttore generale della Banca d’Italia, proprio quella degli esteri era per lui il ruolo più delicato nel nuovo esecutivo.

 

Per questo, dicono i maligni, il premier ha voluto mettere chi, come Di Maio, poteva essere un buon paravento, per operare in discreta autonomia dalla tolda di comando di Palazzo Chigi, il vero cambio di passo, rispetto ai precedenti governi Conte.

mario draghi saluta biden consiglio europeo

 

“Il premier aspira ad assumere un ruolo di leadership in un Europa mai così debole come ora, in cui il declino della Merkel, ormai arrivata alla fine della sua lunga carriera politica attiva, lascia un’autostrada per chi come Draghi ha nel suo dna quello di assumere posizioni forti ed autorevoli, come la sua gestione alla guida della Bce ha dimostrato” ha detto di recente un vecchio senatore di vecchio corso del centrodestra, vicino al premier .

conte trump

 

Ed in effetti le mosse più “audaci” fino ad ora da parte del presidente Draghi sono state, più che sulla politica economica, proprio in quella estera, a cominciare dalla clamorosa decisione di bloccare l’export di vaccini verso l’Australia, e la conseguente tirata d’orecchi a Bruxelles, per far rispettare le consegne dei preziosi antidoti contro il Covid.

 

GIUSEPPE CONTE DONALD TRUMP

Raccomandazione perentoriamente ribadita ai leader europei, con la eccezionale presenza anche del presidente americano Biden, al Consiglio europeo del 26 marzo scorso “Dobbiamo andare più veloci, molto più veloci», ha detto infatti ai colleghi “Le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate», è stato il commento lapidario di Mario Draghi, che non ha esitato a rimarcare i troppi errori commessi dalla Commissione europea sulla redazione dei contratti con le case farmaceutiche.

mario draghi luigi di maio

 

Insomma un vero e proprio cambio di passo rispetto ai troppi tentennamenti del governo Conte II, culminati nell’imbarazzante teatrino alla corte di Haftar, in occasione della liberazione dei pescatori, ostaggio per oltre cento giorni della Libia. E proprio in Libia, nella sua prima missione ufficiale Draghi ha voluto mostrare che il nostro storico legame ed influenza sul paese africano, non può e non deve essere messo in discussione da interferenze russe e soprattutto turche, come è accaduto in questi mesi.

IL SOFAGATE VISTO DA OSHO.

 

Ed anche in questo senso va letta le definizione di “dittatore” verso il leader turco Erdogan, dopo l’imbarazzante caso del “sofagate” di Ankara con la presidente della commissione Ursula Von Der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles  Michel. Emma Bonino, la senatrice radicale di Più Europa, sempre molto attenta a questioni legate ai diritti umani ha candidamente sostenuto che “Draghi ha detto ciò che tutti pensano di Erdogan ma nessuno ha il coraggio di dire.”

Recep Tayyip Erdogan

 

Già, il coraggio: quello che da tempo sembra mancare non solo all’Italia, ma a tutta l’Europa che a causa della sua  politica estera troppo attendista ed equivoca, sta diventando sempre più marginale nello scacchiere geopolitico internazionale. Draghi con quella ferma e chiara affermazione, che ha provocato reazioni stizzite ad Ankara, fino alla ritorsione della sospensione dei contratti con le aziende italiane, ha voluto far intendere che anche per il leader turco è arrivato il momento di abbassare le sue pretese.

draghi merkel

 

D’altra parte nel suo discorso alle Camere per la fiducia, era stato messo in chiaro quale sarebbe stato il nuovo percorso di politica estera del governo, più atlantismo e più Europa, come per ribadire che le aperture a russi e cinesi operate dai due governi Conte erano state solo un spiacevole parentesi da chiudere in fretta.

 

PUTIN ERDOGAN

“Bene Draghi sulla Turchia. Parole ferme e chiare” ha detto Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che pure è fermamente solitaria nella sua opposizione al governo. Ma “solidarietà e stima” sono giunte anche dall’altro esponente di quella che, spesso troppo superficialmente, viene bollata come ala sovranista del parlamento, e cioè Matteo Salvini, che sembra apprezzare molto questa nuova linea interventista in politica estera del premier. Attestati di stima che dimostrano come il suo nuovo corso di politica estera potrebbe essere il vero collante per la sua variopinta maggioranza.

 

GIORGIA MELONI

Perché è proprio sulla politica estera, che in questa fase ha ovvie riflessioni anche sul fronte interno, che sembra aver scommesso molto il premier, per cercare di mettere a frutto la credibilità conquistata a livello internazionale durante la sua permanenza all’Eurotower di Francoforte, sede della Bce.

 

Il momento attuale coincide anche con la presidenza italiana del G20, cosa che rafforza ulteriormente il ruolo del nostro paese nella tante questioni spinose che vanno dalla situazione in Libia, a quella dei diritti umani in Cina e Russia, fino al dossier Turchia e ai suoi rigurgiti egemoni, che hanno preso nuovo vigore, grazie anche al vuoto lasciato dalla politica “autarchica” di Donald Trump e dalla incapacità dell’Europa di sostituire in parte l’assenza statunitense almeno sui tanti fronti che la coinvolgono direttamente.

 

XI JINPING GIUSEPPE CONTE

Draghi ha fatto capire in questi due mesi che la situazione può e deve cambiare, e in questo è sicuro di trovare una sponda nella nuova amministrazione Biden e perciò conta di essere lui a guidare questa nuova Reinassance europea nel contesto internazionale.

 

Nessun altro leader europeo sembra attualmente aver la forza per contrastarlo in questo ardito progetto, non la Merkel, come detto arrivata alla fine del suo mandato, non Macron assai indebolito sul fronte interno e perciò impegnato anima e corpo nel contrastare la rivale Le Pen (in testa ai sondaggi) alle presidenziali, con la grossa incognita della possibile candidatura dell’ex negoziatore per la Brexit, Michel Barnier.

 

mario draghi luigi di maio

Se riuscirà in questo intento allora sì che la sua presidenza potrà davvero lasciare il segno, e rispondere alle tante aspettative e speranze che in lui vengono riposte. Dopo aver salvato nel 2012 la moneta alla guida della Bce, potrebbe, infatti, completare la sua opera, dando una nuova comunità di intenti e di interessi comuni, che da troppo tempo l’Europa sembra aver smarrito.

GIANCARLO GIORGETTI MARIO DRAGHI LUIGI DI MAIODRAGHI MERKEL

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL COLLE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI, E A FRANCESCO GAROFANI C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA) - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? FORSE NON ESISTE. D'ALTRONDE SE CI FOSSE, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA?

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…