Marco Palombi per il “Fatto Quotidiano”
Il piano per il dopo-Expo col genoma, i Big Data, i ricercatori? Al momento, sembra più che altro il piano per occultare i buchi di bilancio dell’evento: i conti, per ora, sono ancora segreti, ma secondo fonti contattate dal Fatto Quotidiano, si parla di uno sbilancio di gestione che oscilla tra i 400 e i 500 milioni di euro, al netto del costo dei terreni e di ulteriori extracosti.
Su questo, però, non è possibile avere un confronto pubblico: l’Esposizione milanese deve essere un successo, Giuseppe Sala - o, come dicevan tutti, “Beppe”- il salvatore della patria, Matteo Renzi il conquistatore di Milano. Per ottenere questo risultato il governo sta predisponendo il decreto per il dopo-Expo (andrà in Consiglio dei ministri domani), utile soprattutto a buttare un po’ di polvere sotto il tappeto: oggi i vertici di Expo Spa (che ha gestito l’evento) e di Arexpo Spa saranno a Roma per discutere con l’esecutivo come tirarsi fuori dai casini.
Il primo problema sono i terreni. Arexpo li ha comprati (a debito) dai privati a dieci volte il prezzo di mercato (Fondazione Fiera di Milano è il maggior venditore e pure socio di Arexpo). A bilancio valgono 300 milioni, ma quando ha provato a venderli a 315 l’asta è andata deserta. I soci – Regione, Comune e Fiera – cominciavano a preoccuparsi: gli era stato detto che i privati avrebbero fatto a gara per comprarseli e invece niente.
Roberto Maroni e Giuliano Pisapia non hanno i soldi per creare da soli il futuro Polo tecnologico, né per valorizzare l’area e poi venderla. Quasi tutte le infrastrutture del sito hanno collaudi scaduti al 31 ottobre: bisognerà rifare quasi tutto da capo, nonostante lo Stato abbia già speso 1,3 miliardi a fondo perduto per le opere. Regione e Comune, però, sono state rassicurate da Palazzo Chigi. I soldi li metterà Cassa depositi e prestiti, probabilmente rilevando le quote di Fondazione Fiera.
Il veicolo per fare tutto questo non è ancora chiaro e anche di questo si discuterà oggi: la soluzione più razionale (e veloce) sarebbe trasformare Arexpo - che doveva essere smantellata dopo l’Esposizione - in soggetto attuatore del piano per il “dopo” con relativa annessione di Expo Spa. La tentazione del governo, però, è la creazione di una società ex novo in cui far confluire tanto Expo Spa che Arexpo. Il vantaggio? Occultare il buco dell’Esposizione, cioè il conto che si scaricherà sui cittadini. Soprattutto quello di Expo Spa, la società (di Tesoro, Regione e Comune) che ha gestito l’evento sotto l’illuminata guida di Giuseppe Sala: dei suoi conti ad oggi non si sa nulla, ma secondo fonti qualificate il bilancio di gestione fa segnare un rosso da mezzo miliardo.
Per spiegarsi servono un po’ di numeri: la gestione dell’evento costa 840 milioni secondo Expo Spa, ma il conto sale a 960 milioni se, come segnala la Corte dei Conti, vengono correttamente riclassificate alcune poste di bilancio. Nel business plan iniziale i ricavi da biglietti valevano 530 milioni (24 milioni di ticket a un prezzo medio di 22 euro). Sala, dopo i primi mesi un po’negativi, ci ha ripensato: 380 milioni (19 euro medi per 20 milioni di biglietti). Ora ci dicono che gli “ingressi” a Expo sono stati 21,5 milioni circa, cifra a cui si arriva contando pure i 14mila addetti al sito che entravano ogni giorno: i visitatori veri sono stati circa 19 milioni.
E l’incasso dai biglietti? Secondo le fonti del Fatto si aggira sui 200 milioni con un prezzo medio attorno ai 10 euro: succede quando si fanno sconti enormi a scolaresche, dipendenti degli sponsor, parrocchie, coop, ordini professionali e associazioni varie; quando si vendono i biglietti a 5 euro dopo le 18, si regalano gli ingressi a pensionati, titolari di bassi redditi e a chi parcheggia di sera nelle aree di sosta del sito.
MARIA GRAZIA CUCINOTTA ALL'EXPO
Ammettendo che gli altri ricavi siano davvero 300 milioni circa, come da previsioni, il conto è questo: mezzo miliardo di ricavi, almeno 960 milioni di costi. Ora Sala, forse candidato sindaco di Milano, sta tentando di spremere soldi ovunque: Expo Spa ha “addebitato ” ad Arexpo (che non vuole pagare) 70 milioni per le bonifiche, mentre il contratto tra le due le cifrava a 6 milioni. Ora, per di più, il governo le vuole fondere: a godere, in questi spericolati incroci societari, rischia di essere solo la Fondazione Fiera, che dopo aver dato il pacco dei terreni (inquinati) a Expo, ne uscirà pure con un po’ di soldi.