giuseppe conte e theresa may giocano a biliardo

CHE FARÀ GIUSEPPE CONTE DOPO PALAZZO CHIGI? - FRANCESCO MERLO: “E’ UN UOMO ASSAI AMBIZIOSO…” - LINA PALMERINI: “SE NON VUOLE FONDARE UN PARTITO E NON È DIVISIVO, LA SOLA PROSPETTIVA SU CUI PUÒ LAVORARE È QUELLA DEL QUIRINALE…” - BUTTAFUOCO: “GUIDO ALPA LO RICONSEGNERÀ A SALVINI” - PIERLUIGI BATTISTA: “FARÀ LA FINE DI DINI. QUANDO SI ANDRÀ ALLE ELEZIONI CONTE NON ESISTERÀ E CE LO DIMENTICHEREMO” - NICOLA PORRO: “È UN MARIO MONTI SENZA LODEN MA HA IL DOROTEISMO…”

ROCCO CASALINO GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Alberto Falci per https://www.huffingtonpost.it/

 

Presidente del Consiglio senza mai averlo pensato di poterci diventare, cos’altro - nel dopo - potrà fare di sé Giuseppe Conte, concluso il suo rodaggio a Palazzo Chigi? Una serie di domande è già ventaglio di possibilità: capo di un partito suo, successore dello stesso Beppe Grillo, incaricato in un ruolo internazionale, riserva della Repubblica e dunque, nientemeno, Presidente della Repubblica?

 

beppe grillo davide casaleggio giuseppe conte 3

 Ed è attorno ai sopracitati dilemmi che ruota quest’ultimo scorcio di anno. Tra una fetta di panettone e un bicchiere di bollicine per festeggiare l’inizio del 2020, la politica e gli addetti ai lavori dibattono sul fu “avvocato del popolo” che è entrato in punta di piedi e ora si muove da navigato democristiano. Manco fosse un Arnaldo Forlani, o un Giulio Andreotti. E lui, Giuseppe Conte, non si sente un novello Lucio Quinzio Cincinnato. Scandisce dalle pagine de La Repubblica,  “non lascerò la politica alla fine del mio mandato”. E allora ci si chiede come continuerà la favola di questo uomo di diritto di origini pugliese che in sedici mesi è stato il premier di un governo di destra e oggi veste i gradi di presidente del Consiglio di un esecutivo di centrosinistra?

 

giuseppe conte a dimartedi' 3

Francesco Merlo, firma prestigiosa del quotidiano La Repubblica, la mette così: “Saperlo credo sia veramente difficile. Certo è che il presidente del Consiglio è assai ambizioso. Attorno a lui è cresciuto quello che io ho chiamato “il contismo” che è il luogo attorno al quale la politica si può formare”. Ma il contismo dove condurrà? Merlo si ferma e disegna il futuro premier: “Dentro questa ambizione c’è tutto e il contrario tutto. Ricordo che fra tre anni c’è l’elezione del Capo dello Stato...”.

 

Conte al Quirinale. Conte come successore di Sergio Mattarella. Fantapolitica o si tratta di uno scenario non peregrino? “Se non vuole fondare un partito e non è divisivo, la sola prospettiva su cui può lavorare è quella del Quirinale...”, argomenta Lina Palmerini, notista del Sole 24 ore ed esperta di quello che succede nell’alto Colle.

 

justin trudeau, giuseppe conte e boris johnson

La corsa al Quirinale, forse, è già iniziata. Ma, come si dice, nel conclave chi entra Papa poi esce Cardinale. E allora forse è prematuro gettarsi così avanti. Non a caso, uno come Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e oggi vicedirettore della rivista “Civiltà delle Macchine”, si serve di una massima latina per squadernare la strategia dell’inquilino di Palazzo Chigi: “Nomina sunt consequentia rerum, nulla nel linguaggio è innocente, lui è il Signor Conte, è uno ed è due. Toglie il se, per mettere se stesso. E alla testa di un governo nato per rimediare ai danni fatti da quello precedente, egli è appunto Giuseppi, un refuso diventato destino. Chiuso il secondo, ritornerà al primo. Guido Alpa lo riconsegnerà a Salvini”.

BEPPE SALA E GIUSEPPE CONTE CON LA VANGA

 

Solo la storia ci dirà se Conte tornerà al punto di partenza, al governo gialloverde, e di conseguenza fra le braccia dell’ormai acerrimo avversario Matteo Salvini. Sia come sia Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera, non scommette una fiche sulla parabola contiana. Anzi. Battista lo paragona a Lamberto Dini, che fu presidente del Consiglio dopo la caduta del primo governo Berlusconi. Ecco “Dini, osserva, ebbe una popolarità e divenne da banchiere andreottiano una bandiera della sinistra in chiave antiberlusconiana. Poi Scalfaro lo usò e, a un certo punto, tutti dicevano: Dini farà un suo partito, Dini è il futuro etc, etc, etc.. Finita quella stagione, si andò alle elezioni - all’epoca c’era anche l’idea che si doveva votare - e come finì? Di Dini non se ne seppe più nulla (anche se un partito lo fece, ndr). La stessa cosa succederà con Conte. Quando si andrà alle elezioni e non ci sarà più la combinazione parlamentare come surrogato della democrazia, Conte non esisterà e ce lo dimenticheremo”.

GIUSEPPE CONTE GIOCA CON I CANI

 

Conte come Dini? A Pietro Senaldi, il direttore responsabile del quotidiano Libero, gli sembra più il “Conte tacchia”, il celebre film ispirato alla storia di Adriano Bennicelli, nobile romano, la cui famiglia si era arricchita con il commercio del legno, da qui il soprannome “tacchia”. E allora cosa farà da grande il Conte ma senza tacchia? “Visto che ha calato la maschera sarà candidato dal Pd a Volturara Appula, il paesino in provincia di Foggia, dove è nato”.

 

GIUSEPPE CONTE

E se a Nicola Porro, firma e vicedirettore del Giornale e conduttore di “Quarta Repubblica” su Rete4, gli sembra più un Mario Monti ma senza loden (“E’ esattamente con zeru tituli uguali al professor Monti. A differenza del loden, ha il doroteismo. Ma le leadership si conquistano sul campo”), Claudio Cerasa, direttore del Foglio, rimembra che questa è la legislatura dei lapsus. “In un’intervista Conte disse: ‘Io da presidente della Repubblica…”.

 

la pochette di giuseppe conte 1

E’ evidente che per quanto possa sembrare surreale l’attuale premier sa di essere il garante di continuità con il passato e di non eccessiva discontinuità con il passato remoto. Questa è l’epoca dell’assurdo, e tutto di conseguenza è legittimo”. Non è dato sapere se è solo una suggestione. Di certo è vero che oggi nessun esponente di centrosinistra ha commentato l’uscita del premier. Mentre una valanga di attacchi sono arrivati dal centrodestra. Segno che qualcosa si muove. Anche in vista del 2022, l’anno della corsa al Colle.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…