giuliano amato

DIAMO IL BENVENUTO AL PROSSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: GIULIANO AMATO! - TRA I PARTITI PRENDE SEMPRE PIÙ FORZA E CONSENSI IL MITOLOGICO ''DOTTOR SOTTILE'', CHE SANCIREBBE IL DEFINITIVO RITORNO DELLA POLITICA CONTRO LA SBORNIA POPUL-SOVRANISTA - L'EX SOTTOSEGRETARIO DI CRAXI SAREBBE L'UOMO IDEALE DI UN PEZZO DI PD IN ACCORDO COL M5S DI DI MAIO E CONTE (AMATO È IN BUONISSIMI RAPPORTI CON IL SUO MENTORE ALPA) - NEL CENTRODESTRA, OLTRE A BERLUSCONI, CHE GIÀ NEL 2015 LO VOLEVA AL QUIRINALE MA RENZI SCELSE MATTARELLA, POTREBBE CONVERGERE SALVINI (GIORGETTI E' GIA' D'ACCORDO) - L'UNICO CHE NON AMA AMATO E' TRAVAGLIO: "IL PEGGIOR SIMBOLO DELLA RESTAURAZIONE". (FORSE CI È RIMASTO MALE QUANDO NEL 2017 AMATO VINSE LA CAUSA CONTRO ''IL FATTO")

Annalisa Cuzzocrea per “La Stampa”

 

giorgio napolitano giuliano amato

La tela del piano B dei partiti è già fitta di punti di forza che passano via whatsApp, di telefonino in telefonino. Punti a favore di Giuliano Amato, giudice costituzionale, vicepresidente della Consulta, eterna riserva della Repubblica, già seriamente in corsa per il Colle almeno due volte. 

 

Nel 2015, Silvio Berlusconi aveva dato il via libera sul suo nome, prima che Matteo Renzi tirasse fuori quello di Sergio Mattarella (che di Amato presidente del Consiglio fu ministro della Difesa). Memorabile, allora, la battuta del dottor Sottile (come lo definì negli anni '80, più per via della sua intelligenza che del suo aspetto, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari): «Dopo di me - disse Amato di Mattarella - era il mio preferito».

craxi giuliano amato

 

Raccontò poi il leader di Italia Viva che contro l'ex premier socialista non aveva nulla in particolare, salvo per il fatto che a siglare quell'intesa con Berlusconi era stato Massimo D'Alema. E quindi, toccava farla saltare. Non è detto che ci proverebbe anche oggi, ma non è certo lui che sta lavorando all'idea. 

 

prodi amato

Cui sembra tenere soprattutto un pezzo di Partito democratico in accordo, vero per quanto surreale, con il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Divisi su tutto tranne - forse - su un nome del genere. Amato è in buonissimi rapporti, tra gli altri, con il mentore di Conte Guido Alpa. 

 

Di lui si sospetta abbiano parlato nella famosa cena in pizzeria il ministro degli Esteri con quello dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti. E oltre che a Berlusconi - che potrebbe levarsi dalla corsa e decidere di esserne il king maker - su di lui potrebbe convergere perfino il segretario leghista Matteo Salvini pur di sbarrare la strada a Mario Draghi (sempre in chiave interna anti-Giorgetti). 

Berlusconi Amato

 

Si diceva dei punti di forza. Eccoli, elencati - con un certo cinismo - da chi punta su di lui: «È anziano abbastanza da liberare presto il posto. Piace a Draghi. È l'unico altro nome che all'estero conoscono e apprezzano». 

 

giuliano amato

Giuliano Amato è stato, tra le mille altre cose (due volte presidente del Consiglio, presidente di istituzioni universitarie come la scuola superiore Sant' Anna di Pisa, quella in cui ha studiato il segretario Pd Enrico Letta, presidente della Treccani, del Centro studi americani, del suo circolo del tennis) anche vicepresidente della Convenzione che doveva dare una Costituzione all'Europa e che fallì dopo il No al referendum francese.

giuliano amato

 

Unisce, insomma, alle virtù di costituzionalista (potrebbe diventare presidente della Consulta nelle prossime settimane) quelle di europeista della prima ora. E di atlantista, visti gli studi e la vicinanza al mondo americano. Sarebbe il piano B (quello A resta Draghi) che sancirebbe definitivamente un ritorno della politica, addirittura una politica che nasce nella prima Repubblica, contro la superbia della tecnica e la sbornia populista.

 

Soprattutto, sarebbe l'uomo ideale per tenere dentro allo schema proprio l'attuale presidente del Consiglio. Chi ha parlato con Amato - e la fila è lunghissima a giudicare dalla processione di queste settimane davanti alla porta del giudice costituzionale - giura che nelle sue intenzioni non ci sia quella di portare a termine il mandato. 

giuliano amato regina Elisabetta

 

È nato a Torino nel 1938, ha 83 anni, potrebbe decidere di andar via in anticipo (favorendo proprio un passaggio del testimone con Draghi). Ma non prima che il Paese venga messo al sicuro sia dal punto di vista della pandemia che da quello dei mercati, con la rinegoziazione - l'anno prossimo - del patto di stabilità. 

 

È per questo che, di fronte a una candidatura del genere, nessuno - neanche tra i 5 stelle - in queste ore lancia attacchi sguaiati come quelli che arrivano dalle pagine Facebook di un ex come Alessandro Di Battista. Giuliano Amato ha rivestito il delicato ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Bettino Craxi premier. 

 

giuliano amato massimo d'alema

Non è stato toccato dalle inchieste di Mani Pulite, non è andato a trovare il leader socialista ad Hammamet. Ma fu aspramente criticato per quel decreto Conso che nel 1993 - quando era presidente del Consiglio - depenalizzava il reato di finanziamento illecito ai partiti e che l'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di firmare. 

 

mario draghi giuliano amato

L'altra vicenda che gli viene spesso imputata risale sempre a quegli anni ed è il prelievo forzoso del 6 per mille sui depositi bancari che - insieme a una finanziaria da 93 mila miliardi di lire - servivano a salvare l'Italia dalla bancarotta e dall'isolamento. Decisioni non facili, su cui Amato è tornato spesso definendole «un male necessario», ma anche affermando - quando i tempi furono definitivamente cambiati - che «di solo contenimento del debito si può anche morire». 

 

Giuliano Amato Enrico Letta

Molto dipende ora da cosa decideranno di fare davvero i partiti. Il dottor Sottile - protagonista dei conciliaboli delle ultime ore - potrebbe stavolta avere la meglio, e attraversare quel lembo di strada che dal Palazzo della Consulta porta al Quirinale. 

 

Soprattutto per via del suo rapporto privilegiato con Draghi: «Era direttore del Tesoro quando Amato era premier - racconta un ministro - potrebbe sentirsi garantito da lui al Colle e riconoscergli un'autorevolezza adeguata a rinnovargli il mandato di Mattarella. Così il premier resterebbe al suo posto».

 

Mattarella Amato

O si potrebbe decidere di seguire lo schema lasciato intravedere dal presidente del Consiglio, il cui punto debole è - secondo tutti gli attori in campo - soprattutto uno: tenere in vita la legislatura con un governo guidato da una persona meno forte di Draghi è considerata una via molto stretta. «Rischiamo di non tenere e di avere nuove emorragie nei gruppi», ha detto Conte ai suoi. Non è l'unico a temerlo.

 

QUIRINALE, TRAVAGLIO A LA7: “GIULIANO AMATO? IL PEGGIOR SIMBOLO DELLA RESTAURAZIONE

Dal Fattoquotidiano.it del 18 dicembre 2021

 

marco travaglio a otto e mezzo

“Giuliano Amato il miglior candidato alla presidenza della Repubblica? Spero che non venga mai eletto. È stato il braccio destro di Craxi, è quello che ingegnerizzò le prime leggi ad personam per le televisioni di Berlusconi nell’83-84, si è ritirato dalla politica 80 volte e ci è rientrato 81 volte. È, insomma, il peggiore simbolo della restaurazione della vecchia casta.

 

Sarebbe un segno dell’Italia che ritorna agli anni ’80, altro che rinnovamento. La sua elezione sarebbe devastante anche dal punto di vista simbolico”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, replica allo scrittore Gianrico Carofiglio, che indica Amato come miglior nome papabile al Colle, aggiungendo però che non sarà mai eletto.

 

15/02/2017 - GIULIANO AMATO VINCE LA CAUSA CONTRO IL FATTO QUOTIDIANO

Huffington Post.it

GIULIANO AMATO 3

Giuliano Amato, giudice della Corte costituzionale, ha vinto in primo grado la causa contro il Fatto Quotidiano. L'ex premier aveva portato in tribunale il giornale diretto da Marco Travaglio a proposito di 16 articoli che, a partire dal settembre 2013, quando è arrivata la designazione di Amato alla Consulta, il Fatto ha dedicato al dottor Sottile, ricostruendone la lunga carriera.

 

Nelle motivazioni della sentenza, il tribunale di Roma riconosce la sussistenza del “dolo intenzionale, espressione della volontà di offendere” e la messa in atto di una vera e propria “campagna denigratoria.

 

mario draghi giuliano amato

L’attore ha dedotto di avere subito esclusivamente danni non patrimoniali evidenziando la lesione dei suoi diritti alla reputazione ma anche all’identità personale, cioè all’insieme di valori morali, culturali e sociali che caratterizzano la persona, distinguendola da ogni altro soggetto e facendone un unicum. Tali tipi di danno sussistono indubbiamente (...)

 

Nella sentenza si sottolinea ancora:

 

(...)non può non riconoscersi la sussistenza del reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa, sussistendone gli elementi oggettivo e soggettivo, che, come noto, il giudice civile può accertare in via incidentale.

 

giuliano amato ult

Ai fini della loro determinazione viene in considerazione, da un punto di vista oggettivo, la gravità delle espressioni diffamatorie inserite negli articoli; il risalto delle notizie riportate ( i brani sono scritti prevalentemente a caratteri cubitali); la ricorrenza del reato di diffamazione a mezzo stampa pluriaggravato con attribuzione di fatti determinati; lo svolgimento dell’attività di magistrato appartenente all’ufficio; 

 

la diffusione del quotidiano “Il Fatto Quotidiano” su tutto il territorio nazionale con distribuzione di un più che consistente numero di copie vendute, circostanza appartenente al notorio. 

 

GIULIANO AMATO

Da un punto di vista del soggetto attivo del reato, viene in considerazione il dolo intenzionale, espressione della volontà di offendere. Dal punto di vista del soggetto diffamato vengono infine in considerazione la sofferenza morale e il patema d’animo con riflessi sulla vita professionale e familiare e del conseguente peggioramento della qualità della vita. Nel caso di specie viene inoltre in considerazione la reiterazione degli articoli lesivi facenti parte di una vera campagna denigratoria.

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