mario draghi rotto il cazzo

DRAGHI DEVE PARLARE, SUBITO! I PARTITI VOGLIONO INCHIAVARDARLO A PALAZZO CHIGI FINO AL 2023. MA COME DAGO-RIVELATO MARIOPIO NON CONCEDE MEZZA PAROLA SUL QUIRINALE ED E’ DILANIATO DA UN DUBBIO AMLETICO (ANDARE AL COLLE O RESTARE AL GOVERNO?) MENTRE AUMENTA IL PRESSING DELLE FORZE POLITICHE – LE URNE A SCRUTINIO SEGRETO RISCHIEREBBERO DI TRASFORMARSI IN UNA LOTTERIA SENZA UN ACCORDO BIPARTISAN (E CON UN GRUPPO MISTO DI OLTRE CENTO PARLAMENTARI) – LA GRANA BERLUSCONI CHE SI SENTE IN CORSA…

FRANCESCO VERDERAMI per il Corriere della Sera

 

MARIO DRAGHI

Una coalizione così compatta non si era mai vista: da Berlusconi a Conte, da Letta a Salvini, in questi giorni i leader dei partiti di maggioranza si sono stretti intorno a Draghi per tenerlo bloccato alla guida del governo «fino al 2023». Più che un abbraccio è un assedio, per impedire al premier di andare al Quirinale.

 

Una risposta inequivocabile a quegli «inequivocabili segnali» che le forze politiche sentono giungere da palazzo Chigi. Esponenti del Pd raccontano che «i consiglieri del presidente del Consiglio da settimane sono in pressing», il segretario dell'Udc Cesa sostiene che «lui si sta muovendo anche di persona», e pure Renzi ha confidato la stessa cosa ad alcuni dirigenti di Iv.

 

Non è ancora chiaro fino a che punto questi «inequivocabili segnali» abbiano fondamento, anche perché al momento Draghi rimane fermo al concetto espresso tempo addietro, e cioè che la partita del Colle sta «nelle mani del Parlamento». Perciò la richiesta avanzata l'altro ieri da Salvini - «ci faccia sapere cosa vuole fare» - è caduta nel vuoto.

 

draghi centro save the children

Come rileva il centrista Lupi «è la politica a dovergli dire eventualmente se intende proporlo come successore di Mattarella». Ma non c'è dubbio che il premier sia al crocevia dei giochi per il Quirinale. E nonostante l'accerchiamento, al crocevia resta. Certo, in questa fase sconta l'handicap dell'assenza di un kingmaker, ed è sempre complicato imbastire delle trattative dovendo fare i registi di se stessi. In più un'antica regola della Corsa ha sempre escluso l'«uomo forte» dalla competizione. Ma i partiti oggi non hanno i numeri e nemmeno i candidati per imporre un'alternativa.

 

sergio mattarella emmanuel macron mario draghi

Almeno questo testimonia uno studio che circola nei gruppi parlamentari. Secondo la mappa, sulla carta il centrosinistra dovrebbe avere dai 7 ai 17 grandi elettori in più rispetto al centrodestra. Insomma, è uno stato di sostanziale parità. In base a questa analisi anche i «quirinabili» maggiormente accreditati - sempre sulla carta - non supererebbero i 450 voti. Inoltre andrebbe conteggiata una fisiologica percentuale di franchi tiratori, valutata attorno al 15-20% per ogni schieramento. Se così stanno le cose, si capisce che le urne a scrutinio segreto rischierebbero di trasformarsi in una lotteria senza un accordo bipartisan. Ecco perché Draghi resta in campo. E il discorso pronunciato ieri da Letta indirettamente lo conferma.

 

mario draghi in visita alla comunita di sant'egidio

Perché è vero che il segretario dem insiste sulla permanenza del premier a palazzo Chigi, ma appellandosi all'«unità della maggioranza» in vista della scelta del capo dello Stato apre di fatto la strada alla candidatura dell'ex presidente della Bce: su quale altro nome infatti potrebbero nel caso convergere il Pd, la Lega, Forza Italia e M5S? Finora - come riconosce un dirigente centrista che partecipa alle trattative - «gli incontri che ci sono stati si sono rivelati altrettante perdite di tempo». È vero, manca più di un mese alla Corsa, ma non si vede all'orizzonte uno straccio di accordo.

 

DRAGHI E LA MOGLIE

La sortita di Letta aveva l'obiettivo di sbarrare la strada a Berlusconi, che intralcia qualsiasi discussione. «Troppo tardi», dicono da Forza Italia. In effetti, nonostante Tajani dica che sia «ancora presto», il Cavaliere si sente già in campo. Nei prossimi giorni si trasferirà in una beauty farm a Merano, e da lì interverrà al convegno sul centrodestra organizzato per il fine settimana dall'Udc.

 

Questi tipi di «ritiri» sono sempre stati il preludio alle iniziative politiche dell'ex premier, che peraltro non fa nulla per nascondere le sue intenzioni: «Quando tornerò - ha preannunciato - sarò in forma strepitosa. Perché io posso fare grande questo Paese. Ho già un programma...».

 

Il Pd è davvero preoccupato. Se non per le reali possibilità di Berlusconi di conquistare il Colle, per il fatto che in queste condizioni - come ha spiegato uno dei maggiorenti dem - «è complicato fare accordi preventivi». E chissà che queste difficoltà non le abbia constatate lo stesso Letta la scorsa settimana, durante l'incontro riservato con la ministra forzista Carfagna. Sebbene di nomi ne circolino tanti, di alternative vere ce ne sono poche: coltivare nel Pd la speranza che Mattarella cambi idea e accetti il reincarico, sconta vari problemi.

 

SILVIO BERLUSCONI AL QUIRINALE MEME

A parte il personale convincimento del capo dello Stato e l'obiezione di Salvini a votarlo, reggerebbe l'idea di un «mandato a termine» per effetto del cambio della Costituzione? E cosa accadrebbe se il centrodestra vincesse le prossime elezioni: a quel punto il presidente della Repubblica lascerebbe l'incarico? Troppi interrogativi per poterci costruire sopra un solido accordo. Così si torna al crocevia. E lì c'è Draghi .

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