matteo salvini e giancarlo giorgetti 8

PER FAR DIGERIRE LA MANOVRA A BRUXELLES GIORGETTI DEVE ARGINARE SALVINI – SUBITO DOPO IL G20, IL GOVERNO DOVRÀ VARARE UNA MANOVRA IN TEMPI RISTRETTISSIMI (AL SENATO NON CI SARÀ TEMPO PER LA DISCUSSIONE) E SOTTO LA LENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA – L’OSTACOLO PRINCIPALE È IL “CAPITONE”, CHE VUOLE PIÙ RISORSE PER RAFFORZARE LA FLAT TAX E AMMORBIDIRE LE REGOLE SULLE PENSIONI. PER QUESTO AL MEF STUDIANO PICCOLE CONCESSIONI PER EVITARE DANNI D'IMMAGINE. RESTA DA CAPIRE SE A SALVINI BASTERÀ…

Alessandro Barbera per “La Stampa”

 

giorgia meloni giancarlo giorgetti 1

Nella narrazione sovranista c'è sempre un momento in cui la realtà prende il sopravvento. Nel caso del governo Meloni è l'agenda internazionale. Il vertice dei Venti in Indonesia cade a meno di un mese dal suo insediamento. Nella folta delegazione di Bali c'è anche il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, che subito dopo il rientro dovrà licenziare la legge di bilancio per il 2023.

 

A Bali ha in programma due incontri: con la collega americana Janet Yellen e la numero uno del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva. La prima, già numero uno della Banca centrale americana, metterà in guardia il leghista dall'aumento dei tassi di interesse americani. A dicembre la Federal Reserve aumenterà il costo del denaro per la quinta volta consecutiva, anche se di un po' meno del previsto: invece di tre quarti di punto, il ritocco sarà «solo» di cinquanta centesimi. Le previsioni del Fondo monetario dicono che l'Italia, insieme alla Germania, nel 2023 rischia la recessione. Di qui la necessità di mettere a punto una legge di bilancio che, senza far saltare i conti pubblici, sia in grado di evitare il peggio.

 

giancarlo giorgetti giorgia meloni

Se l'Italia avesse rispettato le scadenze dell'Unione europea, la bozza della Finanziaria avrebbe dovuto essere consegnata a metà ottobre. Le elezioni di fine settembre hanno imposto agli occhiuti tecnici della Commissione un congruo periodo di attesa. A meno di intoppi, il testo sarà presentato alle Camere a cavallo del 20 novembre, il tempo minimo necessario alla Camera dei deputati (da cui quest' anno partirà l'iter) di emendare la bozza del governo. Tempo per l'esame del Senato non ce ne sarà: le regole del bipolarismo perfetto dovranno soccombere alla necessità di evitare l'esercizio provvisorio.

GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI

 

Il vero ostacolo per Giorgia Meloni e Giorgetti sarà sperare nella clemenza di Matteo Salvini, che vorrebbe più risorse anzitutto per rafforzare la tassa piatta e ammorbidire le regole sulle pensioni. Il mondo intero conosce il contesto: l'enorme tasso di evasione e l'incidenza della spesa previdenziale italiana sul totale della ricchezza prodotta. In entrambi i casi l'Italia è in cima alle classifiche internazionali.

 

Per questo Giorgetti, nonostante le pressioni di Salvini, punta a evitare danni di immagine. Sulla cosiddetta flat tax al Tesoro stanno formulando un'ipotesi che farebbe salve le forme, ovvero un'imposizione fissa sugli incrementi di reddito di lavoratori autonomi e dipendenti. Non ha nulla a che vedere con le aliquote fisse in vigore in alcuni Paesi europei (Estonia e Romania, per citare i casi più noti), ma permetterebbe di abbassare lievemente la pressione fiscale soprattutto su coloro i quali (autonomi in primis) hanno forti oscillazioni delle entrate da un anno all'altro.

 

GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI

Per le pensioni la soluzione è quella anticipata su questo giornale giorni fa: a fronte della conferma di un regime di favore (quota 102 in vece della reintroduzione della legge Fornero) il governo introdurrà incentivi fiscali a favore di chi deciderà di ritardare l'addio al lavoro. L'esperienza di «quota cento», voluta da Salvini durante il primo governo gialloverde è stata disastrosa, soprattutto nel pubblico impiego e fra i medici. È probabile che il governo introduca norme più flessibili, a patto di evitare ad esempio l'ulteriore svuotamento degli ospedali pubblici, da cui arrivano la maggior parte dei pensionandi.

 

giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini

L'idea la si può sintetizzare così: chi, una volta raggiunti i 62 o i 63 anni e i requisiti minimi di contributi, decidesse di rimanere al lavoro fino all'età prevista dalla riforma Fornero (67 anni) potrà contare su una detassazione dei contributi previdenziali pari a circa il dieci per cento, dunque su un incentivo per procrastinare l'uscita dal lavoro. Resta da capire se tutto ciò a Salvini basterà.

giancarlo giorgetti giorgia meloni matteo salvini giancarlo giorgetti e matteo salvini 2MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”