luigi di maio gilet gialli

LO HANNO SFANCULÉ - I “GILET GIALLI” RISPEDISCONO AL MITTENTE IL CORTEGGIAMENTO DI LUIGI DI MAIO PER UN’ALLEANZA ALLE EUROPEE -L'ENDORSEMENT ALLA PROTESTA FRANCESE PER UNA VOLTA AVEVA MESSO IL M5S AL CENTRO DEL DIBATTITO EUROPEO, COSTRINGENDO SALVINI A INSEGUIRE, MA SI STA RIVELANDO UN BOOMERANG DAL PUNTO DI VISTA DELLA STRATEGIA…

Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

GILET GIALLI DI MAIO DI BATTISTA TONINELLI GRILLINI

Adieu, monsieur Di Maiò . È successo un po' come quegli innamoramenti che nascevano a distanza, tra un italiano e una francese, prima che ci fossero gli sms. Una lettera, poi un' altra, la dichiarazione d' amore, infine lui le dice: «Ho preso i biglietti dell' aereo, vengo da te».

 

E lei: «Preferirei di no». Aveva fatto male i suoi calcoli il capo politico del M5S e si è ritrovato al buio senza il giubbotto catarifrangente. I gilet gialli non vogliono cappelli politici e più chiaro di così non potevano dirglielo. In una mitragliata di dichiarazioni, esponenti del movimento di protesta francese di qualsiasi calibro, da quelli identificati come capi alle seconde file, dall' ala più radicale ai moderati, hanno respinto il corteggiamento di Di Maio.

Ieri, il leader nutriva ancora qualche speranza quando ha detto che restava «confermato l'appuntamento con alcuni esponenti dei gilet per capire le loro intenzioni a livello europeo».

di maio di battista

 

Non gli avevano comunicato che anche Patricia Saint-Georges e Yvan Yonnet, non proprio tra i volti più noti, si rifiuteranno di incontrare il vicepremier. Il M5S, tramite l'economista Antonio Rinaldi, li aveva cercati per un incontro nel week-end, a margine del convegno di Roma in cui racconteranno le esperienze di due mesi di lotta, proprio mentre a Parigi andrà in scena l'atto IX della mobilitazione.

 

Le ragioni di questo rifiuto le spiega Yonnet: «Non abbiamo un mandato. Di Maio è un uomo politico». Impossibile non cogliere il classico contrappasso per un Movimento che è stato fondato su un gigantesco "Vaffanculo" ai partiti tradizionali. I sentimenti che muovono i gilet sono gli stessi e per questo essere snobbato così sa ancora più di beffa.

 

GILET GIALLI A ROMA

«Non sono un poliziotto - continua Yonnet - e non posso impedire al cittadino italiano Di Maio di venire a un incontro pubblico». Il vicepremier se vuole può accomodarsi in platea come faranno tutti oggi, ma non ci saranno sponde dai francesi. E così il grillino si trova costretto a ripensare i suoi piani. Non c'è certo la fila per sottoscrivere il Manifesto della democrazia diretta ma almeno Di Maio si può consolare con un effetto collaterale di Brexit, che permetterà di scendere da sette a sei partiti di Paesi diversi necessari per formare un gruppo all'Europarlamento. «Ce ne servono solo altri due» dice Di Maio che, confermano dal M5S, dovrebbe essere lunedì o martedì con Alessandro Di Battista a Strasburgo, dove potrebbe incontrare i Pirati tedeschi.

 

luigi di maio gilet gialli

Alla fine, un'efficace trovata di comunicazione, perché l'endorsement ai gilet gialli per una volta ha centralizzato sul M5S il dibattito europeo, costringendo Matteo Salvini a inseguire, si sta rivelando un boomerang dal punto di vista della strategia. Lo ha intuito lo stesso Di Maio che ora cerca come può di trovare un alibi agli sbarramenti francesi.

 

Prima la moderata Jacline Mouraud, poi il camionista a capo dei più violenti Eric Drouet, che si è rimangiato un' iniziale apertura verso il leader italiano, infine i due ribelli invitati a Roma. Colpa - secondo Di Maio - della ministra Marlène Schiappa che ha insinuato finanziamenti stranieri. «Giusto che si siano smarcati: lo avrei fatto anch'io. Anche perché in realtà li sta finanziando il governo Macron con tutte le assurdità che sta facendo».

 

Di Maio si era illuso che potessero bastare le somiglianze tra i 5 Stelle delle origini e il movimento francese. Ma sono proprio quelle ad aver creato una barriera: «Noi abbiamo aperto a una possibilità, sperando fossero più strutturati - spiega Sergio Battelli - Invece, a parte che noi siamo assolutamente non violenti, loro sono come saremmo stati noi senza il collante di Beppe Grillo».

gilet gialli assaltano la polizia

 

Senza capi, un po' di destra, un po' di sinistra, radicali picchiatori o pacate signore: proprio una di quest' ultime, Mouraud, l'unica a pensare a un partito nato dai gilet, era però stata la prima a respingere Di Maio, considerando la usa «un'ingerenza negli affari interni del nostro Paese». Resta così, un po' malinconica sul profilo Facebook di Di Maio, la foto isolata di Ingrid Levavasseur, presentata come «ex portavoce moderata (una precisazione a cui tengono i 5 Stelle, ndr)», l'unica a oggi convinta che «il messaggio del M5S sia qualcosa di molto potente».

i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 3i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 1gilet gialli 4la ruspa usata dai gilet gialligilet gialli 5gilet giallii gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…