11 settembre 2001

“IL RUOLO DEGLI USA È DESTINATO A RIDURSI". ECCO I MOTIVI. "IL PROBLEMA PRINCIPALE FU LA REAZIONE ECCESSIVA AGLI ATTENTATI DEL 2001” - LO STORICO E POLITOLOGO FRANCIS FUKUYAMA RICORDA L’11 SETTEMBRE: "FU COMMESSO UN GROSSO ERRORE POLITICO CON LE INVASIONI, SOPRATTUTTO DELL’IRAQ. LA MINACCIA DI AL QAEDA FU SOPRAVVALUTATA – DALL’AFGHANISTAN UN BRUTTO RITIRO E BIDEN PAGA IL CONTO DI GUERRE SBAGLIATE O PROTRATTE TROPPO NEL TEMPO" - LA CINA, TRUMP E "IL CANCRO" CHE DIVORA L’AMERICA – VIDEO

 

Massimo Gaggi per corriere.it/sette

 

 

11 settembre 2001 - 9

«Gli Stati Uniti resteranno una grande potenza, ma il loro ruolo nel mondo continuerà a ridursi. È un processo che va avanti da anni: non credo che verrà accelerato dal brutto ritiro da Kabul. Né credo che le altre potenze dell’area, soprattutto la Cina, trarranno vantaggi importanti dal vuoto lasciato dagli americani nell’Asia Centrale. Biden ha commesso errori, certo, ma ha avuto il coraggio di fare la scelta giusta assumendosene i rischi.

 

È il terzo presidente che vuole ritirarsi dall’Afghanistan: i suoi predecessori non l’hanno fatto proprio per il timore di un’uscita caotica. Ma il ritiro era inevitabile: restare non era più sostenibile a meno di non decidere una escalation della presenza militare. C’erano i patti siglati da Trump da rispettare, ma, soprattutto, lo spaventoso aumento delle perdite di vite nell’esercito afghano già prima degli accordi di Doha: insostenibile».

 

11 settembre 2001

 

Francis Fukuyama, il politologo e storico americano di origine giapponese che trent’anni fa fece discutere il mondo col suo La fine della storia pubblicato dopo la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’impero sovietico, quando gli Usa non sembravano più avere rivali, analizza con distacco, dalla sua università di Stanford, in California, i drammatici eventi dell’ultimo mese. Non ignora i drammi umani del presente, ma esplora soprattutto il passato remoto e il futuro per cercare di capire le cause di quanto accaduto e cosa possiamo aspettarci ora.

 

Chi giustifica Biden sostiene che non esistono modi non drammatici e non cruenti di uscire da una guerra persa.

«Certamente il presidente paga il conto di guerre sbagliate o comunque protratte troppo nel tempo».

 

world trade center

L’illusione neocon dell’esportazione della democrazia.

«Non solo: il problema principale fu la reazione eccessiva agli attentati dell’11 settembre 2001. La minaccia del terrorismo di Al Qaeda fu molto sopravvalutata, così come fu sopravvalutata la possibilità di ottenere risultati politici usando la forza militare».

 

 

Sono passati vent’anni. Dov’era lei quel giorno? Come reagì?

«Allora insegnavo a Washington. L’università era abbastanza vicina al Pentagono e dalla finestra vidi la colonna di fumo dell’aereo fatto precipitare dai terroristi. Uscii e la gente era impazzita. Strade chiuse, tornare a casa fu un incubo durato ore. Eravamo tutti terrorizzati. Non era un attentato come altri. Come quelli degli estremisti palestinesi o dell’IRA nell’Irlanda del Nord: violenza, cattura di ostaggi, trattative.

 

Qui era diverso: c’era l’evidente obiettivo di fare strage di americani e se un giorno ne avevano uccisi tremila, il giorno dopo ne potevano ammazzare 300 mila o tre milioni. Si cominciò a temere che i terroristi potessero avere accesso ad ordigni nucleari o a una bomba “sporca”, radioattiva, o ad armi batteriologiche. È di quegli stessi giorni anche la minaccia delle buste all’antrace: ci sentivamo assaliti da tutti i lati. Poi abbiamo scoperto che non era così, ma c’è voluto tempo per capirlo.

 

foto rare dell 11 settembre 7

Guardando ora le cose col distacco degli anni trascorsi, vediamo che fu commesso un grosso errore politico con le invasioni, soprattutto l’Iraq: quella del terrorismo era, in realtà, una minaccia limitata, anche se condotta con azioni spettacolari per la loro ferocia. Abbiamo scoperto che Al Qaeda e gli altri gruppi non solo non erano in grado di procurarsi armi sofisticate, ma non avevano nemmeno un reale peso politico nel mondo arabo».

 

Gli attentati, comunque, sono stati numerosi, anche in Europa. Poi è arrivato l’Isis, ora diffuso anche in Afghanistan. Non rischiamo una nuova onda di terrore jihadista, magari capace di arrivare negli Usa e di pesare sulle prossime elezioni?

«Non credo. Oggi il terrorismo organizzato riesce a colpire solo in Paesi privi di una solida organizzazione statale, dalla Somalia al Mali. Non ci sono più stati grandi attacchi in Europa e nemmeno negli Stati arabi più strutturati. Talebani che abbandonano il terrorismo solo a parole? C’è chi cita come prova la liberazione dei reclusi delle prigioni afghane. Ma a me risulta che, quando hanno aperto i cancelli, i talebani hanno fatto uscire tutti ma non i capi dell’Isis-K, eliminati con esecuzioni sommarie».

 

foto rare dell 11 settembre 6

Il ritiro americano lascia comunque un vuoto in Asia Centrale: non ne trarranno vantaggio i Paesi dell’area e le due potenze Cina e Russia?

«Il caotico ritiro americano può avere offerto qualche piccolo vantaggio diplomatico a Pechino e a Mosca, ma non vedremo nulla di simile all’influenza che Urss e Stati Uniti hanno avuto quando hanno occupato l’Afghanistan: nessuno si vuole più avvicinare troppo.

 

Hanno imparato tutti che quel Paese è come un porcospino: c’è sempre più da perdere che da guadagnare. Poi, certo, la Cina cercherà di stabilire rapporti economici perché il Paese ha importanti risorse minerarie ed è geograficamente collocato in un’area importante per le rotte della Belt & Road Initiative di Pechino. Non mi pare un fattore sostanziale».

 

Un altro timore: Pechino, imbaldanzita dalla sconfitta e dal ritiro degli Usa, che attacca Taiwan. Possibile?

«Possibilissimo e io lo temo da tempo, ma non credo che un eventuale detonatore possa essere l’Afghanistan. La Cina non ha mai fatto mistero di puntare alla piena sovranità sull’isola. Sperava di arrivarci in modi pacifici, ma ormai Taiwan è una potenza economica e la brutale repressione a Hong Kong rende uno sbocco concordato impraticabile. Non so come finirà. So che Biden ha giustificato il disimpegno da Kabul anche con la necessità di concentrare l’attenzione sul contenimento dei grandi avversari degli Stati Uniti. Mi auguro che sia così, ma non so se riuscirà».

 

foto rare dell 11 settembre 5

Taiwan è strategica per l’Occidente, soprattutto per la fornitura di microchip. Davvero rischia l’invasione? E gli Usa, da sempre impegnati a difenderla, resterebbero a guardare?

«La Cina ha la forza militare per riprendersi l’isola. Non credo che in caso di attacco gli Stati Uniti si impegnerebbero in una vera guerra. Il punto, quindi, è capire se quello che l’America sta facendo, e farebbe ancora di più in caso di attacco, per armare l’isola sarà un deterrente sufficiente a fermare la Cina. Io sono piuttosto pessimista».

 

foto rare dell 11 settembre 16

In un saggio scritto per l’Economist lei si dice convinto che crisi e ritirata dell’America dipendano dai suoi problemi interni – la polarizzazione, l’involuzione dei processi democratici – assai più che dalle turbolenze nei rapporti internazionali. Non considera di per sè un dramma la fine dell’egemonia Usa – i periodi di unipolarismo sono eccezioni nella storia del mondo – e si augura che il Paese, recuperata coesione, riesca a mantenere, in partnership con altri, il mondo su un binario pacifico e di valori democratici condivisi. Poi, però, parlando dei problemi degli Usa, utilizza un termine definito: metastasi.

«È vero, c’è un cancro che divora l’America: la sua polarizzazione interna. Il problema principale viene dai repubblicani: un partito impazzito. Era internazionalista, mentre ora i più considerano i vaccini parte di una cospirazione globale contro gli Stati Uniti: una follia. Gli americani non si sono mai fidati molto dei governi, ma ora siamo passati dallo scetticismo a teorie cospirative insensate, eppure condivise da molti. Poi si diffonde anche una pericolosa radicalizzazione a sinistra che, se prende piede, minerà l’identità nazionale.

 

francis fukuyama

Guardi la disputa che contrappone il 1619 al 1776, l’anno dell’indipendenza, come origine della nazione: è lo scontro tra chi crede che l’America sia fondata sulla battaglia per la libertà e chi ritiene che sia stata costruita sulla schiavitù. Così il progetto di democrazia multirazziale nato dopo l’era dei diritti civili va in frantumi».

 

È a rischio anche il soft power dell’America, quell’influenza, teorizzata da Joseph Nye, che affascinava il mondo, legata a un insieme di valori democratici e fattori culturali, alla musica, alla letteratura, alla tecnologia, alle suggestioni di Hollywood?

«L’erosione del soft power dell’America non è cominciata di certo a Kabul: è un processo che va avanti da almeno 7-8 anni. Aggravato da Trump che ha deliberatamente sabotato la reputazione degli Usa nel mondo. Ferite che Biden promette di curare. Non so se riuscirà, anche perché l’anno prossimo con ogni probabilità perderà, almeno alla Camera, la maggioranza della quale oggi gode in Congresso. Vedo più rischi di paralisi che opportunità di rinascita».

Osama bin LadenLO STORICO FRANCIS FUKUYAMAtalebani 7FRANCIS FUKUYAMAbiden trumptalebani 3FRANCIS FUKUYAMAtalebani in marcia verso kabultalebani 5

foto rare dell 11 settembre 15foto rare dell 11 settembre foto rare dell 11 settembre 1foto rare dell 11 settembre 11foto rare dell 11 settembre 10foto rare dell 11 settembre 12

Ultimi Dagoreport

andrea orcel unicredit giorgiia meloni giovanbattista fazzolari giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone lovaglio milleri

DAGOREPORT - SUL RISIKO BANCARIO, DI RIFFA O DI RAFFA, L’ARMATA BRANCA-MELONI HA FATTO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA - DI SICURO, NON POTRÀ PIÙ FAR RIDERE I POLLI BLATERANDO CHE UNICREDIT È UNA BANCA STRANIERA, QUINDI L’OPA SU BANCO BPM VA STOPPATA PERCHÉ È UNA MINACCIA PER LA ‘’SICUREZZA NAZIONALE’’ - PROSSIMAMENTE IL CEO DI UNICREDIT, ANDREA ORCEL, AVRÀ MANI LIBERE PER SCEGLIERE QUALE BANCA PAPPARSI, MENTRE NEI PROSSIMI DUE MESI I GENI DI ‘’PA-FAZZO” CHIGI AVRANNO I NEURONI MOLTO IMPEGNATI PER RISPONDERE CON UNA MODIFICA DELLA LEGGE (CHISSÀ SE AVRÀ EFFETTO RETROATTIVO) ALLA PROCEDURA D'INFRAZIONE DI BRUXELLES - SE POI ORCEL SARÀ COSTRETTO DAL GOVERNO DI BERLINO A VENDERE LA SUA PARTECIPAZIONE IN COMMERZBANK, UNA VOLTA INTASCATO IL RICCO BOTTINO, LE OPZIONI SULLA SUA SCRIVANIA PER EVENTUALI ACQUISIZIONI SAREBBERO SENZA FRONTIERE. E NULLA VIETEREBBE A UNICREDIT DI LANCIARE UNA RICCA OPA SU MPS DI LOVAGLIO-CALTAGIRONE-MEF, OBIETTIVO GENERALI: SAREBBE LA MASSIMA RIVINCITA DI ORCEL SUL GOVERNO SMANDRAPPATO DEL GOLDEN POWER…

beatrice venezi secolo d italia libero verita italo bochino fenice venezia

DAGOREPORT - DI PIÙ STUPEFACENTE DELLA DESTRA CI SONO SOLO I SUOI GIORNALI MALDESTRI. SULLA VICENDA VENEZI A VENEZIA, PRODUCONO PIÙ BUFALE CHE NELL’INTERA CAMPANIA - SI SORRIDE SULLA RINASCITA DEL TEATRO LA FENICE CON “LIBERO” E “LA VERITÀ” MA LA RISATA (PIU’ PERNACCHIO) ARRIVA COL “SECOLO D’ITALIA”: “BUONA LA PRIMA: 7 MINUTI DI APPLAUSI PER VENEZI”. PECCATO CHE NON DIRIGESSE AFFATTO LEI, LA “BACCHETTA NERA”, MA IVOR BOLTON, COME C’È SCRITTO PERFINO NEL PEZZO. INCREDIBILE MA VERO. PERÒ LÌ SOTTO C’È LA GERENZA DEL GIORNALE, DOVE SI SCOPRE CHE NE È DIRETTORE EDITORIALE TALE BOCCHINO ITALO. E ALLORA TUTTO SI SPIEGA

giuseppe conte rocco casalino marco travaglio roberto fic o todde paola taverna elly schlein

DAGOREPORT - DOVE STA ANDANDO A PARARE QUELL’AZZECCAGARBUGLI DI GIUSEPPE CONTE? ALL’INTERNO DEL M5S SI CONTRAPPONGONO DUE POSIZIONI: LA LINEA MOVIMENTISTA ED EUROSCETTICA SQUADERNATA DAGLI EDITORIALI DI MARCO TRAVAGLIO, CONVINTO COM'È CHE IL "CAMPOLARGO" SIA UNA DISGRAZIA PEGGIORE DELL'ARMATA BRANCA-MELONI; CHE HA UNA CERTA PRESA SULLA BASE DEGLI ELETTORI EX GRILLINI - DALL’ALTRA, LA LINEA DI TAVERNA, FICO, PATUANELLI E TODDE, IN SINTONIA CON LA BASE PARLAMENTARE DEI CINQUE STELLE, FAVOREVOLE A UN ACCORDO PROGRAMMATICO DI GOVERNO CON IL PD, ANCHE AL DI LÀ DEL FATTO CHE CONTE SIA, VIA PRIMARIE, IL CANDIDATO PREMIER DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA (GOVERNARE SIGNIFICA CONQUISTARE POTERE, POSTI E PREBENDE) – PERCHÉ CONTE ZIGZAGHEGGIA BARCAMENANDOSI CON SUPERCAZZOLE PRIMA DI STRINGERE UN APERTO ACCORDO PROGRAMMATICO COL PD? - COME MAI TA-ROCCO CASALINO, L’APPRENDISTA STREGONE RASPUTINIANO CHE HA CONFEZIONATO PER ANNI LE MASCHERE DEL CAMALEONTISMO DI “CONTE PREMIER”, HA MOLLATO ''LA POCHETTE DAL VOLTO UMANO'' PER FONDARE UN GIORNALE ONLINE?

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...