“SALVINI SI È CONVERTITO SULLA VIA DI BRUXELLES PER POTER ASPIRARE A GUIDARE IL GOVERNO” - ROBERTO D’ALIMONTE SPIEGA L’INVERSIONE A "EU" DEL “CAPITONE”: “LA SCELTA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SPETTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E LA PRETESA DI SALVINI ALLA PREMIERSHIP PASSERÀ DI LÌ. FRATELLI D’ITALIA POTREBBE DIVENTARE IL PRIMO PARTITO. VEDO PIÙ DIFFICILE CHE LA MELONI DIVENTI PREMIER. POTREBBE PESARE IL FATTORE EUROPEO…”

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Fausto Carioti per “Libero quotidiano”

 

ROBERTO DALIMONTE ROBERTO DALIMONTE

Roberto D' Alimonte è uno dei più noti scienziati della politica. Insegna alla Luiss e ha fondato il Centro italiano studi elettorali, dal quale osserva evoluzioni e involuzioni dei partiti. Fa un avvertimento e una previsione.

 

Il primo è per i progressisti: con le «coalizioni acchiappatutti» si va poco lontano. La previsione è sul centrodestra: il «fattore Europa» peserà, e in vista dell' approdo a palazzo Chigi promette di portare più fortuna a Matteo Salvini che a Giorgia Meloni.

 

ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE

Professore, Enrico Letta intende creare un "nuovo Ulivo", nel quale il Pd convive con il M5S e con una folla di partitini. Le alleanze affollate e litigiose fecero vincere Romano Prodi, ma furono anche la sua condanna. La sinistra non corre il rischio di replicare quell' esperienza, per di più senza una figura carismatica come quella di Prodi?

«Sono completamente d' accordo. Le "coalizioni acchiappatutti" servono forse a vincere, ma non a governare. Prodi insegna. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Se resta l' attuale sistema, con i suoi collegi uninominali, avere un leader che tenga insieme i pezzi è importante.

ROMANO PRODI E ENRICO LETTA ROMANO PRODI E ENRICO LETTA

 

I partiti devono scegliere candidati comuni e gli elettori devono votare il candidato, anche se non appartiene al partito che preferiscono. Serve quindi un leader carismatico, che faccia da collante della coalizione».

 

L' impressione è che democratici e grillini finiscano per litigarsi gli stessi elettori. Anche perché Letta si è detto disposto a lasciare la leadership dell' alleanza a Conte, se prenderà più voti di lui.

joe biden joe biden

«Quello della sovrapposizione elettorale di Pd e M5s è un altro rischio concreto. Bisogna vedere, però, quali saranno il profilo del nuovo Movimento e la risposta degli elettori».

 

Si diceva del carisma: lo aveva Prodi, lo ha avuto Silvio Berlusconi. Vede qualcuno di paragonabile, oggi?

«Assolutamente no».

 

Joe Biden è privo di carisma, eppure è diventato presidente degli Stati Uniti.

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI BY GIANBOY GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI BY GIANBOY

«Non è una condizione necessaria e non è nemmeno una condizione sufficiente, ma un leader carismatico pesa, e non solo perché, appunto, fa da collante.

 

Era così anche in passato. Enrico Berlinguer, per esempio, è stato un leader carismatico, ma allora contavano di più l' ideologia, le strutture di partito, l' appartenenza. Il carisma del leader è diventato più importante ora che i partiti e tanti elettori non hanno più punti di riferimento ideologici forti, le organizzazioni partitiche sono evanescenti, o inesistenti, e i social media sono dominanti».

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Letta ha detto che il Pd «non sarà più il partito del potere e delle Ztl». Periferie e provincia, infatti, guardano sempre di più a Fratelli d' Italia e alla Lega, e al Sud non sembrano mollare i Cinque Stelle. Crede che i temi prioritari di Letta, come ius soli e parità di genere, possano ridare al Pd presenza in quelle aree?

MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI

«No. Sono temi importanti, ma non sono salienti per gli elettori delle periferie. Immigrazione, sicurezza e identità invece lo sono, e su questi temi il Pd è meno credibile dei suoi rivali.

 

E anche sulla questione delle tasse, che è rilevante soprattutto nel settore del lavoro autonomo, il Pd è in svantaggio. In ogni caso bisogna vedere cosa succederà dopo la fine della pandemia. Come i partiti sapranno gestire i problemi creati dal suo impatto sul sistema economico e sociale».

 

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L' altra grande divisione territoriale riguarda il Nord. Lei ha scritto che lì «il centrosinistra continua a non essere competitivo, anche con l' aggiunta del M5S». Cos' è che fa la differenza? I programmi o le persone?

«La storia, i programmi, le persone, la credibilità sui temi che contano: tutto fa la differenza. Aggiungo che la distinzione centro-periferia si applica anche in questo caso. La maggior parte della popolazione del Nord vive in comuni di piccole o medie dimensioni, dove i temi su cui è più credibile il centrodestra hanno più presa. Inoltre nel Nord-Est, la zona dove il Pd è più in difficoltà, la destra ha in mano da tanto tempo le leve del potere e le sa usare. Luca Zaia è un caso emblematico».

 

Anche in Emilia-Romagna e Toscana la sinistra è al potere da molto tempo.

ENRICO LETTA E ROMANO PRODI ENRICO LETTA E ROMANO PRODI

«Però vediamo che qui le basi del potere della sinistra si stanno sgretolando. Mentre alla Lega, nel Nord-Est, questo non succede».

 

A settembre si vota in cinque città importanti, inclusa Bologna. Si stupirebbe se il prossimo sindaco bolognese fosse espressione del centrodestra?

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«Non mi stupirei affatto. È già successo con Giorgio Guazzaloca in un' epoca in cui la sinistra a Bologna era molto più forte di oggi. Con il fatto che il sindaco uscente non si può ricandidare la partita è aperta. E questo vale non solo a Bologna. Aspettiamo di vedere chi saranno i candidati».

 

Il fenomeno più importante di questa legislatura è stato il crollo del M5S. I sondaggi gli attribuiscono oggi un numero di elettori dimezzato rispetto al voto del 2018. Come se lo spiega?

enrico letta giuseppe conte enrico letta giuseppe conte

«Fino al 2018 il M5S era stato in grado di prendere voti da destra, sinistra e centro. Era il vero "partito della nazione", con il suo profilo post-ideologico. Andato al governo è naturale che abbia perso consensi, soprattutto alla sua destra. Governare vuol dire scegliere e scegliere vuol dire accontentare qualcuno e scontentare altri. Al governo si vede quello che sai fare e non basta quello che sai promettere».

 

L' innesto di un moderato come Conte in un movimento populista può invertire questo processo?

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«La attuale metamorfosi del M5S è un rebus. Conte stesso è un rebus. Lo abbiamo visto all' opera come presidente del Consiglio e tutto sommato se l' è cavata, ma fare il leader di partito è tutta un' altra storia. Per di più di un partito così particolare.

 

Quale profilo avrà il M5S di Conte è tutto da vedere. Per ora è un partito diviso che deve sciogliere nodi difficili, come il rapporto con Rousseau/Casaleggio e la questione del limite dei mandati».

GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

 

Pure il centrodestra ha le sue divisioni, tra chi sta al governo con Mario Draghi e chi no. Rischia di pagarne il prezzo alle prossime politiche?

«È difficile rispondere, mancano basi empiriche solide. Posso dire, intuitivamente, che gli elettori del centro-destra sono tolleranti. In passato Fi e Lega si sono divise. Lo hanno fatto al tempo di Mario Monti, eppure si sono presentate unite alle elezioni del 2013.

 

ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA

Al tempo del Conte 1, Forza Italia e Fdi sono rimaste all' opposizione. Se la legge elettorale non cambia e non ritorna il proporzionale, alle prossime elezioni si presenteranno di nuovo uniti. E si vedrà se gli elettori premieranno di più la Meloni o Salvini. In ogni caso, l' esito del voto dipenderà anche da fattori oggi imponderabili».

 

Stando all' opposizione Fratelli d' Italia può diventare il primo partito? E Giorgia Meloni può essere il primo premier donna?

«Fdi potrebbe diventare il primo partito. Vedo più difficile che la Meloni diventi premier. È vero che, se resta l' attuale sistema elettorale, anche a destra potrebbe valere il principio che il leader del partito con più voti guidi il governo. Secondo me, però, potrebbe pesare il fattore europeo».

 

È così importante la variabile Ue?

ENRICO LETTA E ROMANO PRODI ENRICO LETTA E ROMANO PRODI

«Per me è molto rilevante e per questo faccio un' ipotesi. Salvo sorprese, che non si possono mai escludere, è probabile che il centrodestra si presenti alle prossime elezioni articolato in due componenti: una più filo-europea, formata da Forza Italia e Lega, e un' altra più euroscettica, rappresentata dalla Meloni. È difficile che Fdi riesca ad avere più voti di Fi e Lega messe insieme. E questo potrebbe costituire un motivo per escludere la Meloni dalla premiership».

 

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Salvini ha deciso di appoggiare il governo Draghi per avere più probabilità di fare il premier?

«A mio avviso Salvini si è convertito sulla via di Bruxelles proprio per poter aspirare a guidare il governo.

 

La scelta del presidente del Consiglio spetta al presidente della repubblica e la pretesa di Salvini alla premiership passerà di lì, indipendentemente da chi ha preso più voti, se il leader della Lega sarà riuscito a essere convincente sulla sua conversione all' europeismo, per quanto critico. Adesso, però, per non lasciare troppo spazio alla Meloni, deve trattenere i voti di chi guarda a Bruxelles con sospetto. Partita affascinante e complicata».

 

GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI

Ritiene possibile un accordo tra i grandi partiti per introdurre una legge elettorale capace di garantire governabilità al Paese?

«Sono scettico. In ogni caso, io non ho cambiato idea. Da tempo sostengo che in questo momento della nostra storia il sistema più adatto per cercare di favorire la governabilità sia un sistema proporzionale a due turni con premio di maggioranza».

 

Ci sono stati i primi contatti, è una delle proposte sul tavolo.

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«Ho visto, ma il fantasma del proporzionale continua ad aleggiare. Sono in tanti a volerlo e con una soglia bassa. A pochi interessano la stabilità degli esecutivi e la governabilità del Paese. Eppure, se vogliamo fermare il declino, dobbiamo necessariamente fare in modo che i nostri governi durino di più. Solo così potranno essere in condizione di programmare il futuro e di pesare nelle sedi internazionali che contano».

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