luigi di maio

LUIGINO, MA CHE TI INVENTI? - SONO ALMENO DUE LE DIRETTIVE EUROPEE CHE VERREBBERO VIOLATE (CON TANTO DI SANZIONE PER L'ITALIA) SE IL REDDITO DI CITTADINANZA, COME HA ASSICURATO IL M5S, SMENTENDO IL MINISTRO GIOVANNI TRIA, NON FOSSE GARANTITO ANCHE AGLI IMMIGRATI REGOLARI - E SECONDO ALCUNE INTERPRETAZIONI, PERSINO QUELLI NON DEL TUTTO REGOLARI, MA CHE ABBIANO FATTO RICHIESTA DI ASILO NE AVREBBERO DIRITTO - IL RISCHIO RICORSI

Elisa Calessi per “Libero quotidiano”

 

LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI

Sono almeno due le direttive europee che verrebbero violate - con tanto di sanzione per l' Italia - se il reddito di cittadinanza, come ha assicurato il M5S, smentendo il ministro Giovanni Tria, non fosse garantito anche agli immigrati. Se poi non bastasse, la stessa giurisprudenza italiana, che si basa sulla Costituzione italiana, su sentenze della Corte costituzionale e della Cassazione, impedirebbe un trattamento diverso tra italiani e stranieri. Come molti giuristi in queste ore ripetono: se il Parlamento istituisce un qualunque sostegno al reddito, non possono essere esclusi gli immigrati regolari.

luigi di maio

 

E secondo alcune interpretazioni, persino quelli non del tutto regolari, ma che abbiano fatto richiesta di asilo, di protezione per motivi umanitari o di soggiorno per ricongiungimento familiare. Infine, se tutto questo fosse ignorato, c' è sempre la possibilità di un ricorso a un qualunque tribunale. Strada che già in tanti, tra i migranti, hanno minacciato di percorrere nel caso in cui il reddito di cittadinanza, una volta istituito, fosse precluso agli stranieri. Insomma ha ragione il ministro Tria. Vediamo perché.

il palazzo della commissione europea a bruxelles

 

RISCHIO RICORSI

Cominciamo dalle leggi europee, che sono fonte di diritto primario per gli stati che appartengono alla Ue, dunque anche per l' Italia. Il primo paletto che impedisce di escludere gli stranieri dal reddito di cittadinanza è la direttiva europea n.109 del 2003, vincolante per l' Italia. Stabilisce che i migranti con soggiorno lungo, circa il 65% di quelli presenti nel nostro Paese, hanno gli stessi diritti degli italiani quando si tratta di prestazioni sociali.

 

La direttiva Ue, infatti, stabilisce che i soggiornanti di lungo periodo godono «dello stesso trattamento dei cittadini nazionali» per quanto riguarda «l' esercizio di un' attività lavorativa», «l' istruzione e la formazione professionale», «il riconoscimento dei diplomi» e di altri titoli professionali, «le prestazioni sociali, l' assistenza sociale», «le agevolazioni fiscali» e infine «l' accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico», compresa la «procedura per l' ottenimento di un alloggio».

immigrati

 

Motivo per cui nei Comuni le graduatorie per le case popolari sono aperte anche agli stranieri con regolare permesso di soggiorno. C' è poi un' altra direttiva che impedisce l' esclusione degli stranieri da prestazioni sociali, come sarebbe il reddito di cittadinanza. È la n. 98 del 2011: riguarda soprattutto chi ha un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o altro (da rinnovare periodicamente).

 

immigrati marocchini

Per loro si prevedono una serie di misure di sostegno: dall' assistenza sanitaria alle «prestazioni di maternità e di paternità assimilate» così come «le prestazioni d' invalidità; le prestazioni di vecchiaia e le prestazioni di disoccupazione». Il reddito di cittadinanza non può non rientrare in questo elenco, essendo finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro.

 

Ma non è solo l' Europa a impedire un trattamento diverso per italiani e stranieri. Sentenze della Corte costituzionale o dei tribunali confermano questo orientamento. Qualunque prestazione sociale, di aiuto al reddito, al lavoro decisa dallo Stato non può escludere immigrati con regolare permesso di soggiorno.

Non a caso il bonus bebè o gli 80 euro istituiti dal governo Renzi vennero estesi pure agli immigrati. Non solo.

 

La Cassazione, con la sentenza 169997 del 2017, ha stabilito che gli stranieri hanno diritto all' indennità di disoccupazione se in un periodo fanno rientro nel Paese d' origine. Un verdetto che diede torto all' Inps che chiedeva di interrompere l' assegno nel caso in cui lo straniero andasse via dall' Italia.

cassazione

 

I DUBBI DEL COLLE

Del resto, sostengono molti giuristi, è la stessa Costituzione a impedire ogni discrezionalità: l' articolo 2, infatti, prevede che la Repubblica riconosca e garantisca i diritti inviolabili di ciascuno, senza distinguere tra italiano e straniero; l' articolo 10, comma 2, prevede che la condizione giuridica di straniero sia regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

 

Poi c' è l' articolo 3, quello che stabilisce l' uguaglianza, principio che vale per tutti, stranieri compresi. Ci sono poi montagne di sentenze che estendono questi principi agli immigrati. Per citarne una, la n. 54 della Corte costituzionale del giugno 1979: gli stranieri sono titolari degli stessi diritti inviolabili che riguardano ciascun uomo.

MATTARELLA E LUIGI DI MAIO

 

È vero che si riconoscono differenze di trattamento, ma non per quanto riguarda i «diritti fondamentali». E il lavoro è uno di questo. Così come la sanità, l' istruzione, la sicurezza.

Se poi il governo dovesse ignorare tutto questo, ci sarebbero due problemi. La firma del presidente della Repubblica, che deve garantire la conformità di una legge con la Costituzione. E poi il vaglio della Consulta, che verrebbe sommersa dai ricorsi (già minacciati da decine di associazioni). Insomma, ha ragione Tria. Se mai verrà istituito, il reddito di cittadinanza dovrà essere esteso agli stranieri.

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