1. LE MEMORIE DELL’EX MINISTRO DEL TESORO USA GEITHNER: NELL’AUTUNNO DEL 2011, QUANDO LA CRISI ECONOMICA AVEVA PORTATO L’EURO AD UN PASSO DAL BARATRO, ALCUNI FUNZIONARI EUROPEI CI PROPOSERO DI FAR CADERE BERLUSCONI. OVVIAMENTE DISSI A OBAMA CHE NON POTEVAMO STARCI (L’ASSE CON DRAGHI PER SALVARE L’UNIONE E L’ECONOMIA GLOBALE) 2. ’I THINK SILVIO IS RIGHT”, DISSE NEL 2011 DURANTE IL SUMMIT G20 DI CANNES OBAMA, SCHIERANDOSI COL GOVERNO DI BERLUSCONI CONTRO L’IDEA DI LASCIAR COMMISSARIARE L’ITALIA DAL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE. LA DECISIONE SPINSE LA CANCELLIERA “NELL’ANGOLO”, FINO AL PUNTO CHE LA VOCE DELLA MERKEL FU ROTTA DALLE LACRIME 3. “LA MERKEL INSISTEVA CHE IL LIBRETTO DEGLI ASSEGNI DELLA GERMANIA ERA CHIUSO”, ANCHE PERCHÉ “NON LE PIACEVA COME I RICETTORI DELL’ASSISTENZA EUROPEA - SPAGNA, ITALIA E GRECIA - STAVANO FACENDO MARCIA INDIETRO SULLE RIFORME PROMESSE”

1. L'EX MINISTRO DEL TESORO USA GEITHNER: FUNZIONARI EUROPEI CI PROPOSERO DI FAR CADERE SILVIO BERLUSCONI
Paolo Mastrolilli per lastampa.it


Nell'autunno del 2011, quando la drammatica crisi economica aveva portato l'euro ad un passo dal baratro, alcuni funzionari europei avvicinarono il ministro del Tesoro americano Geithner, proponendo un piano per far cadere il premier italiano Berlusconi. Lui lo rifiutò, come scrive nel suo libro di memorie appena pubblicato, e puntò invece sull'asse col presidente della Bce Draghi per salvare l'Unione e l'economia globale.

«Ad un certo punto, in quell'autunno, alcuni funzionari europei ci contattarono con una trama per cercare di costringere il premier italiano Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i presti dell'Fmi all'Italia, fino a quando non se ne fosse andato». Geithner, allora segretario al Tesoro Usa, rivela il complotto nel suo saggio «Stress Test», uscito ieri. Una testimonianza diretta dei mesi in cui l'euro rischiò di saltare, ma fu salvato dall'impegno del presidente della Bce Mario Draghi a fare «tutto il necessario», dopo diverse conversazioni riservate con lo stesso Geithner.

I ricordi più drammatici cominciano con l'estate del 2010, quando «i mercati stavano scappando dall'Italia e la Spagna, settima e nona economia più grande al mondo». L'ex segretario scrive che aveva consigliato ai colleghi europei di essere prudenti: «Se volevano tenere gli stivali sul collo della Grecia, dovevano anche assicurare i mercati che non avrebbero permesso il default dei paesi e dell'intero sistema bancario». Ma all'epoca Germania e Francia «rimproveravano ancora al nostro West selvaggio la crisi del 2008», e non accettavano i consigli americani di mobilitare più risorse per prevenire il crollo europeo.

Nell'estate del 2011 la situazione era peggiorata, però «la cancelliera Merkel insisteva sul fatto che il libretto degli assegni della Germania era chiuso», anche perché «non le piaceva come i ricettori dell'assistenza europea - Spagna, Italia e Grecia - stavano facendo marcia indietro sulle riforme promesse».

A settembre Geithner fu invitato all'Ecofin in Polonia, e suggerì l'adozione di un piano come il Talf americano, cioè un muro di protezione finanziato dal governo e soprattutto dalla banca centrale, per impedire insieme il default dei paesi e delle banche. Fu quasi insultato.

Gli americani, però, ricevevano spesso richieste per «fare pressioni sulla Merkel affinché fosse meno tirchia, o sugli italiani e spagnoli affinché fossero più responsabili». Così arrivò anche la proposta del piano per far cadere Berlusconi: «Parlammo al presidente Obama di questo invito sorprendente, ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello. "Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani", io dissi».

A novembre si tenne il G20 a Cannes, dove secondo il Financial Times l'Fmi aveva proposto all'Italia un piano di salvataggio da 80 miliardi, che però fu rifiutato. «Non facemmo progressi sul firewall europeo o le riforme della periferia, ma ebbi colloqui promettenti con Draghi sull'uso di una forza schiacciante».

Poco dopo cadde il premier greco Papandreu, Berlusconi fu sostituito da Monti, «un economista che proiettava competenza tecnocratica», e la Spagna elesse Rajoy. A dicembre Draghi annunciò un massiccio programma di finanziamento per le banche, e gli europei iniziarono a dichiarare che la crisi era finita: «Io non la pensavo così».

Infatti nel giugno del 2012 il continente era di nuovo in fiamme, perché i suoi leader non erano riusciti a convincere i mercati. «Io avevo una lunga storia di un buon rapporto con Draghi, e continuavo ad incoraggiarlo ad usare il potere della Bce per alleggerire i rischi. "Temo che l'Europa e il mondo guarderanno ancora a te per un'altra dose di forza bancaria intelligente e creativa", gli scrissi a giugno.

Draghi sapeva che doveva fare di più, ma aveva bisogno del supporto dei tedeschi, e i rappresentanti della Bundesbank lo combattevano. Quel luglio, io e lui avemmo molte conversazioni. Gli dissi che non esisteva un piano capace di funzionare, che potesse ricevere il supporto della Bundesbank.

Doveva decidere se era disponibile a consentire il collasso del'Europa. "Li devi mollare", gli dissi». Così, il 26 luglio, arrivò l'impegno di Draghi a fare «whatever it takes» per salvare l'euro. «Lui non aveva pianificato di dirlo», non aveva un piano pronto e non aveva consultato la Merkel. A settembre, però, Angela appoggiò il «Draghi Put», cioè il programma per sostenere i bond europei, che evitò il collasso.


2. "I THINK SILVIO IS RIGHT"
Da "il Foglio"

‘'I think Silvio is right", disse nel 2011 il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, schierandosi con il governo italiano di Silvio Berlusconi contro l'idea di lasciar commissariare Roma dal Fondo monetario internazionale. Tutto ciò accadde durante il summit G20 di Cannes, e spinse la cancelliera tedesca "nell'angolo", fino al punto che la voce di Angela Merkel fu rotta dalle lacrime.

La fonte non è il Mattinale curato dal deputato berlusconiano Renato Brunetta, autorevole e di parte, ma il Financial Times, quotidiano british per antonomasia, Bibbia per gli investitori della City e non soltanto loro. Il quotidiano inglese ha avviato infatti la pubblicazione di una lunga e godibilissima inchiesta - frutto di settimane di interviste e raccontata con lo stile narrativo fly on the wall - su "come l'euro fu salvato". Ieri l'inviato Peter Spiegel ricostruiva le riunioni concitate del G20 che si tenne a Cannes, in Francia, il 3 e il 4 novembre del 2011.

Berlusconi era chiaramente indebolito, nemmeno una settimana dopo si sarebbe dimesso sull'onda di una definitiva impennata del differenziale di rendimento tra Btp italiani e Bund tedeschi, i mercati erano infettati dal panico greco che in quei giorni si era trasmesso anche a Italia e Spagna. Insomma, per la diplomazia del nostro paese quello difficilmente diventerà un momento alto e da ricordare.

Tuttavia lo scambio rivelato dal Financial Times resta significativo per l'oggi. In quel frangente, scrive il quotidiano della City, gli Stati Uniti dissero chiaramente che l'Eurozona doveva mandare un messaggio ai mercati, al di là di quel che avrebbero potuto fare i singoli stati.

Già nel 2011 sarebbe servito innanzitutto che la Banca centrale europea fornisse le stesse garanzie (alle banche, e poi anche ai governi) fornite dalla Federal reserve statunitense dopo il crollo di Lehman Brothers. In subordine, sarebbe stato necessario rafforzare di molto gli scudi anti spread predisposti da Bruxelles. Merkel, sobillata anche dalla ortodossissima Bundesbank, si oppose a entrambe le opzioni.

"Das ist nicht fair", questo non è giusto, avrebbe detto davanti alle pressioni convergenti. Berlino preferiva un commissariamento internazionale dell'Italia. Obama la prese per un'impuntatura irrazionale, diede ragione alle resistenze italiane e alla fine dunque si optò per un comunicato finale vago, in attesa che Mario Draghi un anno dopo imitasse un po' la Fed. Risultato: lo spread continuò a salire, anche dopo che Berlusconi lasciò Palazzo Chigi. Perché Berlino, come dimostra anche la calma attuale dei mercati, alla fine sempre accetta di muoversi per salvare l'euro.

Però lo ha fatto sempre "alla fine", appunto, a pochi metri dal disastro in questo o in quell'altro paese dell'euro. La Germania avanza così per un tornaconto nazionalistico o per la paura atavica di debito e inflazione? Difficile rispondere definitivamente. Certo è che - come sostiene pure l'Amministrazione americana - questo modo di procedere rischia di costare troppo a molti partner della moneta unica.

 

 

STRESS TEST - LIBRO DI TIMOTHY GEITHNERBERLUSCONI-MERKEL-OBAMA-SARKOZYOBAMA E GEITHNER NEL FOTOMONTAGGIO CON LA FRANGETTAOBAMA SARKOZY BERLUSCONI il presidente dell eurogruppo juncker a destra in una rara foto con mario draghi e mario monti aspx g cannes its no movie OBAMA BERLUSCONII mario DRAGHI E MONTI OBAMA BERLUSCONI MARIANO RAJOY E ANGELA MERKELZAPATERO BERLUSCONI SARKOZY MERKEL OBAMA ERDOGAN AL GVENTI DI CANNES jpegberlusconi obama merkel sarko al g BERLUSCONI E I LEADER DEL G8L'intruso di Cannes dal Fatto QuotidianoBUNDESBANKberlusconi obama sarko merkel cameron e altri leader al G jpeg

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