NON CI RESTA CHE TRIVELLARE - PARTE IL PIANO CONTRO IL CARO ENERGIA: RADDOPPIARE LE ESTRAZIONI DI GAS IN TERRA E NELL'OFFSHORE ITALIANO CON L'OBIETTIVO DI COPRIRE IL 10% DEL FABBISOGNO NAZIONALE - LA SVOLTA È VOLUTA DAL MINISTRO CINGOLANI, IL PROBLEMA È CHE GLI ESPERTI SI DIVIDONO E GLI AMBIENTALISTI SONO GIÀ SUL PIEDE DI GUERRA - IL M5S: "COSÌ RIPRENDIAMO A DEVASTARE I MARI E I TERRITORI"

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Michelangelo Borrillo per il "Corriere della Sera"

 

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È solo un primo passo. Ma è certamente nella direzione della transizione energetica: la ripresa delle prospezioni ed estrazioni di gas in terra e nell'offshore italiano sarà accompagnata dal sostanziale stop a nuovi permessi per il petrolio.

 

Un primo passo - quello della pubblicazione del Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee - anche verso l'incremento della produzione del gas italiano a cui il governo sta guardando come una delle armi per contrastare il caro energia.

 

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Arrivato dopo tre anni dalla moratoria imposta nel 2019 dal governo di allora, il Pitesai è una mappa, una sorta di piano regolatore che indica dove sarà consentita l'estrazione di idrocarburi.

 

«Fortemente voluto dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani - come evidenziato da una nota dello stesso ministero - per sanare il «ritardo della sua pubblicazione», non piace al mondo ambientalista, contrario non solo alle trivelle per il petrolio ma anche a quelle per il gas.

 

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Dal punto di vista dei numeri, nel 2021 la produzione nazionale di gas ha raggiunto il minimo dal 1954, 3,2 miliardi di metri cubi (il picco risale al 1991 con 21 miliardi di metri cubi); la ripresa delle estrazioni potrebbe portare a un raddoppio della produzione italiana, arrivando così al 10% circa del fabbisogno nazionale (nel 2021 in Italia sono stati consumati circa 72 miliardi di metri cubi di gas), grazie soprattutto all'aumento delle estrazioni nel Mare Adriatico.

 

roberto cingolani roberto cingolani

Ma sui tempi del raggiungimento dell'obiettivo Nomisma solleva dubbi: «Con queste regole - spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia - ci vorranno anni, forse decenni. Anche se tecnicamente un raddoppio della produzione da 3 a 6 miliardi di metri cubi sarebbe possibile in un anno».

 

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Il piano non divide solo gli esperti ma anche la politica. Da una parte c'è Italia viva che con un tweet del vicepresidente del gruppo alla Camera Marco Di Maio plaude all'iniziativa perché «il governo ha sbloccato il piano delle estrazioni di idrocarburi» e al contempo sottolinea i danni della «furia ideologica di M5S e Lega che lo bloccò nel 2019», facendo perdere «tre anni cruciali»; dall'altra ci sono le critiche del Movimento 5 Stelle che per bocca di Giovanni Vianello, deputato della commissione Attività produttive, sottolinea come «l'Italia fa un disastro e un ulteriore passo indietro nella transizione ecologica» con il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 febbraio.

 

«Air gun e trivelle - aggiunge il parlamentare pugliese - riprenderanno a devastare i mari e i territori italiani, in particolare quelli pugliesi: saranno almeno 11 le istanze di ricerca (9 basso Adriatico, 2 nel Golfo di Taranto, 1 tra Adriatico e Jonio) e 2 le istanze di prospezione (basso Adriatico e Jonio) che, al netto di qualche parziale riperimetrazione, continueranno il loro iter di approvazione. E non verranno fermati i 6 permessi di ricerca già rilasciati, 2 nel basso Adriatico, 1 a largo di Leuca e 3 a largo di Crotone».

 

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