PIAZZA FONTANA ESPLODE ANCORA - SCOPPIA LA POLEMICA TRA L’AUTORE DEL LIBRO-INCHIESTA SU PIAZZA FONTANA, PAOLO CUCCHIARELLI, E ADRIANO SOFRI - CUCCHIARELLI: “ALLA BNA SCOPPIARONO DUE BOMBE” (UNA ANARCHICA CHE SERVÌ DA COPERTURA A QUELLA FASCISTA ARMATA DAI SERVIZI DEVIATI)” - SOFRI SBERTUCCIA: “PRIMA DI PUBBLICARE IL MIO PAMPHLET SULLA “METAFISICA DEL RADDOPPIO”….

1- «NON CI FU UN ORDIGNO SOLO ME LO DISSERO I SERVIZI»
Paolo Cucchiarelli* per il "Corriere della Sera"
*Giornalista, è autore di «Il segreto di Piazza Fontana» (Ponte alle Grazie)

Nella mia inchiesta su Piazza Fontana non ho scambiato lucciole per lanterne. Per realizzare l'inchiesta ho utilizzato fonti pubbliche, sentenze, perizie, interviste. Nessuna imbeccata né «gola profonda», ma solo il lavoro sulle carte e il confronto con tre persone: il primo magistrato a indagare sulla strage, Ugo Paolillo, l'uomo dei servizi segreti del Viminale che intervenne già la sera della strage a Milano, Silvano Russomanno, e un fascista interno alla vicenda. L'ho interpellato poche volte. Mi ha chiesto di non citarlo e così ho fatto anche perché da lui non ho avuto elementi che non fossero già frutto del mio lavoro.

Per iniziare è bastato il dubbio che aveva Emilio Alessandrini, il giudice ucciso da Prima linea nel gennaio del 1979. Alessandrini nella requisitoria scritta nel 1974 si era arreso ai fatti: i reperti, sia pur mischiati, manipolati dei resti delle borse direttamente coinvolte nella esplosione portavano a ipotizzare la presenza di due borse con due bombe.

Ipotesi non valutabile però perché l'unico reperto utile a confermare questa doppia presenza, la cerniera della seconda borsa, era stato fatto sparire dall'ufficio del Tribunale di Milano. Alessandrini aveva tenuto conto della perizia stilata, già nel gennaio del 1970, da Teonesto Cerri, che aveva indicato in due le borse «direttamente coinvolte nella esplosione». Sempre Cerri aveva ritrovato alla Bna parte di una miccia e i frammenti di un timer; due oggetti incompatibili con una sola bomba. All'epoca, si parlò di una «doppia dose di esplosivo». Da questi elementi si è snodata l'inchiesta.

La sintesi è questa: Piazza Fontana fu una operazione di intelligence che mirava a innescare un golpe, attraverso la predisposizione di un colpevole della strage in carne e ossa e di uno politico, la sinistra. Lo schema è quello delle «operazioni sotto falsa bandiera»; l'abc nelle attività dei servizi segreti.

No quindi ai doppi estremismi, no alla riproposizione della pista anarchica, no a «doppie firme» per una sola bomba. Sì a due bombe, una innocua e una assassina; una destinata a scoppiare a banca chiusa e un'altra usata all'impronta. Gli elementi sono moltissimi, a cominciare dal falso manifesto anarchico lasciato il 12 dicembre che compare anche nel film di Giordana che si è liberamente ispirato al libro edito da Ponte alle Grazie.

Ho posto a Russomanno la domanda chiave: «Se io scrivessi che quel giorno a Milano alla Bna c'erano due borse con due bombe?». «Lo scriva, così finalmente ci liberiamo di questa storia, la facciamo finita». M'invitò a contattare Antonino Allegra, «che sa tutto», che però non sono mai riuscito a trovare. Era stato proprio Allegra, mi rivelò Paolillo, a dirgli, poco dopo la strage, che era stato usato un potente esplosivo militare.

L'inchiesta ha individuato quell'esplosivo in mano ai principali protagonisti fascisti di questa vicenda: si tratta del vitezit 30. Il gruppo fascista è stato assolto nell'ultimo processo nel 2004 perché riuscì a dimostrare che l'esplosivo che aveva, pronto all'uso, poco prima della strage e in viaggio verso Milano, non poteva fisicamente entrare nella cassetta che conteneva la gelignite. Il perito degli ordinovisti fu quasi irridente con i magistrati dicendo che quell'esplosivo poteva essere stato utilizzato il 12 dicembre per «altri attentati mai poi effettuati».

Adriano Sofri ha contestato alcuni passaggi del libro. Risponderò pubblicamente. Per ora anticipo io una domanda: che cosa si diceva con Umberto Federico D'Amato quando lo incontrava per - come ha scritto il prefetto - «paurose e notturne bevute di cognac»? Il primo a parlare di quegli incontri è stato Sofri.

D'Amato fu l'organizzatore di alcuni degli elementi utilizzati per la campagna contro il commissario Calabresi che aveva iniziato una sua personale controinchiesta sui retroscena della strage poi sparita dal suo cassetto in questura dopo la morte. Per il seguito rinvio alla risposta a Sofri dato che anche a 43 anni dai fatti credo che ancora si possa aprire questa matrioska che racchiude il destino di tanti.

2- CUCCHIARELLI SI INTERESSA DELLA BISBOCCIA CON FEDERICO D'AMATO
Adriano Sofri per "Il Foglio"

Prima di pubblicare il mio pamphlet sulla "Metafisica del Raddoppio", ho temuto per quel Paolo Cucchiarelli, che non cadesse in una depressione grave, che non commettesse qualche gesto inconsulto. Poi ho visto che l'Ansa, presso cui lavora, ospitava la sua reazione, distinguendosi da comportamenti pusillanimi come quello della compagnia di navigazione nei confronti del comandante Schettino. Nella sua reazione, Cucchiarelli mi ha intimato di spiegare che cosa tramassi nelle tante nottate trascorse a fare bisboccia con Federico Umberto D'Amato. Allora mi sono rassicurato del tutto. L'ha presa bene.


Per scaricare l'ebook gratuito in pdf/epub/mobi di Adriano Sofri con la sua risposta al romanzo di Cucchiarelli e al film di Giordana sulla strage di piazza Fontana, bisogna andare qui: http://www.43anni.it/

 

 

 

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