PINI, IL “SOCIAlISTA TRICOLORE”: MEDIOBANCA? “IL PATTO è INGESSATO” – “A CRAXI NON piaceva l’andazzo consumistico-demenziale che poi è diventata una cifra della nostra televisione” - “DA FINI COME CAPO PARTITO MI ASPETTAVO DI Più”…

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Paolo Madron per \"Il Sole 24 Ore\"

MASSIMOMASSIMO PINi

C\'è un prima e un dopo nella vita di Massimo Pini. Il prima è quando c\'era Bettino Craxi, il dopo quando (politicamente) non c\'era più. Ma guardando alle due parti del tutto, non si può dire che gli sia andata male, almeno perché nel passaggio da una all\'altra Pini ha felicemente realizzato la metamorfosi tra boiardo e manager privato. Era stato in Iri nel tempo in cui l\'età delle partecipazioni statali volgeva la tramonto, e anche in Rai quando a viale Mazzini vigeva la ferrea spartizione pentapartita.

Oggi, per conto di Ligresti, è in una mezza dozzina di consigli d\'amministrazione e in un paio di patti di sindacato, quelli che siedono sui salotti buoni del capitalismo, e che ancora fanno da importante crocevia tra l\'economia, la finanza al centro di un vasto reticolo di relazioni. Ancora, l\'oggi 72enne Pini è quello che si potrebbe definire \"un socialista tricolore\", uno dei pochi che al tempo della diaspora craxiana scelse quella che allora, grazie a Fiuggi e il cambio del nome, era una destra che cominciava a guardarsi indietro con molti distinguo.

BettinoBettino Craxi

Massimo Pini, una vita passata tra boiardia e padronato. Con qualche rimpianto.
Non rimpiango l\'industria di Stato, che è stata un grande capitolo della storia economica italiana, ma il modo frettoloso e sbagliato con cui è stata liquidata.

Vuol dire privatizzata.
Nei primi anni 90 fu privatizzata molto male. Ricordo che all\'epoca Giuseppe Guarino, l\'allora ministro dell\'Industria, aveva suggerito un modo più intelligente per farlo.

Non so se più intelligente, certo non vincente.
Infatti Guarino fu fatto fuori, sostituito al ministero da Paolo Baratta.

Lei ha scritto: le privatizzazioni italiane non nacquero da un disegno organico, ma dalla superficialità del primo governo Amato. Di cui per altro lei era consigliere proprio per le privatizzazioni.
Un consigliere che non consigliava. L\'ufficio economico era retto da Stefano Parisi, l\'attuale amministratore delegato di Fastweb, il quale stava molto attento a tenermi fuori da tutte le decisioni.

Perché Pini era contiguo a quel Craxi da poco spedito in esilio a suon di monetine?
Ovvio. E quell\'incarico me l\'aveva dato per ricompensarmi di non avermi fatto presidente dell\'Iri, di cui ero membro del comitato di presidenza.

SalvatoreSalvatore Ligresti

Oltre che di Amato lei è stato anche consigliere di Maurizio Gasparri quand\'era ministro delle Comunicazioni. Se lo ricorda?
A Gasparri diedi una mano quando c\'era da rifare la convenzione tra Stato e Rai. E quando, su mia precisa indicazione, annullò la vendita degli impianti di trasmissione.

Bravo, così la Rai perse un sacco di soldi.
In Italia nessuno legge i contratti soprattutto se, come quello, era scritto in inglese.

E allora?
E allora invece io l\'ho letto. C\'era una clausola che prevedeva il controllo totale del sistema di trasmissione Rai da parte di questo fondo americano. Comprava la metà delle azioni, ma di fatto avrebbe preso tutto. Siamo scemi?

Della Rai è stato anche consigliere d\'amministrazione.
Con Beniamino Finocchiaro presidente e Biagio Agnes direttore generale. Grande personaggio, Agnes. Odiava Berlusconi, non come persona, ma come emblema della tivù commerciale, di cui immaginava avrebbe presto conquistato l\'egemonia su quella pubblica.

Diciamo che in questo Craxi ci ha messo del suo...
Craxi era contrario a questa egemonia. Tant\'è che quando Berlusconi fece una proposta a Pippo Baudo si incazzò di brutto. Accusava Silvio di aver contribuito alla scristianizazione dell\'Italia attraverso la televisione.

Che gliene importava a un laico della scristianizzazione?
Bettino era un laico, ma di fede. E non gli piaceva l\'andazzo consumistico-demenziale che poi è diventata una cifra della nostra televisione.

FiniFini e Berlusconi

Quando Prodi era all\'Iri la definiva il più irriducibile degli avversari. Adesso che avete una certa età vi siete rappacificati?
L\'ho rivisto di recente, quando Massimo Ponzellini fu designato presidente di Impregilo e, come rappresentante di Ligresti, andai io a palazzo Chigi per comunicarlo a Prodi. Lui mi accolse dicendo: «Ancora lei Pini, sembra di essere tornati alle elementari...»

L\'ha fatto penare il professore...
Ero stato mandato lì apposta da Craxi che non gli ha mai perdonato la vicenda Sme, specie di aver saputo dai giornali della vendita a De Benedetti. Mi disse di marcarlo stretto.

Nella prima privatizzazione bancaria, la fusione tra la Cassa di Roma e Banco di Santo Spirito, lei fece da cerniera tra Craxi e Cesare Geronzi.
L\'offerta partì dalla Cassa di Roma di cui Geronzi era direttore generale. E venne subito interpretata come una manovra di Andreotti.

E come convinse Craxi che non era così?
Lui mi lasciava carta bianca. E poi gli spiegai che era un passo importante verso la razionalizzazione del sistema bancario.

Fu in quell\'occasione che conobbe Geronzi?
Sì, era la controparte dell\'Iri, che possedeva il Santo Spirito. La sua prima proposta prevedeva uno scambio di carta contro carta. Io ottenni da Craxi che l\'operazione si facesse per contanti.

CesareCesare Geronzi

Poi siete diventati amici
Sì, per quanto Geronzi sia un laziale e io un friulano.

E che vuol dire?
Che lui sembra sempre freddo e distaccato, anche se in realtà non lo è.

Nella diaspora socialista lei scelse Fini e non Berlusconi. Come mai?
E resto convinto di quella scelta. All\'epoca del Msi avevo un rapporto personale con Giorgio Almirante, e dopo l\'annientamento dei socialisti ebbi la fortuna di incontrare Pinuccio Tatarella. Fu grazie a lui che mi avvicinai ad Alleanza nazionale.

Non mi ha detto perché non ha seguito Berlusconi.
Tatarella voleva allargare il Polo ai socialisti e ai radicali, aveva un visione ecumenica che io giudicavo più interessante. Forza Italia allora mi sembrava troppo liberista.

Adesso se la ritrova nel Pdl.
Sì, e sono contento. Devo dire che se non ci fosse stato Berlusconi l\'Italia sarebbe in un mare di guai. Basta vedere come sta gestendo la catastrofe del terremoto, questa sua presenza costante...

Quando conobbe il Cavaliere?
Lo conobbi quando con la SugarCo rilevai Critica sociale, la storica rivista di Turati. Fu tra i primi inserzionisti.

E invece Ligresti?
Nel 1986, ero appena entrato all\'Iri. Una sera Craxi me lo presentò a una cena e ne nacque un rapporto d\'amicizia. Poi venne Tangentopoli, e per tutti quelli che erano legati ai vecchi partiti cominciarono i problemi.

Con Ligresti oggi è un sodalizio di ferro. Di recente siete entrati in Aeroporti di Roma e Alitalia. L\'ingegnere, oltre che costruire, ama volare?
Per la verità in questa vicenda Alitalia non c\'è stato un grande coordinamento trai vari attori del sistema, tant\'è che Adr è rimasta un po\' tagliata fuori. Perdendo oltretutto un mucchio di soldi che la vecchia Alitalia non le ha restituito.

Scordate di riaverli. La Sea, che gestisce gli aeroporti di Milano, ha messo i suoi crediti a perdita.
Anche noi, ma è scocciante. Almeno ci adeguassero le tariffe, che sono la metà di quelle europee.

Chiedetelo al Governo che non sembra esservi ostile.
Non è ostile, ma finora non lo ha fatto. Adesso però pare che entro l\'estate sarà tutto risolto.

Ligresti è uno che di suo parla pochissimo, ma sull\'Alitalia ha rilasciato una dichiarazione patriottica sulla difesa dell\'italianità.
Fu il primo a prendere posizione sul tema, e penso abbia fatto bene. L\'operazione Alitalia era necessaria. Ligresti parla poco, ma su certe cose ha dei principi fermissimi. Compreso il patriottismo.

Ma se sa che dopo questa intervista lei va a Roma in treno si arrabbia.
Io andavo in treno anche prima dell\'operazione Alitalia. Leggo, telefono, mi muovo. Insomma, è più comodo. Ed è la vera concorrenza dell\'aereo sulla Milano-Roma.

A proposito, lei che vive la sua settimana ubiquamente, si sta meglio nella capitale politica o in quella degli affari?
Roma ha un sindaco di grande qualità. Sono convinto che Gianni Alemanno è destinato a una folgorante carriera politica. Milano ha la metropolitana e ci si sposta meglio.

Milano dovrebbe avere anche l\'Expo, litigi permettendo.
Con l\'Expo il gruppo Ligresti non ha niente a che fare. Noi costruiamo i grattacieli di CityLife, che sono una cosa a parte.

Costruiamo è una parola grossa, visto che non è stato messo giù ancora un mattone. E poi a Berlusconi non piace la forma storta di quei grattacieli...
Non gli piacciono, ma ha detto che non ne fa un problema. Speriamo invece di ultimare quei grattacieli prima o in concomitanza dell\'Expo.

Il gruppo non c\'entra, ma Ligresti personalmente si è molto battuto per l\'Expo
Certo, è stato lui a convincere l\'ambasciatore libico Gaddur a far convergere molti paesi africani su Milano anziché Smirne..

Vittorio Gregotti dice che l\'Expo è fuori moda.
Può darsi, ma l\'operazione è partita e adesso dovrebbe essere finanziata, sempre che sia possibile dopo il terremoto.

Meglio il Ponte di Messina?
Non sono alternativi, ma il Ponte è più importante perché è una operazione strutturale per il futuro dell\'Italia nel Mediterraneo.

Lei di Craxi ha sempre detto e scritto tutto il bene possibile, salvo eccepire sulla sua maleducazione.
Mai detto

Invece di Fini ha detto: persona cortese ma di scarsa o nulla propensione alla politica sociale.
Non lo smentisco, anche se non ricordo l\'occasione in cui lo dissi. Ma dico la verità: da Fini come capo partito mi aspettavo di più. Poi invece lui ha preso la via istituzionale.

Senza però rinunciare a far politica, visto che adesso fa la voce critica dentro il Pdl.
Mi chiedo fino a che punto le due cose siano compatibili.

Finiamo in bellezza parlando di poteri forti. Il Patto di sindacato di Mediobanca scade a fine anno, entro settembre si può eccepire. Si dice che voi ligrestiani eccepirete sulla forma.
La divisione in tre gruppi di soci, ma questa è un\'opinione personale, a mio avviso è un po\' troppo farraginosa. La verità è che questi vecchi patti mi sembrano un po\' ingessati. Ma oggi il gesso non si usa più, si fanno delle fasciature leggere. Bisognerebbe semplificare le modalità con cui i soci entrano ed escono.

 

 

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