NELLE SPIRE DEL DRAGOMANNI C’E’ UN GOVERNO ‘’COMMISSARIATO’’ – SACCOMANNI, IL MINISTRO IMPOSTO DA DRAGHI A LETTA

Giancarlo Perna per "il Giornale"

Nonostante l'amabilità della persona, pochi volevano che Fabrizio Saccomanni diventasse ministro dell'Economia. Non era nella lista di Enrico Letta, premier designato, che aveva indicato, pare, Pier Carlo Padoan, capo economista dell'Ocse.Era perplesso Berlusconi che, dopo l'esperienza Monti-Grilli, non voleva un altro tecnico all'Economia. Meno che mai uno come Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, legato a filo doppio con Bruxelles e impolitico per formazione.

Il Cav, pur senza candidarsi, pensava piuttosto a se stesso come ministro, considerandosi il più attrezzato per puntare allo sviluppo invece di impantanarsi nel rigore. Ai suoi occhi, infine, pesava su Saccomanni la vicinanza al Pd.

Si sapeva che non era un estremista ed era anzi noto come «l'esponente più a destra della corrente di sinistra della Banca d'Italia» ma concedere il ministero più importante ai concorrenti, in un governo di coalizione, non pareva saggio. È stato allora il presidente Napolitano a tagliare la testa al toro: ha troncato ogni discussione e imposto Saccomanni.
Si capì dopo che, dietro a tutto e tutti, c'era l'astuto zampone di Mario Draghi, il presidente della Bce. È stato lui a volere all'Economia il suo ex braccio destro e a premere sul Quirinale per questa soluzione. Il rapporto tra Mario e Fabrizio è di vecchia data.

Fu Draghi nel 2006, appena nominato governatore di Bankitalia, a richiamare Saccomanni da Londra, dov'era vicepresidente della Bers, e a promuoverlo direttore generale. Il viatico di Draghi è stato decisivo anche per l'assenso del Berlusca che si è fatto piacere Saccomani per amore del presidente della Bce.

Il Cav, infatti, stima Draghi un patriota per la sua disponibilità all'acquisto dei titoli pubblici dei Paesi in difficoltà come l'Italia. Avrà così pensato che se Draghi sceglieva Saccomanni era per avere un appoggio in patria nella conduzione indulgente della Bce. In altre parole, si è detto: se Draghi è per lo sviluppo, il suo amico Saccomanni non sarà solo per il rigore. Altrettanto, avranno pensato Letta e il Capo dello Stato.

Sbagliavano tutti. Perché è vero che Draghi ha necessità di Saccomanni per la sua politica antirecessiva della Bce. Ma in senso opposto a quello sperato da Letta, Cav & co. Essendo, infatti, sospettato dai tedeschi di lassismo filo italiano, Draghi ha bisogno di un'Italia superdisciplinata che non sgarri di un millimetro sui conti pubblici. Saccomanni è lì per questo. Per fare - tale il patto riservato tra i due - il cane da guardia dei parametri Ue. Solo così - pensa Draghi - si mette al riparo dalle critiche di Bundesbank e può continuare con la Bce a tendere la mano ai Paesi in difficoltà.

Fabrizio ci va a nozze in questo ruolo. Obbedire ai tecnicismi Ue è nella sua natura di economista della Banca d'Italia, educato all'ortodossia libresca e con una forte repulsione per le spavalderie della politica. Letta vorrebbe tanto, e con lui destra e sinistra, che Saccomanni, andasse a Bruxelles - dov'è di casa-a battere i pugni per attenuare i rigorismi percentualisti europei.

Ma lui è incapace di spogliarsi dell'abito del tecnico per agitarsi come un politicante. Si considera un rispettabile economista, non un italiota col mandolino. Se però è questo che si vuole da lui, meglio lasciare baracca e burattini, tanto ha settant'anni suonati. Il centrodestra l'ha messo nel mirino per le sue resistenze a togliere l'Imu e frenare l'Iva, ma Saccomanni non può cambiare natura. Come non si può, absit iniuria , spremere sangue da una rapa.

Letta, tutto questo, lo ha capito. Tant'è che, se vuole dall'Ue qualche concessione, chiede a Enzo Moavero, il ministro per gli Affari europei, di andare a Bruxelles a trattarla. Lui stesso osa parlare di flessibilità e sconti fiscali solo in assenza fisica di Saccomanni, per non vederne il sorrisetto ironico di romano bonaccione che sembra dire: «Parla, parla, tanto non se ne fa niente».

Per riassumere: Fabrizio non è un ministro della Repubblica, subordinato al premier; è un fiduciario personale del presidente della Bce e un uomo della Banca d'Italia, dalla quale ha tratto tutto il suo staff, liquidando la vecchia struttura del ministero.

Bocconiano come Mario Monti e Vittorio Grilli, Saccomanni è assai meno spocchioso dei due. Ha la bonomia capitolina che punta al quieto vivere. È amato dai giornalisti del circo Barnum dei summit G7, G8, G20 perché è il più disponibile a dare informazioni. È colto, gran melomane e ghiottone. Il suo inarrivabile modello è Draghi, di qualche anno più giovane. Ma mentre quello si mantiene snello con barrette energetiche, Saccomanni è preda di ogni tentazione culinaria e tende a ingrassare.

A 25 anni era già in Bankitalia, con governatore Guido Carli che lo prese a benvolere anche perché il giovanotto si dichiarava vicino al Pri, di cui Carli, familiare di Ugo La Malfa, era una colonna. Fabrizio è rimasto repubblicano per tutta la Prima Repubblica per poi avvicinarsi all'attuale Pd.Carli lo spedì a farsi le ossa al Fmi (1970-1975). A Washington incontrò Lamberto Dini, che del Fondo era un pezzo grosso. I due legarono e quando Dini, nel 1979, divenne direttore generale di Bankitalia, Fabrizio trovò in lui un protettore.

La specialità di Fabrizio sono i cambi e le monete. Con Carlo Azeglio Ciampi governatore affrontò le due grandi crisi della lira del 1985 (causata da una leggerezza dell'Eni) e del 1992 (per la speculazione mirata del magnate Soros) da cui uscimmo per il rotto della cuffia. Anche con Ciampi- per dire il buon carattere - creò un feeling. Così, nel giorno del suo settantesimo compleanno, Saccomanni gli dedicò un sonetto nei modi di Gioacchino Belli, il prediletto poeta romanesco.

Ma il suo exploit letterario più noto è una lettera satirica in inglese pubblicata sull' Economist . Era successo questo. Il settimanale londinese, ironizzando sull'imminente semestre Ue a guida italiana (1989), disse che sarebbe stato «come salire su un bus guidato da Groucho Marx».

Anziché prendersela per lo spirito di patata, Fabrizio buttò giù un'allegra ma puntuta risposta su ciò che l'Italia avrebbe fatto nei sei mesi firmandola Groucho Marx. Per non so che vie,la lettera arrivò all'allora titolare degli Esteri, Gianni De Michelis. Al ministro piacque e la spedì all'Economist che la pubblicò a tutta pagina. Per queste e altre benemerenze, Saccomanni è stato spesso in procinto di diventare il numero uno di Bankitalia. Sarebbe stato perfetto per un tecnico come lui. È invece finito in politica, che è come costringere un pianista a usare le mani delicate per impastare la polenta.

 

saccomanni-draghi ENRICO LETTA MARIO DRAGHI LETTA E SACCOMANNI LETTA, ALFANO, SACCOMANNIEnzo Moavero Milanesi e moglie ENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONISILVIO BERLUSCONI ENRICO LETTA

Ultimi Dagoreport

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)

2025agnoletti

CAFONAL ''AGNOLETTI & TORTELLONI'' – AL CIRCOLO CANOTTIERI ANIENE, PER IL PARTY DI “JUMP COMUNICAZIONE” DI MARCO AGNOLETTI, EX PORTAVOCE DI RENZI, E "SOCIAL COM" DI LUCA FERLAINO, UNA MARIA ELENA BOSCHI IN MODALITA' PIN-UP SI PRESENTA CON LA SUA NUOVA FIAMMA, L'AVVOCATO ROBERTO VACCARELLA, CHE QUI È DI CASA (SUA SORELLA ELENA È LA COMPAGNA DI MALAGÒ, GRAN VISIR DEL CIRCOLO DELLA “ROMA BENISSIMO”) – UN GRAN MISCHIONE ALLA ROMANA DI DESTRA E SINISTRA E TIPINI INTERMEDI HA BRINDATO AL NATALE, STARRING: LUCIO PRESTA, PEPPE PROVENZANO, ANTONELLA GIULI, FITTIPALDI, ALESSIA MORANI, FAUSTO BRIZZI, PAOLO CORSINI, NELLO MUSUMECI, SIMONA SALA, ALBERTO MATANO, SALVO SOTTILE, MYRTA MERLINO E MARCO TARDELLI, MICHELA DI BIASE, ITALO BOCCHINO, LAURA TECCE CON VESTITUCCIO SBRILLUCCICANTE CHE NON AVREBBE SFIGURATO AL MOULIN ROUGE, GIORGIA CARDINALETTI IN LOVE... 

alfredo mantovano papa leone xiv italia agenti servizi segreti

OGGI ALLE 11 ALFREDO MANTOVANO E I VERTICI DELL’INTELLIGENCE ITALIANA SONO STATI RICEVUTI IN UDIENZA DA PAPA LEONE XIV, A CITTÀ DEL VATICANO – SARANNO PRESENTI I COMPONENTI COPASIR, IL DIRETTORE GENERALE DEL DIPARTIMENTO DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA (DIS), VITTORIO RIZZI, I DIRETTORI DELLE AGENZIE INFORMAZIONI E SICUREZZA ESTERNA (AISE), GIOVANNI CARAVELLI, E INTERNA (AISI), BRUNO VALENSISE. È LA PRIMA VOLTA DI UN PAPA TRA GLI SPIONI (DI CERTO NON E' LA PRIMA VOLTA DI SPIE INTORNO A UN PAPA...) - PREVOST: "MAI USARE INFORMAZIONI PER RICATTARE" (SI VEDE CHE L'INTELLIGENCE NON È IL SUO FORTE)

brunello cucinelli giorgia meloni mario draghi massimiliano di lorenzo giuseppe tornatore nicola piovani

DAGOREPORT - L’AUTO-SANTIFICAZIONE DI BRUNELLO CUCINELLI È COSTATA CARA, NON SOLO AL “SARTO CESAREO” DEL CACHEMIRE, MA ANCHE ALLE CASSE DELLO STATO - IL CICLOPICO DOCU-FILM “IL VISIONARIO GARBATO”, DIRETTO DAL PREMIO OSCAR GIUSEPPE TORNATORE E BATTEZZATO CON TANTO DI PARTY ULTRACAFONAL IN UNO STUDIO DI CINECITTÀ ALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI, È COSTATO LA SOMMETTA DI 9.987.725 MILIONI DI EURO. DI QUESTI, I CONTRIBUTI RICEVUTI DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON IL MECCANISMO DEL TAX CREDIT RAGGIUNGONO LA CIFRA DI 3.955.090 MILIONI - DA PARTE SUA, PEPPUCCIO TORNATORE AVREBBE INTASCATO 2 MILIONI PER LA REGIA E 500 MILA PER SOGGETTO E SCENEGGIATURA – A PRODURLO, OLTRE A BRUNELLO STESSO, LA MASI FILM DI MASSIMILIANO DI LUDOVICO, CHE IN PASSATO HA LAVORATO SPESSO CON IL PRODUTTORE MARCO PEROTTI, COINVOLTO NEL CASO KAUFMANN (FU LUI A INOLTRARE LA DOMANDA DI TAX CREDIT PER IL FILM “STELLE DELLA NOTTE” DEL FINTO REGISTA-KILLER) - IL MONUMENTO A SE STESSO GIUNGE AL MOMENTO GIUSTO: DUE MESI FA, UN REPORT DI ''MORPHEUS RESEARCH'' ACCUSO' L'AZIENDA DI CUCINELLI DI VIOLARE LE SANZIONI UE ALLA RUSSIA…