TREMONTI: ‘’CARO DE BORTOLI, QUELLA LETTERA DELLA BANCA CENTRALE FU UN “TRANQUILLO COLPO DI STATO”!’’

1 - QUELLA LETTERA DELLA BANCA CENTRALE DIKTAT CHE VIOLÃ’ LE REGOLE EUROPEE
Giulio Tremonti* per il "Corriere della Sera"
*Senatore della Lega Nord, ex ministro dell'Economia e delle Finanze

Caro direttore,
ho letto con grande interesse il Suo fondo di ieri: «Un delicato anniversario». L'anniversario è quello del 5 agosto del 2011: «quando il governo Berlusconi ricevette una lettera dalla Banca centrale europea, allora guidata da Trichet, controfirmata da Draghi ancora Governatore».

L'invito che Lei fa è a non perdere la memoria. Le posso assicurare - caro direttore - che mi ricordo benissimo quel 5 agosto. Per cominciare non è una, ma sono tre le date da ricordare: 21 luglio, 5 agosto, 3 novembre 2011. Il 21 luglio è la data del consiglio dell'Unione europea. Al punto n. 11 del comunicato ufficiale si legge quanto segue: «In questo contesto, accogliamo con favore il pacchetto di misure di bilancio recentemente presentato dal governo italiano, che gli consentirà di portare il disavanzo al di sotto del 3% nel 2012 e di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014». Sulla stampa fu vasto l'apprezzamento. A titolo indicativo, da Francoforte si titolava: «Merkel: la manovra italiana va bene».

5 agosto è la data della lettera Bce-BdI, strutturata come un «aut aut». In italiano, come un ricatto: se il governo italiano non si impegna ad horas ad adottare un decreto legge che anticipi il pareggio di bilancio dal 2014 (appena convenuto in Europa) al 2013, la Banca centrale europea non sviluppa il piano di acquisto-sostegno dei titoli pubblici italiani. Inter alia, nella stessa lettera venivano chieste alcune misure per lo sviluppo e alcuni interventi in contrasto con la Costituzione della Repubblica Italiana.

Va ricordato che una lettera parallela sembra sia stata inviata anche alla Spagna, che stava molto peggio dell'Italia. Al governo spagnolo non fu tuttavia chiesto nulla di significativo, ma furono comunque acquistati anche i titoli spagnoli.

Non si trattò di un impegno assunto dal governo italiano, ma di un impegno imposto nella forma di un «diktat», in violazione delle regole europee che prevedono certo l'indipendenza dai governi europei delle Banche centrali, ma anche l'indipendenza dei governi europei dalle Banche centrali. Nel merito va notato che una restrizione di bilancio imposta ad una economia in rallentamento era ed è la cosa più simile ad un errore.

Ma nei termini dati (imposti) non c'erano comunque alternative. Ricordo solo che in sede europea - a quell'altezza di tempo ero presidente del gruppo dei ministri dell'Economia del Partito popolare europeo - fu espresso un vivo, se pure non pubblico, sconcerto.

Seguì un decreto legge che ottemperava all'imposizione. Il Financial Times lo definì perfect. In sede di conversione parlamentare apparve, tanto per cambiare, una «cabina di regia»... Ed è così che si arriva al 3 novembre, al vertice G20 di Cannes, per la verità non molto rilevante, perché le sorti politiche del governo italiano - che pure si era nuovamente e rigorosamente impegnato - erano già segnate.

Mi giunge ora nuovo quanto da Lei scritto: «L'episodio è inedito ma, nelle ore più drammatiche di quel tardo autunno, un decreto di chiusura dei mercati finanziari era già stato scritto di intesa con la Banca d'Italia. Quel decreto rimase in cassaforte - e speriamo che vi resti per sempre -, ma vi fu un momento nel quale temevamo di non poter più collocare sul mercato titoli del debito pubblico».

Nei verbali del «Comitato di sicurezza finanziaria», congiunto tra ministero dell'Economia e Banca d'Italia, non ce n'è traccia. Se un documento simile è stato redatto, in non so quale oscura forma e sede, è sconcertante. È comunque curioso il fatto che, in una economia aperta, qualcuno abbia davvero pensato di chiudere il mercato finanziario italiano!

A seguire è venuto il governo Monti: quanto di più simile ad una applicazione anticipata ed autarchica degli interventi tipici del Fondo monetario internazionale. E tuttavia con una differenza: il Fmi fa normalmente disastri - salvo poi pentirsi - ma almeno porta capitali propri e non si candida alle elezioni.

Il governo Monti era atteso per un'azione positiva e vasta sul fronte dei conti pubblici, della crescita, della normalizzazione politica. Ad oggi è evidente che, per un eccesso di tasse, di paura e di errori, come ad esempio in materia di lavoro, le cose non sono andate così. Il deficit pubblico va oltre il 3%; il debito pubblico è salito oltre il 130%; Grillo, con ciò che significa, è nel frattempo salito dal 5% dei sondaggi al 25% delle elezioni politiche. Si noterà che lo spread italiano, fermo per tre anni intorno a quota 120, nell'autunno 2011 è di colpo salito ad oltre 500 punti base.

Va peraltro notato che nel luglio 2012 è di nuovo risalito ad oltre 500 punti base, pur beneficiando dell'enorme sostegno operato dalla Bce! Oggi, 25 luglio, è oltre 270 punti base. Pari data, nel luglio 2011, era pari a 260 punti base! Nell'insieme qualcosa fa pensare che, da allora, nel quadrante dei conti pubblici, nel quadrante sociale ed economico, nel quadrante politico, la situazione non è migliorata, ma che all'opposto si è deteriorata.

Saggiamente Lei invita a non confondere il 25 luglio 1943 con il luglio 2011. Mi permetto solo di ricordare quanto scritto da Jürgen Habermas (Zur Verfassung Europas: ein Essay, «Sulla costituzione dell'Europa: un saggio», Frankfurt, 2011): quello che è stato fatto ad Atene e Roma è stato un «quiet coup d'état». Ho difficoltà a dissentire. Ripeto, se nonostante tutto (e non pochi meriti) le sorti politiche del governo Berlusconi erano segnate, la via maestra era quelle delle elezioni politiche.

Si può prendere la strada della democrazia e dell'economia, si può prendere la strada della democrazia senza l'economia, si può prendere la strada dell'economia senza la democrazia. Ma oggi la più viva preoccupazione è nel senso che stiamo seguendo la strada sbagliata: a ridosso dei suoi primi «100 giorni» il governo Letta, nato come governo delle «larghe intese», sembra infatti ancora un governo delle «lunghe attese». C'è in specie una evidente crescente asimmetria, tra il drammatico stato economico e sociale del Paese, che è passato dallo spread finanziario allo spread sociale, e la capacità e la forza di governo.

Nella Repubblica di Platone la politica è definita come la forma superiore della tecnica: devi conoscere la nave, l'equipaggio, le correnti, i fondali, i venti, le stelle. La politica - questo tipo di politica - è quanto ancora manca e quanto non può a lungo mancare.

2 - UN DELICATO ANNIVERSARIO
Ferruccio De Bortoli per "Il Corriere della Sera" del 24 luglio 2013

A quasi cento giorni dal suo insediamento, il governo Letta è tanto fragile quanto necessario. L'assenza di un'alternativa non lo autorizza a coltivare l'arte del rinvio, lo obbliga a un sano pragmatismo.

Le necessità di famiglie e imprese, il lavoro dei giovani, i timidi segnali di ripresa da non soffocare dovrebbero essere le sole priorità. La strada imboccata è giusta, ci vorrebbe un po' di coraggio nel tagliare le spese per abbassare le tasse, come hanno scritto sul Corriere Alesina e Giavazzi. Una strategia per ridurre il debito, al record storico del 130%, è urgente. Di cessioni pubbliche non si parla, nemmeno di quell'1% annuale del Pil, come promesso nell'era Monti.

A proposito del leader di Scelta civica: le troppe critiche offuscano i non pochi meriti. L'Italia, grazie al suo governo, ha evitato la catastrofe alla fine del 2011. L'episodio è inedito ma, nelle ore più drammatiche di quel tardo autunno, un decreto di chiusura dei mercati finanziari era già stato scritto d'intesa con la Banca d'Italia. Quel decreto rimase in cassaforte - e speriamo che vi resti per sempre -, ma vi fu un momento nel quale temevamo di non poter più collocare sul mercato titoli del debito pubblico.


Nei prossimi giorni si parlerà molto di una sentenza della Cassazione e di un anniversario. Non il 25 luglio del '43 ma, più modestamente, del 5 agosto del 2011, quando il governo Berlusconi ricevette la contestata lettera della Banca centrale europea, allora a guida Trichet, controfirmata da Draghi, ancora Governatore.

Il Cavaliere considera quella missiva, che conteneva una serie di impegni immediati, alla stregua di un golpe europeo. In realtà il governo, dopo il vertice di Cannes, nel quale si prese l'impegno del pareggio di bilancio, non stava più in piedi. La lettera della Bce rappresentò un ultimo atto di fiducia, preceduto da acquisti di titoli italiani per 160 miliardi. L'enfasi era sulle riforme per la crescita. Che, a parte le pensioni, sono ancora oggi da fare. La situazione precipitò poi in novembre favorendo il traumatico cambio a Palazzo Chigi.


Oggi, per fortuna, il Paese è uscito da una procedura europea di deficit eccessivo. È tornato tra i membri virtuosi. E lo è molto di più di altri, la Francia per esempio. Ma non può assolutamente rivelarsi, ancora una volta, né instabile né inaffidabile. Deve proseguire lungo il sentiero della crescita e della creazione di lavoro. L'ultimo declassamento di Standard & Poor's è una coda velenosa del caos successivo alle elezioni di febbraio. Quella bocciatura era già stata decisa in primavera e poi rinviata dopo la rielezione di Napolitano. Ora è giusto criticare le agenzie di rating. Sbagliano, sono preda di pregiudizi.

Ma ancora due piccoli gradini in giù nel voto sull'affidabilità del debito e, con la perdita del cosiddetto investment grade, molti investitori internazionali sarebbero costretti, per regole interne, a liberarsi delle attività italiane. E un serio imbarazzo lo avrebbe anche la Bce di Draghi, che non potrebbe più accettare come collaterali titoli italiani nel finanziamento del sistema bancario. Ne farebbero le spese le famiglie e le imprese proprio nel momento in cui qualche segnale di ripresa è visibile.

L'anniversario del 5 agosto, che coincide con i cento giorni di Letta, dovrebbe far riflettere governo e forze politiche sull'estrema fragilità di un Paese dalla memoria corta, che mostra ogni giorno al mondo un volto litigioso e inconcludente, così diverso dalla sua pur inquieta laboriosità.

 

 

Giulio Tremonti Giulio Tremonti Tremonti Giulio trichetdraghi trichet governo berlusconi ANGELA MERKEL E SILVIO BERLUSCONI jpegANGELA MERKEL BANCA CENTRALE EUROPEA EURO NELLA POZZANGHERA banca_centrale_europeagoverno monti a ferruccio debortolitremonti draghi MARIO DRAGHI E TREMONTI

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…

maurizio belpietro giorgia meloni galeazzo bignami francesco saverio garofani sergio mattarella

GIORGIA MELONI NON ARRETRA! DOPO L'INCONTRO AL QUIRINALE CON MATTARELLA, LA DUCETTA HA RIBADITO LA VERSIONE DEL CAMERATA GALEAZZO BIGNAMI: “RAMMARICO PER LE PAROLE ISTITUZIONALMENTE E POLITICAMENTE INOPPORTUNE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI” – AL CONSIGLIERE DI MATTARELLA SARÀ SFUGGITA UNA PAROLA DI TROPPO, MA DA UNA BANALE OSSERVAZIONE POLITICA SUL CENTROSINISTRA AL GOLPE QUIRINALIZIO, CI PASSA UN OCEANO – PERCHÉ BELPIETRO NON PUBBLICA L'AUDIO IN CUI GAROFANI EVOCAVA UN “PROVVIDENZIALE SCOSSONE” (AMMESSO CHE LO "SCOSSONE" NON SI RIFERISSE AL CENTROSINISTRA)? SE LO FACESSE, LA QUESTIONE SAREBBE CHIUSA: PER GAROFANI SAREBBE DIFFICILE RESTARE AL SUO POSTO – IL QUIRINALE AVEVA FATTO SAPERE CHE DOPO L’INCONTRO CI SAREBBE STATO UN COMUNICATO. PER ORA L’HA FATTO LA MELONI: CI SARÀ UN’ALTRA NOTA DAL COLLE? - BIGNAMI INSISTE: "CI HA SORPRESO LA REAZIONE SCOMPOSTA DEL PD, GAROFANI HA CONFERMATO I CONTENUTI E NON HO VISTO PIATTI VOLARE DAL QUIRINALE..."

consiglio supremo difesa mattarella meloni fazzolari bignami

DAGOREPORT - CRONACA DI UN COMPLOTTO CHE NON C’È: FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, CONSIGLIERE DEL QUIRINALE, SI SARÀ ANCHE FATTO SCAPPARE UNA RIFLESSIONE SULLE DINAMICHE DELLA POLITICA ITALIANA IN VISTA DELLE ELEZIONI 2027. MA BELPIETRO HA MONTATO LA PANNA, UTILE A VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ E A DARE UN ASSIST A FRATELLI D’ITALIA, SEMPRE PRONTA ALLA LAGNA VITTIMISTA – A QUEL TORDO DI GALEAZZO BIGNAMI È SCAPPATA LA FRIZIONE. E DOPO IL SUO ATTACCO AL COLLE, IL SOLITAMENTE CAUTO GIOVANBATTISTA FAZZOLARI È INTERVENUTO PRECIPITOSAMENTE PER SALVARGLI LA FACCIA (E LE APPARENZE CON IL COLLE) - BELPIETRO ESONDA: "ISTITUZIONALMENTE SCORRETTA LA REPLICA DEL QUIRINALE"