aldo moro _rit

LA VITA DI ALDO MORO FU SACRIFICATA PER NON LASCIARE L'ITALIA ALLA MERCÉ DELLE BRIGATE ROSSE - GIUSTI, RECENSENDO “ESTERNO NOTTE” DI BELLOCCHIO, METTE IL DITO NELLA PIAGA: “CON MORO VIVO MAGARI LE BR NON SAREBBERO STATE DECAPITATE COME ACCADRÀ DUE ANNI DOPO”. BEN DETTO: DA QUI SI DEVE PARTIRE PER RIAPRIRE LA BOTOLA DELLA MORTE DI MORO - VOLATI A ROMA, GLI UOMINI DELL’FBI IMPOSERO A FRANCESCO COSSIGA LA ''LINEA DELLA FERMEZZA": INTERVENIRE IN VIA GRADOLI AVREBBE INFIAMMATO ANCOR DI PIÙ IL TERRORISMO. OCCORREVA ESTIRPARE L'INTERA RETE DELLE BRIGATE ROSSE. E COSSIGA DOVETTE PIEGARE LA TESTA (E L'ANIMA) ALLA DECISIONE DI SACRIFICARE LA VITA DEL SUO AMICO E MAESTRO POLITICO

BELLOCCHIO ESTERNO NOTTE

DAGOREPORT

“Moro vivo… Moro morto… Ma a chi sarebbe convenuto un Moro vivo?”, si domanda oggi su Dagospia Marco Giusti recensendo “Esterno notte” di Marco Bellocchio, miniserie in sei puntate su Rai Uno dedicata al rapimento Moro.

 

E si risponde: “Non certo alla DC e a Andreotti, né al PCI di Berlinguer, né ai servizi americani, che attraverso Cossiga conducono la loro strategia. Mentre Craxi è per trattare, intuendo che è quello che gli americani non vogliono. Certo che sarebbe convenuto alle BR. Che con Moro vivo magari non sarebbero state decapitate come accadrà neanche due anni dopo”.

 

MORO BRIGATE ROSSE

Ben detto, Marco: “con Moro vivo magari non sarebbero state decapitate come accadrà neanche due anni dopo”. Da qui si deve partire per riaprire la botola dell’assassinio di Aldo Moro. 

 

Per anni ho frequentato Francesco Cossiga, che intervenne frequentemente su Dagospia allorché non solo i giornali ma perfino le agenzie di stampa decisero che era un “pazzo con piccone” e non andava più pubblicato.

 

E ciò che ho imparato dal Gattosardo è che la politica non si esaurisce nella semplice lettura degli interessi nazionali. E’ geopolitica perché occorre mettere sempre in gioco il posto dell'Italia in Europa e nel mondo.

francesco cossiga aldo moro

Il mistero della non trattativa e della morte di Aldo Moro sta tutto lì: geopolitica.

 

Il Bel Paese nell’anno 1978 non era un'oasi; non viveva in dorato isolamento; l’Italia aveva perso la seconda guerra mondiale, il patto di Yalta aveva sancito una separazione netta tra le zone di competenza di Occidente e Oriente, e a Berlino per saldare lo stato della Guerra Fredda l’Unione Sovietica tirò su un minaccioso muro. I governi delle nazioni sconfitte, Italia e Germania, non potevano illudersi di essere paesi sovrani senza pagare un prezzo salato. Le basi Nato erano a Ghedi, Aviano, Bagnoli, Sigonella, etc..

 

moro cossiga

L’orribile rapimento di Moro vide il duello tra chi era favorevole a una trattativa con le Brigate Rosse (socialisti e molti democristiani) e chi si opponeva (comunisti di Berlinguer e il nascente partito di “Repubblica” con in testa Scalfari). 

 

Fino al ’78 l’unico terrorismo era incarnato dal fronte palestinese di Arafat che in Italia godeva politicamente, ma anche economicamente, del supporto di Craxi e Andreotti. Cosa che irritava profondamente Washington (con l’assassinio di un cittadino statunitense ebreo sulla nave da crociera Achille Lauro e il conseguente fattaccio di Sigonella con il duro scontro tra Craxi e Reagan, il rapporto con gli Stati Uniti si trasformò in piena ostilità).

 

Francesco Cossiga in via Caetani, davanti alla R4 con il cadavere di Aldo Moro

Veniamo al punto dolente. Sul anti-terrorismo all’italiana l’intelligence americana aveva idee dure e contrarie: non si colpisce una cellula delle Brigate Rosse ma si deve estirpare tutta la rete terroristica.

 

Intervenire in via Gradoli – dove erano asserragliati i brigatisti Moretti e Balzarani, come suggerito dal ‘’medium’’ di Prodi – avrebbe innescato secondo i cervelli dell’FBI una reazione funesta: quella di fortificare le altre cellule, infiammando ancor di più il terrorismo (le vittime delle Br, dal 1974 al 2003, sono state 84). 

 

Occorreva dunque sacrificare la vita di Aldo Moro per non abbandonare l'Italia alla mercé delle Brigate Rosse. 

 

Steve Pieczenik

All’epoca ministro degli Interni, Cossiga ricevette a Roma, volati da Washington, gli emissari dell’Fbi, tra cui il funzionario del Dipartimento di Stato Steve Pieczenik, sperimentato gestore di crisi internazionali nonché negoziatore di ostaggi, che imposero al governo italiano la "strategia della fermezza" e quindi presero in mano la gestione dell’operazione Moro che si concluse con la decapitazione delle Brigate Rosse due anni dopo.

 

(Il mitologico Pieczenik, vice sottosegretario di Henry Kissinger, Cyrus Vance, James Baker negli anni più delicati della Guerra Fredda, quando - ancora giovanissimo - ricopriva in giro per il mondo incarichi in stile "sono il signor Wolf, risolvo problemi", divenne il super-consulente americano che si vedeva costantemente al fianco di Francesco Cossiga, nei fatidici 55 giorni del rapimento Moro. Lo stesso Pieczenik, riporta "The Telegraph" dell'11 marzo 2008 ("L'inviato Usa ammette il ruolo nell'uccisione di Aldo Moro"), dichiarò che era necessario "sacrificare" Moro per la "stabilità" dell'Italia).

brigate rosse

 

Il Gattosardo era dunque a conoscenza di tutto e, posto di fronte alla Ragion di Stato, dovette piegare la testa e lasciare al suo terribile destino il suo compagno di partito e maestro politico.

 

Annamaria Cossiga, in una struggente intervista sul “Corriere” del 2020, ha raccontato il dramma del padre: ‘’il suo dolore era visibilmente somatizzato: i capelli gli diventarono bianchi, la pelle macchiata dalla vitiligine. Si sentiva responsabile di quella morte. E sì, capitava che di notte si svegliasse dicendo: “L’ho ucciso io”.

brigate rosseVOLANTINO DELLE BRIGATE ROSSE SUL SEQUESTRO MORO 1mario moretti L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROle auto di moro a via fani dopo l agguato delle brigate rosse L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROBRIGATE ROSSE VALERIO MORUCCI BRIGATE ROSSE GERMANO MACCARI BRIGATE ROSSE FRANCO BONISOLI BRIGATE ROSSE BRUNO SEGHETTI BRIGATE ROSSE ALESSIO CASIMIRRI BRIGATE ROSSE ALVARO LOJACONO BRIGATE ROSSE BARBARA BALZERANI mario moretti

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”