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NOMEN OMEN: “BERETTA È SEMPRE STATO UNA PERSONA CHE SI VANTAVA DI AVERE DELLE ARMI” – L’ULTRA’ INTERISTA ARRESTATO, CRISTIAN FERRARIO, PARLA DELL'ARSENALE DELLA CURVA NORD, COMPOSTO DA KALASHNIKOV, BOMBE A MANO E PROIETTILI – IL GIP PARLA DI “QUADRO INQUIETANTE” - BERETTA HA SCELTO DI COLLABORARE COI PM, ANCHE PER RICOSTRUIRE L'OMICIDIO DELLO STORICO CAPO ULTRÀ VITTORIO BOIOCCHI, FINORA IRRISOLTO...

Da leggo.it

andrea beretta

Ferrario, interrogato dal gip, ha riferito che lui di quelle armi non sapeva nulla e che lui faceva «un po' il tuttofare di Andrea». E ha aggiunto: «Beretta è sempre stato una persona protratta a vantare di avere degli arsenali di armi. Si è sempre vantato. Secondo me era una proiezione futura». Ferrario viveva in un appartamento, vicino al magazzino, di una «società riconducibile» a Beretta, la «We are Milano».

 

Il giudice ricorda come Ferrario, stando agli atti dell'inchiesta «doppia curva» che ha portato agli arresti di fine settembre, si fosse messo a disposizione anche come presunto prestanome per Beretta e Bellocco. Non solo, dunque, come «custode» di «micidiali armi da guerra». Per il giudice ora, con le indagini, vanno accertati «i canali di approvvigionamento dell'arsenale» e pure «l'eventuale utilizzo, affatto da escludere, di talune delle armi in episodi delittuosi». Come nell'omicidio di Boiocchi, anche se allo stato non risulta che una delle armi recuperate a Cambiago sarebbe quella che ha sparato.

 

beretta bellocco tifosi inter

 

Il gip di Milano Domenico Santoro ha convalidato l'arresto e disposto la custodia cautelare in carcere per Cristian Ferrario, ultrà interista 50enne arrestato nella notte tra venerdì e sabato scorso, quando gli investigatori della Squadra Mobile di Milano, che indagano sulle curve di San Siro coi pm Paolo Storari e Sara Ombra, hanno trovato in un magazzino a Cambiago, nel Milanese, il presunto arsenale della curva Nord, composto, tra l'altro, da kalashnikov, bombe a mano e proiettili.

 

Arrestato in flagranza per detenzione di armi da guerra, Ferrario, che era finito già ai domiciliari a fine settembre nell'inchiesta «doppia curva» come presunto prestanome del capo ultrà Andrea Beretta (misura poi sostituita con l'obbligo di dimora), aveva respinto le accuse nell'interrogatorio di ieri di convalida davanti al gip, assistito dall'avvocato Mirko Perlino. Il 50enne aveva messo a verbale che lui «non sapeva nulla» delle armi, anche perché erano ben nascoste, non visibili.

 

ANDREA BERETTA IN MAGLIETTA BIANCA CON LUCA LUCCI

Gip: quadro inquietante

È un «quadro inquietante», quello emerso col ritrovamento nei giorni scorsi di una «santabarbara» in un magazzino a Cambiago, nel Milanese, tra cui «un fucile AK 47», una «mitragliatrice Uzi» e «tre bombe a mano». Uno scenario «che lascia intravedere una proiezione criminosa» degli ultras «ancora più preoccupante» di quella venuta a galla con l'inchiesta milanese «doppia curva», in cui si è contestata l'associazione per delinquere anche aggravata dal metodo mafioso. Lo scrive il gip di Milano Domenico Santoro nel provvedimento con cui ha disposto il carcere, su richiesta dei pm Paolo Storari e Sara Ombra, per il presunto custode delle armi da guerra, l'ultrà interista Cristian Ferrario.

 

 

andrea beretta

Armi e munizioni, cosa c'era nel deposito

Nell'ordinanza del giudice vengono elencati, uno ad uno, i 54 'pezzi' trovati nel magazzino, tra cui anche «segni distintivi e contrassegni della Polizia» contraffatti, un «fucile semiautomatico», puntatori laser per fucili, «munizioni». Gli inquirenti sono arrivati a quel box «nell'ambito di attività info-investigativa», viene scritto, e parti del provvedimento, come l'interrogatorio dell'arrestato, sono omissate.

 

Da giorni ormai Beretta ha scelto di collaborare coi pm, anche per ricostruire, pare, l'omicidio dello storico capo ultrà Vittorio Boiocchi del 2022, finora irrisolto. Quel magazzino, come ricostruito negli atti, era stato affittato in nero da una persona «a Cristian e Andrea», stando ad una testimonianza, «circa 5-6 anni fa». Le armi e tutto il resto sono stati trovati dagli investigatori in «alcuni armadietti». Le bombe a mano, «a frammentazione antiuomo» di «produzione jugoslava», erano dentro «una scatola aperta».

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