“IL DITO SULLA BOCCA? LO RIPETO. AVREI VOLUTO CHE QUELL’IMMAGINE GIRASSE DI PIÙ”- MARCEL JACOBS SI TOGLIE I MACIGNI DALLE SCARPE DOPO LA VITTORIA NEI 100 METRI AGLI EUROPEI: “SPINGIAMO IL NOSTRO CORPO SEMPRE AL LIMITE E CAPITANO DEGLI INFORTUNI. SIAMO UMANI E CI SI VUOLE VEDERE ROBOT. I COMMENTI NEGATIVI GRATUITI NON CI FANNO BENE. MENNEA? SUDO E SOFFRO TUTTI I GIORNI PERCHÉ IN FUTURO IL METRO DI PARAGONE POSSA ESSERE IO. I MIEI ESEMPI? GENTE CHE È VENUTA DAL NIENTE. GENTE CHE NON HA INIZIATO PER DIVERTIMENTO…” - VIDEO

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Giulia Zonca per “la Stampa”

 

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La medaglia è slavata e Marcell Jacobs preferirebbe averla «gialla, oro evidente», il titolo dei 100 metri agli Europei gli piace di più ogni ora che passa, soprattutto dopo aver sentito l'inno dentro l'Olympiapark dove Monaco consegna le sue medaglie.

Dove è stracolmo di gente e di applausi: «Ho fatto i conti, questo è il quinto podio nel giro di 5 anni e 5 mesi (incluso il Mondiale staffette) a pensarci è. .. bello. Venivo da una carriera in cui desideravo essere sul gradino più alto e facevo fatica ad arrivare in finale, guardare i risultati ora dà tanta fiducia».

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Al traguardo ha messo il dito sulla bocca, dopo la premiazione ha meno voglia di far tacere tutti?

«Continuerò a dirlo, avrei voluto che quella foto girasse pure di più. Gli atleti vanno supportati. Andiamo in giro a rappresentare l'Italia, spingiamo il nostro corpo sempre al limite e capitano degli infortuni, degli incidenti. Siamo umani e ci si vuole vedere robot. Il sostegno è tanto, ma noi poi vediamo i commenti negativi gratuiti e non ci fanno bene, anzi. Io cerco di trasformare le energie negative in voglia di andare in pista e spaccare sempre di più».

 

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Si è tolto un peso?

«Se lo saranno tolti gli altri. Io corro perché mi piace, senza pesi».

Lo stadio è impazzito per lei.

«Era una vita che non ne vedevo uno così. La presentazione l'ho sentita. Capisco Ali, alla sua prima finale importante, che ha patito l'emozione ed è arrivato ottavo.

Pure per me che sono più abituato non è stato facile. E poi tanto affetto, tante bandiere e c'era pure chi non era italiano e dopo i 100 metri sventolava il tricolore».

 

Prima della finale un altro brivido. L'indurimento al polpaccio. Come sta?

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«Non bene e non male. Il fastidio lo sento, ho fatto tutti i trattamenti, continuerò.

Devo risolverla entro breve per la staffetta, magari faremo un controllo più approfondito».

 

Ha temuto di non farcela?

«Appena uscito dai Mondiali ogni pensiero si è spostato a Monaco. Se io non ho dolori riesco subito a correre abbastanza forte e l'idea di non venire non mi ha sfiorato».

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Che cosa ha imparato in questa stagione tormentata?

«A cercare di dare priorità a tante cose piuttosto che ad altre. Gli errori ci stanno, però la preparazione era ottima. Quello che è successo non è stato ideale ma di certo ogni conseguenza ha insegnato qualcosa».

 

Ali, 23 anni, già in finale con lei. Subito un effetto traino?

«A me fa solo piacere. Essere da stimolo per le generazioni successive è quello che sognavo da bambino e, se mi viene dato come compito, sono contento. Ali ha un fisico che lo può portare a correre sotto i 9"90».

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È il primo azzurro dopo Mennea a vincere gli Europei nei 100 metri.

«Non faccio paragoni. Ognuno ha la propria storia. Io sudo e soffro tutti i giorni per fare qualcosa di importante perché in futuro il metro di paragone possa essere io».

 

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Chi c'era prima non poteva essere un modello diretto perché sono passati 44 anni.

Chi le ha fatto da guida?

«Non ne ho avuta una. Ho preso chi nello sport ha cambiato qualche cosa, Usain Bolt nella corsa, Lewis Hamilton, LeBron James che è venuto dal niente, gente che ha fatto certe imprese perché ne aveva necessità. Gente che non ha iniziato per divertimento. Mi rispecchio: uscire ad un certo schema è la mia situazione».

 

La staffetta oro olimpico non ha fatto una bella figura ai Mondiali.

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«È stato difficile non essere lì con loro, credo sia stata un po' improvvisata all'ultimo momento e fosse difficile gestire i cambi. Però una gara andata male non toglie il valore. L'obiettivo è scendere in pista stavolta».

 

Rispetto al mondo che ha già battuto, ora a che punto si sente?

«Mi sento indietro. Vista la semifinale speravo in una finale più veloce, credevo di fare meno di 9"90, una vaga tensione l'ho sentita e questo polpaccio non mi ha fatto partire come avrei voluto, i primi 4 appoggi erano trattenuti, ho giusto messo giù il piede senza spingere».

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Cercherà un confronto diretto con gli americani se i fastidi fisici daranno tregua?

«Siamo a fine stagione e le gare sono poche ma pure loro vogliono correre contro di me.

Per la finale di Diamond League non sono qualificato, ma c'è una nona corsia e Brommel e Bracy stanno animando via social la richiesta di una sfida, tutti la vorrebbero vedere credo. Kerley non c'è, gli altri sì. Sarebbe bello. Altrimenti guarderemo dove ha senso correre, probabilmente in Italia. Poi c'è un matrimonio e mi devo concentrare».

 

Si è occupato di qualcosa?

«La lista degli invitati l'ho fatta io. Nicole si è occupata di tutto per lasciarmi tranquillo».

 

Quanto è contato avere la sua futura moglie in tribuna?

MOURINHO JACOBS ROMA SHAKHTAR MOURINHO JACOBS ROMA SHAKHTAR

«Le ho detto di non venire prima, ma di fare come a Belgrado, per i Mondiali indoor. Lì ci siamo visti solo dopo la gara e qui abbiamo fatto la stessa cosa, oro in entrambe le occasioni. Penso che faremo sempre così».

 

Prima di partire per Monaco ha incontrato Mourinho. Che cosa le ha detto?

«Continua per la tua strada. Non fare come Bolt, non darti al calcio. Corri e basta».

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