"ABBIAMO GIOITO E SOFFERTO, A VOLTE LITIGATO, MA SEMPRE INSIEME, COME UNA GRANDE FAMIGLIA" - LA LETTERA D'ADDIO DI LORENZO INSIGNE AI TIFOSI DOPO LA SUA ULTIMA PARTITA AL "MARADONA": "OGNI ADDIO LASCIA UN PO' DI AMARO IN BOCCA E SO CHE MI MANCHERETE. MA I MOMENTI INDIMENTICABILI CHE HO VISSUTO CON VOI LI PORTERÒ PER SEMPRE CON ME" - INSIGNE LASCIA IL NAPOLI DOPO 433 PARTITE E 122 GOL E NUMEROSE POLEMICHE, SIA CON I TIFOSI CHE CON DE LAURENTIIS. E INFATTI NON SONO MOLTI A RIMPIANGERLO... - E IL CT MANCINI NON GLI CHIUDE LE PORTE DELLA NAZIONALE - VIDEO

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1. INSIGNE E LA LETTERA DI ADDIO AL NAPOLI

Da www.corrieredellosport.it

 

"Grazie a tutti voi, grazie alla città nella quale ho gioito, sofferto e anche litigato qualche volta. Ma lo abbiamo fatto sempre insieme". Inizia così la lettera con cui Lorenzo Insigne si è rivolto ai sostenitori azzurri alla sua ultima partita al "Maradona" - in Napoli-Genoa - prima di intraprendere, tra qualche settimana, l'avventura in Mls col Toronto Fc.

 

 

La lettera di Insigne ai tifosi del Napoli: "Mi mancherete, vi porterò sempre con me"

Il numero 24, emozionatissimo davanti ai cinquantamila tifosi accorsi allo stadio di Fuorigrotta per rendergli omaggio, ha proseguito: "Ogni addio lascia un po' di amaro in bocca e so che mi mancherete. Ma i momenti indimenticabili che ho vissuto con voi li porterò per sempre con me". Insigne è stato accolto sul terreno di gioco, prima dell'inizio della gara con il Genoa, dai compagni di squadra, dall'allenatore Luciano Spalletti e dal presidente Aurelio De Laurentiis, al quale i tifosi hanno indirizzato una sonora bordata di fischi.

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Solo applausi e cori d'incitamento invece per Insigne che era accompagnato sul campo dalla moglie e dai due figli. Mertens gli ha consegnato una maglietta speciale con il numero 24 e Koulibaly un quadro interattivo sul quale potrà rivedere tutti i più importanti momenti vissuti nel Napoli, a conclusione di una lunghissima esperienza, con 433 partite giocate. In curva B è stato esposto uno striscione con la scritta: "La tua maglia più di tutte pesava perché era di chi veramente l'amava. Tu l'hai indossata con estro, orgoglio e dignità del fiero figlio di questa città".

 

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«Grazie a una città che mi ha dato tanto. Abbiamo gioito e sofferto, a volte litigato, ma sempre insieme, come una grande famiglia. Stare a Napoli è stata una meravigliosa esperienza, ma anche una grossa responsabilità che ho accettato con fierezza». Inizia così la lettera letta da Lorenzo Insigne prima della sua ultima partita al 'Maradona' contro il Genoa. Il numero 24 ha poi proseguito e terminato: «Lasciare Napoli significa lasciare casa, mi mancherete sempre. Abbiamo collezionato momenti indimenticabili, ho sempre dato tutto ciò che avevo. Grazie di cuore, forza Napoli sempre».

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2. NÉ CAMPIONE NÉ BANDIERA: L’ADDIO DI LORENZO INSIGNE AL NAPOLI È LA COSA MIGLIORE PER TUTTI

Lorenzo Vendemiale per www.ilfattoquotidiano.it

 

Non è un campione, non lo è mai stato. Non è una bandiera, ha scelto anche lui di non esserlo. Assurdi i paragoni con i vari Francesco Totti, Alessandro Del Piero, Paolo Maldini, Diego Armando Maradona non citiamolo neanche. Allora perché tutta questa prosopopea per l’addio di Lorenzo Insigne? È comunque un figlio di Napoli, che se ne va da casa dopo aver giocato per dieci anni per la squadra della sua città. E meritava di essere salutato.

 

Napoli-Genoa è stata l’ultima volta di Insigne al Maradona con la maglia azzurra. Vissuta prima e dopo la gara con un trasporto esagerato. Con un pizzico di cinismo e cattiveria, si potrebbe dire che quelle del calciatore sono le classiche lacrime di coccodrillo: è stato lui a firmare il contratto faraonico col Toronto che lo porterà via dalla sua terra. Che, allo stesso modo, i tifosi che oggi lo osannano sono gli stessi che in tutti questi anni non gli hanno risparmiato fischi e critiche, spesso ingenerose.

 

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E che il bacio di De Laurentiis sa un po’ di Giuda, considerato che il presidente non ha fatto nulla per trattenerlo, anzi, lo ha accompagnato verso la porta, e magari gliela sbatterà dietro con il contenzioso per quel vecchio ammutinamento del 2019 mai perdonato. Ma nonostante tutte queste contraddizioni, è giusto credere che ci sia anche qualcosa di sincero in quest’addio così esasperato.

 

La carriera di Insigne – al Napoli e non solo, ma soprattutto al Napoli visto che gioca lì da sempre – è stata segnata da un grande equivoco: lo abbiamo sempre trattato come un campione e un simbolo, ma lui sicuramente non era il primo, e a questo punto possiamo concludere che non è stato nemmeno il secondo. Lorenzo Insigne è stato un ottimo giocatore, i numeri (433 partite, 122 gol, innumerevoli assist) parlano per lui. Però non è riuscito a fare il salto di qualità definitivo, né a livello tattico, né tecnico, e nemmeno mentale.

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Forgiato da Zeman da ragazzino, non ha più variato il suo modo di giocare, inchiodato a quella mattonella di campo da cui da quasi un decennio fa il bello e il cattivo tempo: “o a tir a gir”, l’assist sul secondo palo, anche tanta corsa e qualche raddoppio, ma sempre lo stesso copione. Recitato a volte alla perfezione, di recente meno bene, un po’ schiavo del suo personaggio. Un giocatore monodimensionale, con indubbio talento, ma senza quei colpi che gli permettessero di fare sempre la stessa cosa senza risultare alla lunga prevedibile.

 

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E diciamolo, anche senza la personalità che deve avere un campione e un capitano: il suo palmares si riduce a un Europeo ma non da protagonista, quasi mai decisivo nelle partite decisive. Resta il miglior numero 10 italiano dell’ultimo decennio, ma questo la dice lunga più sul nostro calcio che su di lui.

 

Arrivato alle porte dei 30 anni, si è ritrovato a un bivio: rimanere in una piazza dove forse non era così benvenuto, in un calcio dove non fa più la differenza ad altissimo livello; oppure andare a prendersi 50 milioni di euro (in cinque stagione) in Canada, un contratto che davvero gli svolterà la carriera molto più di quanto fatto in campo. La scelta era scontata.

 

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E anche quella del Napoli, per cui Insigne era diventato più un peso che una risorsa (non solo a livello contrattuale): un giocatore troppo condizionante in campo, e che se si lascia fuori rischia di essere un problema. Certo, le bandiere non ragionano e non si trattano così, ma nel calcio moderno forse semplicemente non esistono più.

 

È alla luce di questo che dobbiamo vedere il suo addio, e tutto risulterà più comprensibile, e anche più credibile. Sgombrato il campo dagli equivoci, resta il fatto che Insigne è stato un napoletano che ha giocato per il Napoli, e con tutti i limiti suoi e della piazza, ha sempre onorato la maglia, che per lui pesava più che per chiunque altro.

 

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C’è stato impegno, passione, qualche gioia, tante speranze, non tutte mantenute: una bella storia di calcio. Quest’addio, in questa maniera, è la cosa migliore per tutti: per Insigne, che va a guadagnare in Canada; per il Napoli, che può voltare pagina; anche per i tifosi, che gli hanno tributato il giusto omaggio, purché non si esageri. Solo applausi. E poi ognuno per la sua strada.

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