julio velasco

UNA VITA DA VELASCO – IL GRANDE ALLENATORE DI PALLAVOLO ARGENTINO, CHE HA CREATO LA “GENERAZIONE DI FENOMENI” AZZURRI, SI RACCONTA – IL FRATELLO DESAPARECIDO: “FORSE IL BERSAGLIO DEL REGIME ERO IO, CHE ERO UN MILITANTE ALL’UNIVERSITÀ” –  L’ARRIVO IN ITALIA NEL 1985: “SE FOSSI STATO IO NEI PANNI DELLA DIRIGENZA DELLA PANINI MODENA NON MI SAREI SCELTO” – E POI LE ESPERIENZE NEL CALCIO CON LAZIO E INTER: “LÌ HO CAPITO CIÒ CHE NON AMAVO FARE E HO SCOPERTO CHE IL CALCIO È UN’AZIENDA MOLTO PIU' COMPLESSA...”

Giovanni Terzi per “Libero quotidiano”

 

julio velasco

«Quando arrivai in Italia, a Jesi, ad allenare la squadra di pallavolo della città, era il 1983 e il mio stipendio era di 6mila dollari all'anno. Avevo 31 anni e il fatto di guadagnare poco non mi preoccupava minimamente perché, sin da bambino in Argentina, sono stato abituato a vivere con poco e facendo grandi sacrifici».

 

Chi parla è Julio Velasco, il grande allenatore di pallavolo argentino con cui è iniziata la leggenda della "generazione di fenomeni", i ragazzi del volley italiani vincitori di cinque World League, tre titoli europei, due mondiali e un argento olimpico. Da più di trenta, però, fa parte della storia dello sport italiano. Arrivò per allenare la squadra di pallavolo di Jesi, poi fu un successo dietro l'altro.

 

julio velasco

Fino alla leggendaria squadra di "fenomeni", quella di Zorzi e Lucchetta e Giani e Bernardi e tutti gli altri, e ai grandi trionfi: cinque World League, tre titoli europei, due mondiali. Julio Velasco nasce in una famiglia di una «classe media-povera» (così la racconta nella nostra intervista) nella città di La Plata, quasi 800mila abitanti, a 60 chilometri da Buenos Aires, in Argentina. «Mia madre era una professoressa di inglese e noi eravamo tre fratelli rimasti tutti orfani di padre molto presto. Ho il ricordo preciso dei sacrifici che mia madre dovette affrontare per renderci una vita dignitosa e permetterci di studiare però, seppur tra mille fatiche, ci ha sempre insegnato l'educazione e il rispetto, due caratteristiche a cui mai io ho abdicato».

 

julio velasco

E il giovane Julio Velasco che ragazzino era?

«Ero molto vivace e anche un po' casinista, al contrario di mio fratello più grande che rappresentava il figlio perfetto: studioso e sempre ligio al dovere».

 

E il fatto di essere un po' un "Calimero" l'ha fatta soffrire?

«Certamente, ma è stato fondamentale per spronarmi a migliorarmi e a mettermi in gioco: anche io volevo dimostrare a mia mamma che ero bravo e capace di guadagnarmi la sua approvazione. Sin da ragazzino sono stato sempre dotato di una grande forza di volontà e capacità di cambiamento».

 

julio velasco

Caratteristiche che le sono servite per i suoi successi sportivi e professionali?

«Assolutamente sì, la capacità di cambiamento mi è servita per affrontare complessivamente la mia vita e le sfide che questa mi ha messo di fronte».

 

Suo fratello è stato sequestrato dal regime militare e per qualche tempo è diventato un desaparacidos. Cosa ricorda di quel momento?

«Erano gli anni dal 1976 al 1981, quelli del colpo di Stato del generale Videla ai danni di Isabelita Perón. Furono anni terrificanti. In quegli anni venne sospesa la Costituzione e sciolto il Parlamento, sostituito da un'assemblea di esperti conniventi e militari, mentre il governo fu messo nelle mani della Giunta militare, costituita dai rappresentanti delle varie forze armate, con a capo Videla che fu nominato presidente dell'Argentina».

 

julio velasco

Cosa accade a suo fratello?

«Il meccanismo era sempre lo stesso: gli arresti avvenivano molto spesso con modalità da "rapimenti": squadre non ufficiali di militari arrivavano con una Ford Falcon verde scuro senza targa, la cui sola vista suscitava il terrore, e piombavano nelle case in piena notte, sequestrando a volte intere famiglie. L'assoluto mistero sulla sorte degli arrestati fece sì che anche le famiglie delle vittime tacessero per paura.

 

julio velasco

La conseguenza di queste modalità fu che nella stessa Argentina per lungo tempo il fenomeno rimase taciuto, oltre che totalmente ignorato nel resto del mondo. Una volta arrestate, le vittime erano rinchiuse in luoghi segreti di detenzione, senza alcun processo, quasi sempre torturate, a volte per mesi, e solo in rari casi, dopo un processo sommario e senza alcuna garanzia legale, gli arrestati vennero rimessi in libertà mentre gli altri buttati in fosse comuni o gettati nell'oceano Atlantico.

 

Sempre accadeva che, sotto tortura, qualcuno parlasse facendo dei nomi di altri con il regime rendendo possibile, attraverso la delazione, altre violenze su nuove persone. Io so che quando le forze militari entravano in casa ti chiamavano per cognome e ti portavano via; per questo motivo non saprò mai se il bersaglio fossi stato io, che ero un militante dell'Università o Louis».

 

julio velasco

Lei cosa fece?

«Io ero già a Buenos Aires e sono stato fortunato perché nella metropoli era più semplice nascondersi. Per fortuna dopo un mese e mezzo mio fratello tornò a casa, ma quella ferita, profonda e violenta, non si rimarginò mai né per lui né per tutta la nostra famiglia».

 

Lei arrivò in Italia allo Jesi, ma solo dopo due anni andò ad allenare la squadra simbolo del volley italico: la Panini Modena.

«Fu una grandissima sorpresa per me, anzi, posso ammettere che se fossi stato io nei panni della dirigenza emiliana non mi sarei scelto. Ma andò subito bene perché al primo anno vinsi immediatamente lo scudetto, e da lì partì tutto».

 

julio velasco

Oltre ai successi nel mondo della pallavolo, lei è anche stato dirigente di due grandi realtà calcisti che: la Lazio di Cragnotti e l'Inter di Massimo Moratti. Similitudini e differenze tra queste società?

«La Lazio, con il presidente Cragnotti, era una società che si stava costruendo in quel momento, mentre l'Inter di Moratti era già una società formata e strutturata. Entrambe avevano in comune due presidenti mecenati».

 

Che esperienze sono state?

«Per me molto importanti e formative, innanzitutto perché ho capito ciò che non amavo fare. Io sono un tecnico puro e tutto quello che riguarda anche la politica dei rapporti è lontana dal mio modo di essere. Inoltre, ho imparato che il calcio è un mondo, anzi una azienda, complessa e molto più articolata di tante altre».

 

julio velasco

Perché dice questo?

«Perché ogni cosa decisa in una società di calcio diventa di dominio pubblico, tutto esce sui giornali, ogni scelta viene vista e commentata da migliaia di persone che, pur non essendo azionisti, si sentono in diritto sempre di giudicare provocando una pressione davvero unica».

 

E la differenza tra un calciatore e un pallavolista?

«Il calciatore è un giovane che deve gestire tantissime cose in più che un pallavolista non ha la necessità di affrontare. Spesso si criticano i calciatori per alcuni comportamenti sopra le righe: mi chiedo a tal proposito come avrei reagito io, a vent' anni, ad essere un idolo delle folle che guadagna tanti milioni di euro. Credetemi, si fa presto a giudicare, ma sarebbe necessario prima capire».

 

JULIO VELASCO

E secondo lei la nostra è una società per giovani?

«Secondo me, quando si arriva a dare delle definizioni generalizzate e semplicistiche, si commette un errore. Nella nostra società ci sono esperienze di giovani positive ed altre negative, ma questo non riguarda l'età (abbiamo giovani straordinari e persone adulte banali), e purtroppo troppo spesso su questi temi passiamo da un eccesso all'altro creando due estremi forvianti.

 

Una riflessione va fatta, per esempio, su cosa è cambiato tra la mia giovinezza e oggi. Io ho vissuto gli anni Sessanta della rivoluzione giovanile, dove non si voleva rimanere come i genitori e si passava direttamente dall'essere ragazzini a diventare uomini.

SERGIO CRAGNOTTI

 

Oggi gli adolescenti hanno magari più alternative, ma queste generano maggiori incertezze che in passato. La stessa velocità della società e della cultura rende sempre il mondo reale e delle regole mai aggiornato. L'Italia ha come caratteristica di essere un po' più conservatore di altri Paesi, anche nello sport».

 

In che senso?

«Le faccio un esempio. Se il rigore ai Mondiali di calcio del 1994 nella partita Italia-Brasile invece che sbagliarlo Roberto Baggio, allora trentenne, l'avesse tirato e sbagliato un giovane di vent' anni, avrebbero dato del matto all'allenatore e avrebbero detto che era colpa della giovane età. Con un trentenne esperto, invece, si dice semplicemente che succede. Generalizzare è sempre sbagliato.

 

L'essere giovane non è di per se un requisito per fare le cose bene ma non deve essere nemmeno un pretesto per non rendere possibile sperimentare. Spesso ciò che alimenta un giudizio non benevolo a priori sui giovani è solo l'invidia di non esserlo più».

 

MASSIMO MORATTI

Qual è il segreto per avere successo nello sport?

«Un misto di genetica e capacità di apprendimento. Una caratteristica sola di queste due non rende possibile lo sviluppo di un atleta di successo».

 

Lei, Velasco, ha allenato tanti atleti: c'è qualcuno che le ha lasciato qualcosa di più nel cuore?

«No. È come se ad un padre con otto figli si chiedesse quale è il preferito. Penso sia impossibile rispondere».

julio velasco IL GESTO DELL OMBRELLO DI JULIO VELASCO

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

edmondo cirielli maria rosaria campitiello paolo di maio

“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN VICEMINISTRO DELLA REPUBBLICA: EDMONDO CIRIELLI, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D'ITALIA E NUMERO DUE DI TAJANI AGLI ESTERI, CHE SBROCCA SU FACEBOOK E INSULTA IL SINDACO DI NOCERA INFERIORE, PAOLO DI MAIO – A FAR ANDARE FUORI GIRI CIRIELLI È STATO UN POST DEL PRIMO CITTADINO SU ALCUNI INCARICHI DELLA COMPAGNA AL MINISTERO DELLA SALUTE, MARIA ROSARIA CAMPITIELLO – LA VIOLENTISSIMA REPRIMENDA DI CIRIELLI: “NELLA VITA PRIVATA NON HAI MAI FATTO NIENTE DI BUONO" - COME MAI CIRIELLI SE L’È PRESA COSÌ TANTO? FORSE SENTE LA SUA CANDIDATURA A GOVERNATORE DELLA CAMPANIA CHE SI ALLONTANA? O TEME UNA SCONFITTA BRUCIANTE, ASSAI PROBABILE SE IL CENTROSINISTRA RITROVA L’UNITÀ?

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...