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UN PROVETTA PER DUE OVULI – AVERE FIGLI DA DUE MADRI? IN ITALIA NON È POSSIBILE, MA BASTANO UN VIAGGIO IN SPAGNA E 5MILA EURO PER ACCEDERE AL “METODO ROPA” CHE CONSENTE DI "CREARE" IL FETO GENETICAMENTE APPARTENENTE A DUE DONNE: IN PRATICA C’È UNA DONATRICE CHE OFFRE I SUOI OVULI MENTRE LA COMPAGNA ACCOGLIE NEL PROPRIO UTERO L’EMBRIONE OTTENUTO DALLA FECONDAZIONE IN VITRO – E PER IL DONATORE DI SPERMA C’È…

 

FOTO DA www.reproduccionasistida.org

 

Costanza Tosi per "www.il giornale.it"

 

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Avere figli da due madri? É possibile. Bastano cinquemila euro e una breve ricerca online per consentire a coppie di donne omosessuali di creare bambini con dna condiviso grazie a un travaso di ovuli.

 

É legale? No.

Non Italia. Ma aggirare la legge per le coppie lgbt è diventato un gioco da ragazzi. In Spagna infatti, il cosiddetto “metodo ROPA”, che consente attraverso la fecondazione in vitro di creare il feto geneticamente appartenente alle due donne, è una pratica che sta prendendo sempre più piede.

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E così, per le coppie, basta rivolgersi ad una clinica italiana con sede in Spagna per ottenere il figlio con lo stesso processo. Trovare centri attrezzati per il processo di maternità è semplicissimo.

 

Su internet le offerte per le donne italiane si moltiplicano a vista d’occhio. I siti delle cliniche private mettono a disposizione le informazioni necessarie per comprendere la tecnica innovativa e le pagine social di arcigay contribuiscono a sponsorizzarla.

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Cosa consente la legge?

In Italia per quanto riguarda la procreazione medicalmente assistita ci si attiene alla legge n. 40 del 19 febbraio 2004 (legge nota anche come legge 40 o legge 40/2004).

Secondo la norma, alle tecniche di procreazione assistita possono accedere “coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”.

 

Dunque, è possibile avere un figlio attraverso un percorso medico assistito per la fecondazione purché si tratti di una coppia di persone eterosessuali. Un uomo e una donna. Un limite, questo, che non è previsto dalla legislazione spagnola che è stata appositamente modificata per consentire l’accesso alla fecondazione assistita anche alle coppie omosessuali.

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“Qualora una coppia di donne intenda realizzare il proprio desiderio di genitorialità potrà far ricorso al metodo ROPA (Recepción de Ovocitos de la Pareja) chiamato anche Maternità condivisa, perché entrambe le donne saranno parte attiva, con ruoli diversi, nel processo che porterà ad una futura gravidanza", si legge sul sito di ivitalia.it.

 

 Si tratta di una clinica privata - con centri a Roma, Milano e Valencia - dove la legge in vigore permette che “qualsiasi donna di età superiore ai 18 anni, e con totale capacità di intendere e di volere, potrà essere ricevente o utente delle tecniche disciplinate dalla Legge 14/2006 sulle Tecniche di Procreazione Umana Assistita”.

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Cos’è il “metodo ROPA”?

Se la natura ammette che un bimbo nasca con il dna di un uomo e una donna, la tecnica utilizzata in Spagna mette in atto una sorta di travaso di ovuli da un ventre all’altro delle due donne desiderose di essere entrambe madri.

 

Funziona esattamente così: una donna contribuirà a questo processo come donatrice offrendo i suoi ovuli, l’altra accoglierà nel proprio utero l’embrione ottenuto in seguito alla fecondazione in vitro. Il processo è lungo e potrebbe durare molti mesi affinché le cure ormonali creino le condizioni adatte alla gravidanza.

 

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I passaggi infatti, sono molto delicati. Una delle due donne viene sottoposta a stimolazione ovarica al fine di fornire gli ovociti, poi, l’altra, accoglie nel proprio utero gli embrioni derivanti dalla fecondazione degli ovociti con un campione di sperma di un donatore.

 

Facendo una semplice telefonata alla clinica tutto viene spiegato in pochi minuti. Una signorina madrelingua italiana alla segreteria ci dà subito le prime informazioni. “Le percentuali di riuscita sono molto alte”. Poi, verifica i requisiti “Siete sposate?”, chiede. Se la risposta è sì non ci sono altri vincoli.

 

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“Può prendere un appuntamento e recarsi qui nella nostra sede a Velencia, dove verrà effettuata la prima visita ginecologica a colei che porterà il bambino” spiega ancora la segretaria. E siamo anche fortunati, perché da Ivi è tempo di saldi: “La prima visita le verrà a costare 90 euro invece che 150 - ci dice - è l’offerta di febbraio”. Sulle controindicazioni la ragazza non si esprime, non è un medico, ma ovviamente, commenta “ci sono sempre delle cure ormonali da sostenere”.

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Per le quali sono necessarie terapie medicinali, i cui farmaci non sono compresi nel prezzo. Dopo averci spiegato brevemente il processo, dalla clinica ci confermano che una madre sarà la donatrice di ovociti e l’altra terrà in grembo il feto. “La prima donna sarà la madre genetica del futuro bambino, mentre la seconda sarà la madre gestazionale. Entrambe saranno riconosciute come madri biologiche”.

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La madre genetica dovrà seguire un percorso di stimolazione ovarica che coincide con quello previsto per la fecondazione in vitro convenzionale. Gli ovuli ottenuti, in una seconda fase, vengono fecondati con lo sperma di un donatore. “Una volta avvenuta la fecondazione, gli embrioni saranno costantemente monitorati in laboratorio prima di eseguire il transfer”.

 

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Dicono sul sito di Ivi. Proprio così. Il trasferimento degli embrioni nell’utero dell’altra donna. Un travaso al fine di consentire alle due donne di dire “anche io sono madre a tutti gli effetti”. Certo, c’è anche un terzo incancellabile individuo, che è il donatore anonimo. Ma tranquilli, la clinica dispone di una lunga lista di individui da scegliere “anche in base ai tratti del viso della madre”. Insomma, una vetrina di spermatozoi a disposizione del cliente. Un po’ come la frutta al mercato della domenica.

 

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Qualche viaggio in Spagna, più di cinquemila euro in pochi mesi, farmaci su farmaci ed ecco esaudito il desiderio delle coppie di donne omosessuali. Ma a quel punto come fa un tribunale italiano a negare il riconoscimento all'anagrafe se il figlio nasce con il dna di tutte e due le madri? Dalla clinica nessuna risposta: “Non siamo sotto la legislazione spagnola signora…non ci occupiamo di questo e non ne sappiamo niente.”

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