1- DAL TAVOLINO DEL BAR NEL ’54 AL SUPERMARKET DUEMILA, DA GIANGIACOMO FELTRINELLI CHE VOLEVA ‘’CAMBIARE IL MONDO CON I LIBRI, COMBATTERE LE INGIUSTIZIE CON I LIBRI” AL FIGLIO CARLO CHE VUOLE CAMBIARE IL PROPRIO CONTO IN BANCA COL MARKETING E IL PROFITTO, MARGINALIZZANDO I LIBRI A FAVORE DI GADGET E RISTORANTI 2- QUALE DIFFERENZA C’E’ TRA UNA LIBRERIA MONDADORI E UNA FELTRINELLI? SE CERCHI UNA “STRONZATINA” (DAL “CANESTRO SONORO" A UN VIDEOGIOCO) DA FELTRINELLI LA TROVI 3- UN PERCORSO COMMERCIALE CHE HA DEL TUTTO FATTO FUORI LA PICCOLA EDITORIA 4- UN COMMESSO: “ERO ENTRATO ALLA FELTRINELLI CREDENDO CHISSÀ COSA, E MI SONO RITROVATO IN UN SUPERMERCATO. I LIBRI CONTANO MENO DEI GADGET, CHE DANNO MARGINI ALTISSIMI. UFFICIALMENTE VENDI LIBRI, IN REALTÀ VENDI TUTTO IL RESTO, E SEI VITTIMA DI QUESTA LOGICA DEL PROFITTO. E CHI SCIOPERA COMPIE UN SCELTA RISCHIOSA”

Luciano Del Sette per "Alias - settimanale de Il Manifesto"

Forse quella frase pronunciata al tavolo di un bar di via Manzoni, Milano, 1954, «Cambiare il mondo con i libri, combattere le ingiustizie con i libri», appartiene alle piccole leggende che nascono intorno a un grande nome. La pronunciò, o l'avrebbe pronunciata, Giangiacomo Feltrinelli, ragionando sul progetto di una nuova casa editrice con Luciano Bianciardi, Gian Piero Brega, Luigi Diemoz, Valerio Riva. Carlo Feltrinelli, il padre, era presidente del Credito Italiano e della Edison, continuatore di una delle famiglie di maggior spicco nel mondo della finanza e dell'industria italiana.

Dunque non erano certo i soldi a mancare, e nel bagaglio dell'avventura pesava già l'acquisto della Colip, Cooperativa del Libro Popolare, e della sua collana Universale Economica. Nasce così la Giangiacomo Feltrinelli Editore, direttore editoriale Giorgio Bassani, che esordisce con due titoli: Il flagello della svastica di Lord Russell di Liverpool e l'autobiografia del primo ministro indiano Pandit Nehru. Giangiacomo non hai mai nascosto le sue idee.

È comunista, terzomondista, detesta tutto ciò che rientra nell'ordine degli schemi. I primi e incerti passi nel mondo dei libri divengono spediti quando, appena due anni dopo, la Feltrinelli pubblica Il dottor Živago, messo al bando in Unione Sovietica e non proprio gradito ai vertici del Pci, e l'anno successivo Il Gattopardo, rifiutato da Einaudi, Longanesi, Mondadori.

Il successo delle vendite spalanca nuove prospettive. Tra di esse l'apertura di una rete di librerie targate Feltrinelli. La prima viene inaugurata a Pisa, 1957, insieme a quella di Milano. Poi Genova, 1959; una seconda libreria a Milano, 1961; Firenze, 1962, Bologna, 1963; Roma, 1966.

Le altre, che oggi compongono un circuito di oltre cento punti vendita, Giangiacomo non fa in tempo a vederle. L'uomo politico spinto all'estremo, nel frattempo vola a Cuba, sono i primi anni '60, per incontrare Fidel Castro: nel '69 è in Bolivia per assistere al processo contro Régis Debray, e poi sparisce nel nulla della clandestinità; l'anno dopo fonda i Gap, Gruppi Armati Partigiani. Il 14marzo del 1972 muore ai piedi di un traliccio dell'alta tensione a Segrate, che Giangiacomo, secondo i verbali di polizia del tempo, si preparava a far esplodere.

Le librerie Feltrinelli rappresentarono in quel periodo e nel decennio successivo, un'oasi per chi cercava libri impossibili da trovare se non lì; l'occasione per discutere con gente del mestiere, farsi consigliare, scoprire testi che nessun altro pubblicava. Cambiare il mondo con i libri poteva già suonare utopia, ma conoscerlo attraverso i libri era, dentro le Feltrinelli, consolidata realtà. Nel 1998, Carlo, figlio di Giangiacomo, diventa presidente delle librerie.

Con lui inizia un moderno percorso commerciale, strettamente legato alle logiche del marketing e del profitto. Oggi, riuniti sotto il marchio Feltrinelli, oltre alla casa editrice, ci sono i cento e oltre punti vendita tradizionali già citati. Cui si uniscono le 29 Feltrinelli Libri e Musica, che dividono gli spazi della carta stampata con cd, vinile, strumenti musicali, videogiochi, dvd, gadget, giochi per bambini, prodotti di cartoleria; le Feltrinelli International, dedicate ai testi in lingua straniera;

le 25 Feltrinelli Village, dislocate in altrettanti centri commerciali; le Feltrinelli Express, all'interno di stazioni e aeroporti. Ultime nate, 2010, le Feltrinelli Point, operazione di franchising, su cui torneremo dopo. Le Feltrinelli, nel loro complesso, cifre ufficiali, hanno registrato (dati 2011) 333 milioni di vendite nette; hanno emesso 16,5 milioni di scontrini e ricevuto oltre 56 milioni di visite; danno lavoro a 1600 dipendenti.

L'ammiraglia della flotta è in Largo Argentina, Roma, con una sessantina di addetti, una superficie complessiva di 1500 metri quadri, 120.000 articoli tra libri, cd, dvd, multimedia, cartoleria. Bene, benissimo. Ma quanto resta dell'eredità intellettuale di Giangiacomo? Poco, pochissimo, ad essere benevoli. La Feltrinelli è la più importante catena di vendita editoriale, superando di gran lunga quelle a marchio Mondadori e Giunti. Ma è in tutto e per tutto simile alle altre due negli intenti.

È il profitto a contare, mentre il libro «vero», almeno economicamente, conta sempre meno; tutto è ordinato, studiato nei minimi dettagli; le varie e non eventuali pesano molto nell'occupazione degli spazi e spadroneggiano lungo il percorso che conduce alle casse. Per verificare tutto questo basta entrare, per esempio a Torino, nella Feltrinelli Libri e Musica di piazza Cln, fermandosi prima davanti alle vetrine. I libri esposti sono ‘Giochiamo ancora' dell'attaccante juventino Alessandro Del Piero, i gadget al di là dei cristalli sono le Idee Regalo Cornice Photo Frame e il Canestro Sonoro.

Oltre la soglia, il primo bancale propone guide enologiche, gastronomiche, e romanzoni alti un palmo. Appena discosto, un espositore con i titoli di Antonio Tabucchi ammicca alla recente scomparsa dello scrittore. Il resto, in evidenza, è Dan Brown, Daria Bignardi, Alberto Angela, Patricia Cornwell e un'ampia gamma di titoli commerciali. Le varie non eventuali hanno il loro fiore all'occhiello negli e-book e negli smart box. Al primo piano c'è il «supermarket» librario, immenso e anonimo, diviso per generi e in ordine alfabetico. Trionfano le grandi case editrici.

Ma dove saranno quelle piccole? Compaiono, estemporaneamente, Kaos,Minimum Fax, Nottetempo, Chiarelettere, Fandango, Castelvecchi, La Nuova Frontiera. Il resto dei piccoli non si vede, o non c'è. Al piano interrato, musica, cinema, strumenti a prezzi stracciati, videogames e quant'altro. Nel mare dei libri e della musica di questa e di altre Feltrinelli, navigano a vista i commessi: età media intorno o appena sotto i trent'anni, accanto a uno zoccolo duro di «storici» più attempati.

Nel nostro giro ne abbiamo incontrati alcuni disposti a raccontare, raccomandando anonimato anagrafico e lavorativo. Appena assunti, lo stipendio base, Contratto Nazionale del Terziario, è di circa 900 euro, che arriva a 1100/1200 con i festivi e gli straordinari.

Un responsabile di settore guadagna 1300 euro. Dice un commesso: «Quelli che stanno messi peggio, eternamente in preda allo stress, senza una vita propria, sono i direttori. Non ho mai provato alcuna ostilità nei confronti del mio direttore, nessuna invidia per il suo ruolo. Guadagna circa 1800 euro al mese. I premi incrementano non poco lo stipendio. Ammesso che lui raggiunga il target di vendita, l'obbiettivo».

Un altro commesso: «L'aziendalismo è imperante. Sei ben visto se accetti gli straordinari, non fai lo schizzinoso, sacrifichi all'impresa una buona parte della tua libertà fuori di qui. Ti dicono che è un privilegio venir assunto in Feltrinelli, che sei stato reso partecipe di un progetto culturale perché vali molto. Ma, alla resa dei conti, le capacità del singolo non vengono valorizzate, e far carriera è un'idea da non coltivare a fronte di un tornaconto economico in proporzione irrilevante».

Un altro commesso ancora: «Ero entrato alla Feltrinelli credendo chissà cosa, e mi sono ritrovato in un supermercato. I libri contano meno dei gadget, che danno margini altissimi. Ufficialmente vendi libri, in realtà vendi tutto il resto, e sei vittima di questa logica del profitto».

Vi accusano di incompetenza, di sciatteria. «Su un fronte, è vero, ci sono commessi assunti con criteri non dissimili da quelli che varrebbero per qualsiasi altro negozio. Dall'altro, c'è la regola ferrea e penalizzante del tempo da dedicare ai clienti. Nelle Feltrinelli più grandi, parlare dieci minuti con una persona significa che chi ti sta davanti è qualcuno di importante. Altrimenti hai a disposizione due minuti, e poi il computer».

La Feltrinelli e gli scioperi. Qui la parola passa a un commesso disincantato e dalle idee molto chiare: «Lasciamo da parte gli scioperi sindacali, e prendiamo invece un sciopero generale. Nessuno ti rimprovera se lo fai, però metti comunque in difficoltà l'azienda anche se la causa è nobile. La tua è una scelta di campo rispettabilissima, nessuna ritorsione, ma... Come dire: schedatura non scritta. Se poi chi sciopera è uno a tempo determinato, allora non vorrei essere nei suoi panni. Sta compiendo un scelta rischiosa».

A proposito di commessi e competenze, su internet abbiamo rintracciato questa garbata lettera alla Feltrinelli di piazza Castello, Torino.

Eccone un brano «Un giovane uomo simpatico mi ha detto che l'altro giorno è andato alla Feltrinelli per acquistare il mio libro... Il giovane uomo simpatico mi ha detto che ha seguito per filo e per segno le indicazioni che ho dato per un felice acquisto del libro in questione. In pratica, non trovando il libro tra i libri in esposizione, è andato dalla commessa e le ha detto il titolo, le ha detto l'autore e la casa editrice. E addirittura, per facilitarle il compito, le ha detto il nome del distributore. La Feltrinelli di Piazza Castello ha risposto al giovane uomo simpatico che era meglio se lo ordinava direttamente da Internet, che faceva prima... Cara Feltrinelli, se la mia amata casa editrice avesse avuto intenzione di vendere i libri da lei pubblicati via Internet, vedi, avrebbe evitato di farsi un discreto culo per trovare un distributore con il quale ha stipulato, tra l'altro, un contratto. Il signor distributore, di lavoro, fa appunto il distributore, ed è molto contento se una libreria gli ordina uno o più libri,miei o di altri».

La garbata lettera fa da ingresso al problema ‘distributori versus Feltrinelli'. Quelli dei grandi nomi piazzano decine e decine di copie e concedono al buyer (acquirente) centrale della casa editrice sconti fino al 42 per cento sul prezzo del libro, grazie ai quali un titolo appena uscito può essere offerto al pubblico con un meno 15 per cento. Il problema riguarda da vicino e drammaticamente i distributori che con eroica tenacia hanno sposato la causa dei piccoli editori.

Per loro, entrare in una Feltrinelli, avere visibilità, sperare di ottenere una copertina messa di piatto, è impresa vana, a meno di sborsare cifre impossibili guardando alle difficoltà crescenti in cui versano. Non esiste un listino prezzi ufficiale, ma se vuoi la vetrina, la locandina, il cartello sulla pila dei libri, devi pagare somme non da poco.

Altrimenti? Altrimenti sprofondi nei meandri degli scaffali, messo di costa fra tanti, disperso, affidato alla buona volontà di un commesso che ti dice se il libro c'è o non c'è, e nel caso lo ordina. «La politica della Feltrinelli nei confronti dei piccoli editori è la maggior colpevole del travaso dell'acquisto su Ibs e Amazon.

La stessa Feltrinelli, con feltrinelli.com. si è tolta dai piedi l'incomodo di tenere libri «minori» e continuare il suo cammino verso una standardizzazione sempre più sfacciata». Parola di un promotore, vale a dire chi propone i titoli alla libreria. È sempre lui a spiegare con amarezza, l'operazione di franchising la Feltrinelli Point. «L'obbiettivo è ‘aperture zero', coinvolgendo librerie già esistenti, preferibilmente nel centro storico di cittadine di media dimensione.

Arriva l'uomo Feltrinelli, e dice: i tempi sono duri, non ce la fai, ma sei una libreria storica, non devi sparire. Noi ti offriamo il salvagente. Diventa una Feltrinelli Point, ed è tutto risolto». Tutto risolto, anzi dissolto nel nulla o quasi dei titoli, nella spersonalizzazione, nella vacuità di gadget e dintorni. Milano, 1954, tavolino di un bar di via Manzoni. Troppo tempo, purtroppo, è passato.

 

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