1. GRANDE IMBARAZZO SULLA CARTA STAMPATA PER LA GIORNATACCIA DI MONCLER, GRANDE INSERZIONISTA PUBBLICITARIO SPIUMATO DA UN BOMBASTICO “REPORT” DELLA GABANELLI 2. DOPO AVERLO PRESENTATO COME UN PROGRAMMA SULLE OCHE (ANIMALISTA!) IL ‘’CORRIERE’’ SE NE OCCUPA CON UN PEZZO EQUIDISTANTE. IDEM PER “LA STAMPA”. “IL MESSAGGERO” PUBBLICA UN PEZZULLO PRO-MONCLER: “TUTTO FALSO, VI PORTIAMO IN TRIBUNALE” 3. SCELTE MILITANTI, INVECE, PER ‘’IL FATTO’’ E PER ‘’IL GIORNALE’’. PADELLARO DEDICA ALLA VICENDA UN TITOLO DI PRIMA PAGINA (“LE PIUME STRAPPATE DI MONCLER”) E RICORDA CHE RENZI CELEBRÒ L’AZIENDA COME UNO DEI SIMBOLI DEL MADE IN ITALY. SALLUSTIONI TITOLA A TUTTA PRIMA: “MASOCHISMI. QUELLI CHE SPENNANO L’ITALIA. ATTACCO ALLE AZIENDE DEL LUSSO: IL FALSO SCOOP DI ‘REPORT’ FA PERDERE 140 MILIONI A MONCLER” 4. “REPUBBLICA” INVECE DEDICA ALLA FACCENDA UN FRANCOBOLLO DI 20 RIGHE, NASCOSTO VICINO ALLE INSERZIONI, IN FONDO A PAGINA 27. NON SAPEVA CHE POSIZIONE PRENDERE?

1. FINANZA E MERCATI: MONCLER NON REAGISCE DAI MINIMI STORICI

moncler report moncler report

Fabio Brigida per Trend Online - Il quadro tecnico di Moncler pone in luce un andamento di medio periodo decisamente indirizzato verso il basso. Ad avvalorare la persistenza di tale tesi, sono le recenti settimane di contrattazioni , le quali hanno spinto il titolo su livelli via via sempre più inferiori, fino al collocamento del baricentro operativo, sui minimi storici , in un'area delicata che ha come riferimento principe, il livello di soglia psicologica 10 euro.

 

remo ruffini monclerremo ruffini moncler

(...) Il titolo quindi verte sui minimi assoluti ed una prosecuzione della pressione ribassista potrebbe spingere i prezzi verso un nuovo test del supporto psicologico di area 10 euro ma anche in questo caso dovremmo assistere da spettatori o almeno tenere a freno la tentazione di entrare a rialzo sui minimi storici.

 

2. QUELLI CHE SPENNANO L’ITALIA

Alessandro Sallusti per “Il Giornale

 

Siamo fautori del giornalismo d'inchiesta e apprezziamo i colleghi quando riescono a praticarlo. Ma sappiamo bene quanto delicato sia questo genere: una somma di fatti veri non necessariamente porta alla verità. Anzi, il più delle volte accade l'inverso, soprattutto se i fatti vengono montati e narrati secondo una trama precostituita. Altre verità, volutamente sottaciute, potrebbero portare a conclusioni diametralmente opposte. È quello che è successo domenica sera nel corso della puntata di Report, la trasmissione di Milena Gabanelli.

puntata di report su monclerpuntata di report su moncler

 

Nel mirino della cronista d'assalto è finita Moncler, azienda di abbigliamento (i famosi piumini) tra i simboli dell'eccellenza italiana. Un ex manager con qualche vendetta da consumare ha guidato gli inviati di Report nell'Est europeo, prima in un allevamento dove povere oche vengono spennate senza tanti complimenti per fornire le piume, poi in laboratori che per 40 euro l'uno assemblano i capi. Doppio scandalo: animali maltrattati e margini di guadagno iperbolici, visto che un piumino Moncler in negozio non costa meno di settecento euro.
 

puntata di report su moncler 4puntata di report su moncler 4

Il risultato è stato che ieri Moncler in Borsa - sull'onda dell'indignazione - ha perso fino al 5 per cento, bruciando 140 milioni del suo capitale. Scusate il gioco di parole, ma è davvero da oche giulive cadere in un simile tranello. Prima osservazione: Report non è riuscito in alcun modo a dimostrare che ci sia una complicità tra gli allevatori crudeli e Moncler, che infatti compera le piume da altri imprenditori che trasformano il grezzo in prodotto finito. Seconda osservazione. Si è taciuto (bastava leggere i bilanci della società), che al netto dei costi del trasporto, degli stilisti, della ricerca, della pubblicità, dei negozi, dei dipendenti e delle tasse, Moncler per ogni piumino venduto non ricava più di cento euro. Il che non mi sembra una porcheria, tantomeno un reato.
 

puntata di report su moncler 2puntata di report su moncler 2

Ma sta di fatto che l'odio sociale del giornalismo di sinistra per chi produce ricchezza ha provocato un danno enorme a un'azienda leader che solo lo scorso anno ha versato alla collettività 50 milioni in tasse. Noi vogliamo bene alle oche, ma vogliamo anche e più bene al nostro Paese. E siamo orgogliosi che un italiano, Remo Ruffini, abbia acquistato anni fa Moncler dai francesi e con il suo ingegno l'abbia trasformata da marchio fallito a sogno collettivo internazionale. Un vero scoop, non come quelli sfascia Italia della Gabanelli.

 

2. E GABANELLI PORTA BENE A CUCINELLI: IN PIAZZA AFFARI FA +2%

Da “il Giornale

 

moncler twitter 3moncler twitter 3

Non sempre Milena Gabanelli ha il tocco letale, da medusa. Capita che dispensi pure qualche carezza. Ne sa qualcosa Brunello Cucinelli, portato da Report come esempio di come si possa coniugare business ed etica imprenditoriale. Da una parte, l'inchiesta da pelle d'oca su Moncler; dall'altra, il servizio sull'imprenditore umbro che produce in Italia l'intera produzione di capi di cashmere (cari come il fuoco) e che non ha nessuna intenzione di mettere il naso fuori dai confini nazionali.

moncler twitter 1moncler twitter 1

 

Ciò non gli ha impedito di triplicare i dipendenti in 7 anni (oggi sono 1,270) nonostante gli utili rappresentino solo il 9% del fatturato, fra botteghe artigiane aperte e stipendi che privilegiano il lavoro delle sarte, pagate il 15% in più di operai e amministrativi. In Borsa ieri il titolo ha guadagnato quasi il 2%. Grazie, Milena.

 

3. MONCLER SPIUMATO IN BORSA - CROLLA IL TITOLO (-4,9%) DELL’AZIENDA DEI PIUMINI CHE RENZI CELEBRÒ COME UN SIMBOLO DEL MADE IN ITALY

Carlo Di Foggia per “Il Fatto Quotidiano

 

Almeno per ora: Report spiuma Moncler”. Questa la sintesi che si legge su Twitter della giornata trascorsa ieri dallo storico marchio di piumini, chiusa tra polemiche feroci e con un pesante tonfo in borsa (-4,9 per cento). Cosa è successo? Gli investitori hanno prezzato il colpo inflitto all’azienda di Remo Ruffini da un'inchiesta della trasmissione di Milena Gabanelli andata in onda domenica sera.

MILENA GABANELLI NELLA REDAZIONE DI REPORT FOTO LUCIANO VITI PER SETTE MILENA GABANELLI NELLA REDAZIONE DI REPORT FOTO LUCIANO VITI PER SETTE

 

Durante la puntata, la giornalista Sabrina Giannini ha mostrato la catena di produzione dell'azienda italiana - elogiata pochi mesi fa da Metteo Renzi come “esempio del made in italy” - ormai da anni concentrata nei paesi dell'Est e i brutali metodi utilizzati per la raccolta delle piume d'oca.

 

Nei grandi allevamenti dell’Ungheria (che riforniscono mezza Europa) queste vengono spiumate vive e lasciate con la pelle lacerata: quelle che non muoiono di infezione, aspettano la successiva tornata. Una prassi formalmente censurata dalle autorità europee ma considerata “inevitabile” visto un mercato - quello del lusso - dove aumenta progressivamente la domanda di piume.

Premio Guido Carli Alessandro Sallusti Premio Guido Carli Alessandro Sallusti

   

Le piume, insieme al resto dei materiali, vengono spedite ai terzisti che confezionano i capi: aziende dislocate ai confini dell'Est Europa che assemblano i prodotti per conto dei grandi marchi della moda, con paghe da fame e in cambio - accusa Report - di prezzi non troppo lontani da quelli applicati dai fornitori italiani: in media 30 euro a pezzo (in confronto ai 60 in Italia, ma che gli analisti stimano intorno ai 150) per capi che in negozio possono arrivare fino a 1200 euro.

 

Le telecamere della Gabanelli hanno percorso la transumanza degli italianissimi brand del lusso: dalla Romania all'Armenia fino alla Transnistria, uno Stato autoproclamato, non riconosciuto dalle Nazioni Unite, dove non sono ammessi i giornalisti e ignorati i diritti umani ma si producono i capi di Prada, Aspesi e diversi altri marchi (compreso, fino al 2010, la stessa Moncler).

antonio padellaroantonio padellaro

 

Nonostante molti terzisti denuncino la scarsa qualità dei materiali inviati dall'azienda di Ruffini, chi non accetta le continue revisioni al ribasso perde le commessa. In sintesi: Moncler potrebbe rifornirsi da aziende che maltrattano gli animali; non dà lavoro in Italia; non usa prodotti di qualità e i suoi piumini hanno un costo di produzione di un decimo del prezzo in negozio. “Che cazzo me ne frega a me dei lavoratori italiani”, ha sbottato uno dei terzisti alle domande di Report.

   

Nel 2003 Ruffini ha rivelato un marchio francese decotto, in crisi dopo il boom degli anni ottanta in cui era stato di moda, rilanciandolo, con l’aiuto dei fondi d’investimento A fine 2013 è sbarcato in Borsa con una quotazione record, chiusa con una capitalizzazione di 3,7 miliardi di euro. Alla fine dell'anno la società dei piumini - 410 dipendenti e 580 milioni di fatturato - valeva più di Finmeccanica (67 mila addetti e 17 miliardi di ricavi) e Mediaset (che fattura sette volte tanto).

 

ferruccio de bortoliferruccio de bortoli

Dopo la puntata, la rabbia ha invaso i social network frequentati anche dai potenziali clienti Moncler. L’azienda si è difesa minacciando querela, riconoscendo che “da sempre produce anche in Est Europa” e “in Italia ha mantenuto collaborazioni efficienti”. Non solo, “utilizza solo piuma acquistata da fornitori obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali” (tradotto: noi lo scriviamo, poi se gli allevatori imbrogliano non è colpa nostra).

   

Dopo la quotazione record, da dicembre scorso il titolo ha perso oltre il 26 per cento (mentre la Borsa nel complesso ne guadagnava più del 10), passando da 14 a 10,52 euro per azione: oggi in Borsa vale 2,6 miliardi di euro. I fondi (soprattutto Carlyle) hanno fatto affari d’oro, e ora, dopo aver molto diluito la loro quota, hanno lasciato il controllo a Ruffini (se continuerà la discesa, a perderci saranno soprattutto i piccoli risparmiatori). Un lento declino, che ieri ha subito un'ulteriore, duro, colpo.

 

Ezio Mauro Ezio Mauro

“Ho ricevuto chiamate da investitori americani molto preoccupati”, spiega al Fatto uno degli analisti che seguono il titolo, che però minimizza: “Moncler ha perso molto, ma meno di altri. Visti i prezzi a cui viene negoziato il titolo, qualsiasi notizia provoca violente oscillazioni”. Il colpo potrebbe essere presto riassorbito. “L’azienda ha rassicurato sul trattamento degli animali, perché teme campagne degli animalisti. Per il resto, le informazioni di Report erano sconosciute al grande pubblico, ma arci-note agli investitori e al mercato”.

   

oche spiumateoche spiumate

Dopo aver abbandonato i fornitori italiani (tutti al Sud) oggi Moncler fabbrica in Italia solo alcuni capi di gamma alta (Rouge e Blue), che però valgono il 20 per cento del fatturato, in continua crescita. “Dal punto di vista finanziario - spiegano gli analisti - l'azienda è un gioiellino”. Nello stesso periodo in Borsa i concorrenti hanno fatto peggio: da Tod's (-39 per cento) a Ferragamo (-25) al cachemire di Brunello Cucinelli (-30), l'unico che produce tutto in Italia: “Il settore del lusso è in a crisi: la Cina rallenta, le tensioni in Ucraina spingono i russi a non comprare, l’Europa non fa mercato.

 

Ma di solito bastano poche settimane per riassorbire queste tensioni”. Gli esempi non mancano: da H&M a Zara (sfruttamento e margini ridotti per i fornitori), alle italiane Algida, Calzedonia, e Barilla, l’indignazione social ha vita breve, come il panico degli investitori: “Luxottica dopo l'addio dell’ad Andrea Guerra, ha perso il 13 per cento, dopo 10 giorni è risalita del 13”.

 

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