james bloodworth amazon

IERI ERA LA MINIERA, OGGI AMAZON: VIAGGIO NEL LATO OSCURO DELLA ‘GIG ECONOMY’, L’ECONOMIA DEI LAVORI SALTUARI, DOVE BASTA ANDARE A PISCIARE E SI VIENE LICENZIATI - IL LIBRO DI JAMES BLOODWORTH, PER 6 MESI IN UN MAGAZZINO DI AMAZON, DOVE SI LAVORA A 7 EURO L’ORA PER RENDERE BEZOS L’UOMO PIÙ RICCO DEL MONDO - MA HA TESTATO PURE UBER, FOODORA, DELIVEROO, JUSTEAT…

 

Gaia Cesare per “il Giornale

 

Sei punti come sei possibilità prima di essere licenziato. Anche se il tuo contratto, quando sei fortunato, dura nove mesi.

 

JAMES BLOODWORTH HIRED AMAZON

Anche se non te lo hanno mai fatto vedere. Anche se arrivi in ritardo di un minuto su una giornata lavorativa di dieci ore e mezza, in cui a stento hai il tempo per un caffè e macini chilometri su chilometri in un deposito grande quanto dieci campi da calcio, dove non parli con nessuno, anche perché in gran parte gli impiegati sono immigrati romeni. Un punto su sei ti viene affibbiato anche se quel ritardo dipende dal bus che l' azienda mette a disposizione. E lo stesso vale per un giorno di malattia, perché non serve a nulla nemmeno il certificato medico. Una settimana a casa con la febbre, week-end escluso, vuol dire cinque punti sul curriculum, cioè un passo dal licenziamento. «Essere punito per essermi ammalato, anche se ho dato un preavviso, è legale?», chiede James. «È quello che Amazon fa da sempre», gli rispondono i suoi superiori.

 

Benvenuti nel magico mondo della gig economy, quella dei lavori senza tutele, a chiamata, e dei contratti a zero ore. James Bloodworth ha voluto vederlo con i suoi occhi e per sei mesi ha lavorato in incognito, cioè senza rivelare di essere un giornalista, in uno dei sei mega-depositi Amazon del Regno Unito, poi come assistente sociale per una delle agenzie private che ormai fanno il lavoro del servizio sanitario nazionale, e ancora come tassista Uber e come telefonista in un call center. Il risultato di questa esperienza è tutto in Hired (appena pubblicato in Gran Bretagna con Atlantic Books).

 

telecamera nascosta in un magazzino amazon inglese

Ed è uno spaccato del mondo del lavoro contemporaneo che non sembra nemmeno avere come ambientazione l' Europa culla dei sindacati. Invece è qui, al di là della Manica, ma potrebbe essere in qualsiasi altro Paese europeo, Italia compresa, dove ci sono i call center, i taxi che puoi chiamare con un' app sul telefono e gli immensi depositi del più grande rivenditore al mondo. Ieri era la miniera, oggi è un magazzino Amazon oppure un' automobile Uber. E non è un' esagerazione.

 

Perché se non si rischia più la vita dentro una cava buia, al tempo della gig economy si rischia comunque la salute, tra depressione, stress e l' amara constatazione che ogni sforzo quotidiano ti fa vivere comunque al limite della soglia di povertà e sotto la pressione psicologica di poter perdere la tua occupazione temporanea in qualsiasi momento, con un preavviso di qualche minuto.

 

«È come vivere sotto dittatura - spiega al Giornale James Bloodworth a proposito di Amazon, che solo nel Regno Unito impiega 8mila persone -. Loro impongono le regole ed è impossibile non infrangerle, perché anche andare in bagno può costarti il lavoro, quando ci metti 7-10 minuti per raggiungere la toilette che è a quattro piani di distanza, costretto a passare ogni volta per gli scanner anti-furto. Puoi fare tutto benissimo, essere un lavoratore modello ma puoi sempre perdere il tuo impiego e finire per avere problemi economici».

JAMES BLOODWORTH AMAZON

 

L' esperienza più tragica Bloodworth l' ha vissuta proprio in uno dei depositi di Jeff Bezos, l' uomo più ricco del mondo. «Il primo giorno ti ripetono fino alla nausea che il lavoro è temporaneo. Poi passano tutto il tempo a controllare la tua produttività. Anche bere e mangiare è una sfida. In un mese ho contato sulle dita di una mano il tempo per un caffè, non mi hanno mai fatto vedere un contratto e non ho mai saputo quali fossero i miei diritti.

 

telecamera nascosta in un magazzino amazon inglese

Con il sistema a punti, poi, basta ammalarsi per qualche giorno per esser fatti fuori». «Il posto - il deposito di Rugeley, nord dell' Inghilterra, 1.200 dipendenti - ha l' atmosfera di una prigione. Quando entri devi liberarti del tuo telefono e sottostare ai controlli di sicurezza, passando per i metal detector ogni volta che fai una pausa. Le guardie vietano anche gli occhiali da sole. Mi hanno spiegato che hanno bisogno di guardarti negli occhi per vedere se hai bevuto troppo la sera prima».

 

Tutto per una paga di 7 euro l' ora mentre il suo fondatore, Bezos, è in cima alla lista degli uomini più ricchi del pianeta, con un patrimonio di 60,7 milioni di dollari. «Nessuno era direttamente assunto da Amazon e l' agenzia che faceva da tramite, Transline, spesso tardava i pagamenti e sbagliava i conti, sempre al ribasso ovviamente. Qualcuno non è mai più riuscito ad avere quello che gli spettava. E per molti voleva dire perdere il contratto d' affitto o bucare la rata di un prestito».

magazzino amazon

 

Un copione agghiacciante, che si ripete anche negli altri luoghi dove James ha fatto la sua esperienza. Nel call center della Admiral, società di assicurazioni dove ha lavorato nel Galles del Sud, gli hanno da subito spiegato che c' era un «occhio in stile Grande Fratello» a osservarli. E l' esperienza più dura dal punto di vista emotivo è stata quella di assistente sociale. «Le visite dovrebbero durare 20 minuti ma di solito non ne avevi più di 5 perché gli appuntamenti sono incastrati come sardine. Lavori dalle 7-8 del mattino fino alle 10-11 di sera, spesso perché qualche assistito non si sente bene. Tante volte non c' è nemmeno il tempo di cambiare il pannolone».

 

MAGAZZINO AMAZON A PHOENIX IN ARIZONA

Poi c' è Uber, per cui James ha lavorato a Londra. «Hai 15 secondi per accettare una corsa, anche se non sai qual è la destinazione, e devi dire sì all' 80% delle richieste, se no sei fuori, anche dopo tre di fila». Il tuo destino appeso a un algoritmo.

Come succede ai rider, i fattorini in bicicletta di Deliveroo e degli altri operatori di consegne di cibo a domicilio, da Foodora a Just Eat, da Ubereats a Glovo.

 

Qualcuno stenta a credere alla storia dei dipendenti che urinano nelle bottiglie, ad Amazon, per non perdere tempo. «Chi non ci crede - ci spiega ancora Bloodworth - è perché non è mai entrato in un deposito. E ha subìto la propaganda del sistema di pubbliche relazioni di Amazon. Complice il silenzio di molti, che non vogliono sapere perché gli va bene comprare a buon prezzo, con consegne veloci e a domicilio. Ma a quale costo sociale?».

gabrielle canales ladra di uberproteste dei rider deliveroo just eat sgnamuber stelline per autisti e passeggeri

 

protesta dei rider di deliveroo e justeatrider deliveroo

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?