john elkann carlos tavares renault peugeot stellantis

“NON ESISTE ALCUN PIANO DI FUSIONE CON ALTRI COSTRUTTORI” – JOHN ELKANN SMENTISCE L’IPOTESI DI UN ACCORDO TRA STELLANTIS E RENAULT, CHE RIDURREBBE (ANCORA DI PIÙ) LA CENTRALITÀ DELL’ITALIA – ANCHE MATTEO SALVINI INTERVIENE SULLA QUESTIONE, GIUSTO PER INFILZARE IL MINISTRO MELONIANO URSO: “L’INGRESSO DELLO STATO? CON TUTTO QUELLO CHE AGLI ITALIANI È COSTATA L’EX FIAT, LO STATO CI È GIÀ ENTRATO 18 VOLTE. L’ATTUALE STELLANTIS È L’ULTIMA CHE PUÒ IMPORRE, DISPORRE O MINACCIARE…”

ELKANN, NESSUN PIANO DI FUSIONE CON ALTRI COSTRUTTORI

CARLOS TAVARES JOHN ELKANN - STELLANTIS

(ANSA) - "Non esiste alcun piano allo studio riguardante operazioni di fusione di Stellantis con altri costruttori. La società è concentrata sull'esecuzione del piano strategico Dare forward e nella puntuale realizzazione dei progetti annunciati per rafforzare l'attività in ogni mercato dove è presente, inclusa l'Italia". Lo afferma il presidente di Stellantis John Elkann, interpellato dall'ANSA. "Stellantis - aggiunge - è impegnata al tavolo automotive promosso dal Mimit che vede uniti il governo italiano con tutti gli attori della filiera nel raggiungimento di importanti obiettivi comuni per affrontare insieme la transizione elettrica".

 

SALVINI, 'ITALIA È GIA ENTRATA IN STELLANTIS 18 VOLTE

MATTEO SALVINI

(ANSA) - "Con tutto quello che agli italiani è costata l'ex Fiat, l'attuale Stellantis è l'ultima che può imporre, disporre o minacciare". Lo afferma il ministro dei Trasporti e vicepresidente del consiglio Matteo Salvini rispondendo a una domanda sull'ingresso dello stato in Stellantis. "Diciamo - sottolinea - che lo stato ci è già entrato 18 volte con i soldi dei cittadini". "Io - prosegue - sono per il privato, che faccia il privato ma è troppo comodo fare il privato come lo hanno fatto questi signori che poi hanno trasferito all'estero sedi e stabilimenti". "Quindi - conclude - non penso che lo stato italiano possa accettare imposizioni da signori che con l'Italia hanno poco a che fare".

 

Luca De Meo DI RENAULT

SALVINI, 'NON COMMENTO INDISCREZIONI STELLANTIS-RENAULT'

(ANSA) - "Non commento le indiscrezioni". Così ha replicato il ministro dei Trasporti e vicepresidente del consiglio Matteo Salvini replicando a una domanda su un possibile consolidamento futuro tra Stellantis e Renault. Salvini ha parlato a margine dell'inaugurazione del cantiere per il raddoppio della linea tra Bergamo e Ponte San Pietro.

 

UN GRANDE GRUPPO CON LA TESTA A PARIGI: LE FABBRICHE ITALIANE ANCORA PIÙ AI MARGINI

Estratto dell'articolo di Francesco Bertolino per il “Corriere della Sera”

 

carlos tavares john elkann

In un’industria in recessione come quella dell’auto, i costruttori si aggregano sopratutto per fare sinergie. Fuori dal gergo finanziario, per tagliare i costi, eliminando doppioni e sovrapposizioni, e per spalmare gli investimenti sull’elettrico su una base di ricavi più ampia, mantenendo elevati i dividendi per i soci.

 

L’ipotizzata alleanza fra Stellantis e Renault (o, per meglio dire, l’eventuale acquisizione di Renault da parte di Stellantis) non farebbe eccezione. Con quali rischi per le fabbriche italiane dell’ex Fiat-Chrysler e per i suoi 43 mila dipendenti nel Paese? A prima vista, non sussistono ridondanze produttive: in Italia sono attivi solo sei impianti di Stellantis. Ciò non toglie che l’unione dei due gruppi potrebbe comportare diverse insidie indirette per l’industria dell’auto nazionale.

 

Anzitutto, il nuovo colosso da oltre 7 milioni di auto vendute e 220 miliardi di fatturato annui — che, con minimo sforzo di fantasia, chiameremo Stellault — si troverebbe con 17 marchi (14 di Stellantis e 3 di Renault), che oggi spesso sono concorrenti. Avrebbe senso a quel punto mantenere i brand di Fiat, Lancia, Maserati accanto a quelli di Dacia, Renault e Alpine? Qualora alcuni di loro dovessero sparire, gli impianti dedicati alla produzione dei loro modelli potrebbero risentirne.

 

adolfo urso foto di bacco (3)

La filiera dell’auto italiana si troverebbe poi a dover gestire un cliente ancor più scomodo di Stellantis, già di per sé molto ingombrante e altrettanto esigente quanto ai prezzi delle forniture. Un terzo dell’indotto nazionale genera infatti oltre il 50% del giro di affari con le vendite al gruppo ex Fca e il 68,4% lo annovera tra i clienti, mentre Renault realizza ogni anno acquisti per circa un miliardo nel Paese. La nascita di Stellault aumenterebbe quindi la dipendenza dei fornitori italiani da un gruppo con baricentro decisionale molto spostato verso la Francia.

 

IL VIDEOMESSAGGIO DI MATTEO SALVINI ALLA SCUOLA POLITICA DELLA LEGA

Alla luce dei valori in campo, in realtà, la combinazione fra Stellantis e Renault non modificherebbe radicalmente gli equilibri nell’azionariato. L’aggregazione potrebbe avvenire secondo più modalità: ipotizzando un’acquisizione carta contro carta, poiché Renault vale 10,4 miliardi in Borsa e Stellantis 66,7, i soci di Renault otterebbero nel nuovo gruppo una partecipazione pari a un sesto di quella attuale.

 

Il governo francese — che detiene il 6,4% di Stellantis (ma il 9,9 dei diritti di voto) e il 15% di Renault — arriverebbe così a controllare il 9-10% del neonato gigante dell’auto. Una quota che, sommata a quella della famiglia Peugeot (oggi al 7,1% di Stellantis), porterebbe probabilmente gli azionisti francesi a sopravanzare nel capitale di Stellault la holding Exor degli Agnelli-Elkann, che ora è il primo socio di Stellantis con il 14,9%.

Luca De Meo CEO DI RENAULT

 

Al di là delle possibili alchimie finanziarie, [...] la Francia sarebbe di sicuro il centro industriale e gestionale del nuovo costruttore. Fra componentistica e assemblaggio, Stellault si troverebbe ad avere nel Paese 23 stabilimenti [...] e oltre 80 mila dipendenti, rispettivamente il quadruplo e il doppio rispetto agli impianti e al personale dell’ex Fca in Italia [...]

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…