PESCE FUOR D’ACQUA – “PSC” HA PRESENTATO RICHIESTA DI CONCORDATO PREVENTIVO: CON IL FINANZIAMENTO DI CDP E UN PARTERRE DI MANAGER BLASONATI, DOVEVA DIVENTARE IL POLO NAZIONALE DELL’IMPIANTISTICA, E INVECE IL GRUPPO CONTROLLATO DAI FRATELLI PESCE PORTA I LIBRI IN TRIBUNALE – L’OPERAZIONE ITALTEL E L’AUMENTO VERTIGINOSO DEI DEBITI…

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Andrea Muratore per www.tag43.it

 

roberto loiola roberto loiola

Era nell’aria da mesi e ora è successo. Lo scorso 22 giugno il gruppo Psc ha presentato richiesta di concordato preventivo alla sezione fallimentare del Tribunale di Lagonegro. Il dottor Tommaso Nigro, commercialista e consulente d’impresa con studio a Eboli e Salerno, è stato nominato commissario giudiziario per curare il percorso verso il fallimento dell’azienda lucana con sede a Maratea, in provincia di Potenza.

 

Il polo di impiantistica e il sostegno di Cdp

La notizia è rilevante perché Psc, società fondata nel dopoguerra da Emidio Pesce e lanciata negli ultimi tempi a diventare un importante polo dell’impiantistica, era stata interessata nel corso dell’anno scorso da un’operazione di finanziamento da 75 milioni di euro sostenuta da Patrimonio Rilancio di Cassa Depositi e Prestiti.

 

Psc, gruppo controllato dai fratelli Roberto e Angelo Pesce, per supportare le sue ambizioni aveva chiamato nel suo cda un parterre di manager molto noti (a guidarlo ci fu anche Mauro Moretti, ex ad di Ferrovie dello Stato e di Leonardo-Finmeccanica). Il progetto, malamente naufragato, era di creare un colosso nazionale dell’impiantistica.

richiesta di concordato psc richiesta di concordato psc

 

L’operazione di finanziamento, assistita dal programma Garanzia Italia di Sace, era stata condotta con un pool di banche con UniCredit nel ruolo di banca agent e composto da Banco BPM, Cdp e MPS Capital Services. Oltre ai 75 milioni Cdp aveva deliberato lo scorso settembre un ulteriore finanziamento di 39,6 milioni di euro sotto forma di prestito convertibile.

 

Le difficoltà di Psc e l’acquisizione di Italtel

Ma nel capitale di Psc troviamo anche altre partecipate pubbliche. Nel 2014 Simest – società di Cdp il cui scopo è supportare la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese italiane – è entrata nel capitale e detiene il 9,64 per cento delle quote.

 

Un altro 10 per cento è in mano, dal 2018, a Fincantieri. Il rimanente 80,36 per cento è controllato da Psc Partecipazioni, il cui capitale è controllato pariteticamente da Angelo e Umberto Pesce. La società è stata, assieme a Pizzarotti, la prima su cui Patrimonio Rilancio si è indirizzata nel dicembre scorso. Psc fatturava nel 2020 314 milioni di euro, con un calo del 14,6 per cento rispetto all’anno precedente, e aveva registrato una perdita di 121 milioni.

tommaso nigro tommaso nigro

 

Debiti superiori al patrimonio

Nel 2021 Psc era entrata con forza nel capitale di Italtel, società che nel dicembre scorso ha ricevuto dal Tribunale di Milano un’analoga richiesta di concordato preventivo.

 

La società che progetta e realizza soluzioni e servizi per la trasformazione digitale oggi ha un capitale sociale che per il 54 per cento è detenuto dalla stessa Psc, per il 28 dal fondo Clessidra Capital Credit e per il 18 dal Gruppo TIM.

 

L’operazione su Italtel condotta dai tre azionisti comportava un aumento di capitale di 56,3 milioni di euro. Nei giorni scorsi Fiom-Cgil aveva comunicato di aver ricevuto da Psc la richiesta di portare i libri in tribunale formalizzata a Lagonegro, esprimendo preoccupazione per la mossa.

 

umberto pesce umberto pesce

Già nel 2019, come risulta dai bilanci, i debiti finanziari netti del gruppo Psc sono aumentati da 67,9 a 124,8 milioni, superando il patrimonio netto che era allora di 90,1 milioni. Viene così a emergere la natura problematica, se non addirittura spericolata, di una strategia industriale che prevedeva per il periodo 2021-2026 tra le fonti di finanziamento il ricorso all’iniziativa Patrimonio Rilancio salvo poi proseguire con l’investimento in società a rischio insolvenza o decotte come Italtel.

 

L’ad Roberto Loiola ha lasciato dopo quattro mesi

Da sottolineare come nei mesi scorsi Psc, che non ha ancora approvato il bilancio del 2021, ha visto l’uscita dai suoi ranghi di molti nomi di peso dell’industria nazionale: in primo luogo lo stesso Moretti, che non figura più tra i membri del cda; ma non appaiono più tra i nomi Vito Cozzoli, presente nel gennaio 2021 con la delega agli Affari Istituzionali e oggi presidente di Sport e Salute spa, e Andrea Severini, che allora ricevette la delega e i correlati poteri operativi in materia di Amministrazione, Bilanci, Finanza Tesoreria e Controllo di Gestione. Si è dimesso per ragioni di incompatibilità anche Luigi Ferraris dopo la nomina alla guida di Ferrovie.

PSC GROUP PSC GROUP

 

E, complice il suo recente ingresso nel cda di Autostrade, ha lasciato anche Fulvio Conti, ex presidente di Enel e Telecom Italia.  Mentre la carica di ad dopo l’uscita di scena di Moretti era passata a Roberto Loiola, un passato come vicepresidente di Nokia ed  ad di Sirti. Il manager, dopo essere rimasto in carica per soli quattro mesi, ha lasciato l’azienda.

 

Il rischio ora è che il finanziamento di Cdp si dissolva senza produrre risultati mentre, nel frattempo, la rete di partecipazioni e investimenti di gruppi legati allo Stato in qualità di azionisti (Fincantieri, Simest) o garanti (Sace) in Psc possa tramutarsi in ulteriori perdite secche. Il flop della prima operazione di Patrimonio Rilancio metterebbe inoltre definitivamente a terra le prospettive di ripresa di Italtel.

 

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Per l’ente di via Goito un’altra grana che induce a riflettere sul ruolo che con l’arrivo di Dario Scannapieco intende ricoprire. L’ex vice presidente della Bei era arrivato con l’intento di disboscare molte delle partecipazioni in cui la Cassa era invischiata, per rilanciarne la vocazione si supporto ai grandi piani industriali strategici per il sistema industriale del Paese. Non immaginava evidentemente di trovarsi a fare da “salvagente” per i fallimenti del mercato in contesti dove pubblico e privato si invischiano in relazioni economico-finanziarie tutt’altro che sostenibili.

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