LE PRIME DIECI BANCHE ITALIANE HANNO 228 MILIARDI DI CREDITI DIFFICILI SUI 249 MILIARDI TOTALI IN PANCIA ALLE NOSTRE BANCHE - INTESA, UNICREDIT, MPS E CARIGE GLI ISTITUTI PIÙ ESPOSTI - CON LE NUOVE REGOLE DELLA BCE, GLI ISTITUTI DI CREDITO SUBIRANNO UN DRAMMATICO CALO DI UTILI

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Gianluca Paolucci per “la Stampa”

 

SOCI CAI INTESA UNICREDIT SOCI CAI INTESA UNICREDIT

Nel 2016 le prime 10 banche italiane hanno registrato nuovi crediti problematici in bilancio per 29,4 miliardi. Si va dai 10,5 miliardi di Unicredit - che ha impieghi totali per 444,6 miliardi - agli 1,1 miliardi dei Carige o ai 706 milioni di Creval, che però hanno impieghi alla clientela sensibilmente inferiori e pari rispettivamente a 18,2 e 17,4 miliardi di euro. Tutte insieme, le prime dieci banche hanno 228 miliardi di crediti difficili sui 249 miliardi totali in pancia alle banche italiane.

 

BANCA CARIGE BANCA CARIGE

Secondo gli analisti di Equita, applicando ai numeri del 2016 le nuove regole sui crediti problematici proposte dalla Bce, il costo dei rischi per queste banche sarebbe incrementato di 3,5 miliardi di euro. Ed è questo numero a spaventare di più i banchieri e, a cascata, regolatori, governanti e imprese.

 

La maggior parte (78%) delle nuove sofferenze sono garantite e quindi le banche avrebbero sette anni di tempo per essere «abbattuti» del 100%. Secondo i dati di Bankitalia, il 54% delle garanzie viene recuperata dopo più di 5 anni ma entro nove anni la percentuale di recupero si avvicina al 100%.

 

CREDITI DETERIORATI CREDITI DETERIORATI

Ma è la componente senza garanzie quella che desta maggiori preoccupazioni che va ammortizzata entro due anni ed è composta prevalentemente da famiglie (credito al consumo) e piccole imprese. «Se ci sarà una stretta del credito sarà su queste categorie», spiega un gestore di fondi che ha investimenti nelle banche italiane.

 

Il ragionamento che fa un banchiere è il seguente: è vero che gli Utp (unlikely to pay, inadempienze probabili, il gradino che precede le sofferenze) tendono a diventare sofferenze al ritmo del 15/20% all'anno.

 

CREDITI DETERIORATI CREDITI DETERIORATI

«Ma è anche vero che statisticamente circa un terzo tornano "in bonis". Le banche finora avevano l'incentivo a tenere il cliente e stabilizzare l'esposizione». Con la proposta della Bce, «viene meno l'incentivo a recuperare l'esposizione privilegiando la vendita del credito a fondi specializzati, il cui interesse è recuperare in fretta il proprio credito a scapito del cliente».

 

Spostando l' attenzione dai problemi dei clienti a quelli delle banche, la prospettiva cambia. Il problema maggiore della proposta della Bce è proprio quello di chiedere di accantonare al 100% delle categorie di credito deteriorato che finora le banche italiane hanno pensato di gestire internamente senza troppi patemi.

 

I cosiddetti Utp, ad esempio, secondo una ricerca di Credit Suisse hanno tassi di copertura del rischio che vanno dal 44% di Unicredit al 26% di Bper. Gli scaduti («past due» nella definizione anglofona, il primo gradino del credito deteriorato) hanno coperture che vanno dal 34% ancora di Unicredit al 8% di Bper o al 9% di Ubi.

CREDITI DETERIORATI CREDITI DETERIORATI

 

La necessità di aumentare gli accantonamenti, seppur in maniera graduale, peserà maggiormente sugli istituti più deboli. Guardando all' ultima riga del bilancio, la stima per il 2018 è di un impatto sugli utili di circa un miliardo (sempre per le prime dieci banche) sugli 8,4 miliardi di utili attesi per il prossimo anno.

 

Ma se per Unicredit e Intesa Sanpaolo, gli istituti più solidi, il calo dell' utile sarà limitato ad una percentuale compresa tra l' 8% e il 9%, per Bpm Banco l' impatto sull' utile atteso arriverà al 21%, al 26% per Bper e fino al 47% per Carige, per la quale peraltro il mercato stima già una perdita netta di 50 milioni.

RECUPERO CREDITI RECUPERO CREDITI

 

In attesa di chiarire il quadro regolatorio, il fondo speculativo Bridgewater Associates (160 miliardi di asset in gestione, uno dei più grandi fondi speculativi Usa) ha scommesso oltre 700 milioni di euro sul ribassi di un paniere di banche italiane che comprende Unicredit, Intesa, Ubi Banca, Bper e Banco Bpm.

 

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