“TELEFONICA” HA MESSO IN SOFFITTA BERNABE’ E ALIERTA IL GOVERNO: EVITATE IL VETO E VI PROMETTIAMO MANAGER ITALIANI (SARMI) E RILANCIO DELLA RETE

Federico Fubini per "la Repubblica"

Né l'uno né l'altro hanno fretta di farlo sapere, benché ciò che è successo nei giorni scorsi sia semplicemente ovvio. Enrico Letta e Cesar Alierta si sono parlati e devono essersi capiti piuttosto bene. Senza veri punti d'attrito. Il presidente di Telefonica non è andato in visita ufficiale dal premier - sarebbe stato prematuro - ma non ha trascurato di chiarire con lui le intenzioni del gruppo spagnolo su Telecom Italia. E Letta gli ha risposto ponendo alcune condizioni, peraltro accettate.

Sono episodi del genere a dare il senso di come in questa saga telefonica esista un doppio tracciato. Quello visibile è segnato dal furore di molti, non solo nella politica, per l'addio all'"italianità" di un'azienda un tempo pubblica. Poi però c'è anche una seconda rotta. È un filone sotto traccia, lungo il quale italiani e spagnoli hanno già concordato le garanzie in base alle quali Telefonica controllerà Telecom e si impegnerà a farla crescere. Anche in Italia (rete inclusa), non solo in America Latina.

Alierta su questo è stato chiaro: il gruppo di Madrid non sale nell'azionariato di Telco, la holding che esercita il controllo di Telecom con una quota di appena il 22,4%, solo perché è interessato alle attività degli italiani in Brasile o in Argentina. Gli spagnoli si sono convinti che anche la parte del gruppo che insiste sull'Italia offra opportunità. Benché in recessione, questa resta l'ottava economia del pianeta. C'è poi però anche un secondo motivo per la scelta di Madrid, più pragmatico: l'azienda ha già sbagliato così tanti piani che può solo migliorare, purché abbia una guida che conosce il settore telecomunicazioni e sappia muoversi.

Non sarà facile, e non solo perché il fatturato in Italia è inchiodato a 30 miliardi dal 2008, i debiti sono a 40 miliardi, mentre i margini netti sono in rosso profondo da due anni. Telefonica ha di fronte a sé momenti difficili anche con i regolatori in Brasile e in Argentina, dove si crea una posizione fin troppo dominante della nuova entità italo-spagnola. Non è neanche escluso che Buenos Aires prima o poi nazionalizzazi. Eppure la strategia ormai è decisa: un gruppo multinazionale fortissimo in Spagna, Italia e Brasile, tre delle prime dieci economie del mondo, e con il 30% del mercato del mobile in Germania tramite O2, già controllata dagli spagnoli.

Di qui le scelte già discusse da Alierta con il governo e con i soci in Telco, Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali. Poiché punta (anche) sull'Italia, Telefonica intende mantenere il controllo dell'attivo più prezioso di Telecom: l'infrastruttura di rete. È da lì che vicente gran parte dei ricavi e lo sviluppo futuro. Dunque niente cessione a Cassa depositi e prestiti o a chiunque altro.

In contropartita, Telefonica fornirà tutte le garanzie che il governo richieda sulla sicurezza, l'efficienza del sistema e forse anche gli investimenti. Del resto si tratta solo di reciprocità, da quando Enel controlla il gruppo elettrico iberico Endesa. C'è poi un impegno in più che Telefonica assume per rassicurare la politica, perché intende puntare su un capo azienda italiano.

Sotto osservazione c'è Marco Patuano, 49 anni, oggi amministratore delegato di Telecom benché sottoposto al presidente esecutivo Franco Bernabè. Ma nelle scorse settimane gli spagnoli hanno sentito almeno un altro manager: Mauro Sacchetto, 54 anni, studi a Stanford e esperienze da top manager a Datalogic e a Pirelli Cavi. Anche questi sondaggi preliminari fanno capire che per gli spagnoli non è stata una scelta facile, maturata in agosto.

In precedenza Alierta fin lì era rimasto un socio passivo, magari in attesa che il gruppo si deprezzasse nella cattiva gestione della filiera tutta italiana. Di certo in estate gli altri soci di Telco avevano sondato altri potenziali acquirenti. Gli americani di At&t hanno declinato: in Europa, hanno fatto sapere, sono interessati solo ad acquizioni in Germania e Gran Bretagna. Il tycoon di Hong Kong Li Ka-shing ha chiesto una valutazione impossibile per la 3 Italia, che controlla.

E i cinesi di China Mobile non hanno osato un'avventura all'estero così impegnativa. Lo sarà anche per gli spagnoli, anche se non li preoccupano le minacce di un veto italiano usando il "golden power" del governo o un obbligo di lanciare un'offerta d'acquisto. Non è previsto un veto del governo, mentre eventuali nuove norme non dovrebbero essere tali da forzarli a lanciare un'Opa: è certo una beffa per gli azionisti di minoranza, ma
lo stesso tipo di beffa a cui sono stati sottoposti in passato dalla investitori italiani come la Olimpia di Marco Tronchetti Provera e da Telco stessa, senza troppe proteste.

Il vero rischio è altrove: nella politica, perché sarà difficile per Telefonica attrarre manager di livello internazionale su Telecom Italia e poi gestirla al meglio se le proteste continueranno. Ma la situazione è così deteriorata nell'azienda che un investiore milanese esperto come Giovanni Tamburi spera che le acque si calmino: «È un'operazione perfetta - dice - buona per il mercato, l'efficienza e la pulizia da incrostazioni parapubbliche».

 

 

ALIERTA z lat17 casini latella bernabe lettaTELECOM TELEFONICA ea c f c a cecb a a e b CESAR ALIERTATELECOM ITALIA jpegALIERTA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”