adam's passion

ARVO PART E ROBERT WILSON, MUSICA PER L’ANIMA DEL MONDO – LA PACE SOAVE EVOCATA DAL COMPOSITORE ESTONE, FATTA DI SUONI SOTTILI E IPNOTICI, REINVENTATA IN AZIONE TEATRALE DAL GENIO DI ROBERT WILSON HANNO MAGNETIZZATO L’IMMAGINARIO DEL PUBBLICO ROMANO - PER DUE SOLE SERATE IL TEATRO DELL’OPERA (ULTIMO CONTRATTO FIRMATO DA FUORTES) HA TRASLOCATO NEGLI SPAZI DELLA NUVOLA DI FUKSAS, AMPI MA BEN POCO TEATRALI (BEATI QUELLI NEI POSTI AVANTI, PERCHÉ DA METÀ SALA POCO SI VEDEVA) - VIDEO

Carla Moreni per “il Sole 24 Ore”- Domenica

 

Arvo Part Bob Wilson

C’è stato un tempo, una trentina di anni fa, a Torino, quando grazie a Settembre Musica tutti ci siamo innamorati di Arvo Pärt, e non si parlava d’altro che dello stile «tintinnabuli» e di quella pace soave evocata dal compositore estone, fatta di suoni rastremati e ipnotici, ma al di là della superficie anche profondamente inquieti. 

 

Adam's Passion

Dal 1980 questo barbuto eremita, che non concedeva interviste e parlava a monosillabi, viveva a Berlino, in esilio. A catturarlo per primo, dandogli visibilità mondiale, era stata l’etichetta ECM, che sul suo nome avrebbe forgiato un concetto nuovo di suono discografico. 

 

Adam's Passion

Oggi Pärt è un ottantasettenne ritornato in patria, assimilato nel tessuto contemporaneo. Ma a rilanciarne la figura, aristocratica e profonda, a scommettere di nuovo sulla originalità seduttiva della sua scrittura, è arrivato nei giorni scorsi il Teatro dell’Opera di Roma, che ha portato a debuttare in Italia Adam’s Passion, collage di quattro pagine, tra cui la memorabile Tabula rasa, reinventate in azione teatrale da Robert Wilson e con la partecipazione straordinaria di Lucinda Childs.

Adam's Passion

 

Il tutto per due sole serate, l’ultima ieri, traslocate negli spazi immensi e dal design chic della Nuvola di Fuksas, il gigantesco Centro congressi all’Eur, un po’ decentrato e non propriamente ben illuminato nei dintorni. Del resto era nelle intenzioni di Pärt che l’esecuzione di Adam’s Passion fosse ospitata in spazi non convenzionali: alla prima, a Tallin, nel 2015, venne scelta una fabbrica di sottomarini abbandonata. 

 

Adam's Passion

Qui è stata rimodulata una sala a scatola, capiente un migliaio di persone, totalmente nera, ideale per la drammaturgia scontornata a profili netti e al neon di Wilson. Allestimento come in Estonia: palcoscenico non particolarmente profondo, segnato da una marcata passerella centrale, in avanti a fendere la platea (come nel teatro No giapponese) con orchestra e coro schierati lontani giù in fondo, per necessità purtroppo amplificati (Pärt veste antico). 

Arvo Part

 

In mezzo le sedie del pubblico, collocato tra i due poli, visivo e sonoro. A cori battenti, in dialogo ma anche in netta separazione. Beati quelli nei posti avanti, perché da metà sala poco si vedeva, ed era tutto un allungarsi di colli per carpire i dettagli dell’azione prosciugata e simbolica del regista: un ramo, un mattone, una scala volante, un bicchiere pieno a metà e illuminato come consegna finale.

 

Adam's Passion

Wilson e Pärt sembrano le famose due metà platoniche ricongiunte. Parlano lo stesso linguaggio. Non temono il non significato. Possiedono una estrema raffinatezza stilistica, che apparentemente elude l’espressione, ma che invece proprio dal silenzio la provoca, e più rabbiosa e lacerata. 

 

Adam's Passion

Adam’s Passion non vuole essere un racconto - anche se qualche sprazzo narrativo affiorava, sia nella musica che nella drammaturgia - e consegna come nastro rosso solamente il titolo: Adamo è il primo uomo, ossia tutti noi, inerme e paralizzato di fronte al male che lo circonda, consapevole di averlo lui stesso generato. 

 

Adam's Passion

Completamente nudo, lo statuario Michalis Theophanous procedeva con incedere millimetrico sulla passerella verso il pubblico; calzava poi sul capo un ramo, in sfida di equilibrio, mai cambiando espressione del viso; gesti a sprazzi nervosi delle braccia, a volte le mani tremanti o i pugni serrati dietro le natiche. 

 

Arvo Part Bob Wilson

Solo questi i segni di pathos verso le figure intorno, dove sfilavano due uomini in tute gonfiabili, roteanti in archetipi di lotta (Caino e Abele?), il bambino dagli occhi sbarrati come un automa, ingessato dalla scriminatura dei capelli ai calzoncini, bravissimo il piccolo Ernesto Ruggiero, e ancora la magnetica e emozionante Lucinda Childs, flessuosa negli impercettibili cenni di un dito, di un’anca a sfioro sulla corazza rigida dell’abito bianco e impenetrabile, di Carlos Soto, lunare al pari della parrucca rigida come un elmo. 

 

Adam's Passion

I 90 minuti filati volavano. Perché Wilson sfida il tempo con la fissità dei movimenti. Perché Pärt lo riempie a specchio, sciogliendolo nella continuità, tessendo una trama sonora tutta in orizzontale. Uno dopo l’altro i quattro brani, di epoche e stili diversi, presentavano Sequentia, distillato e sospeso, tintinnante, cui seguiva l’emozionante Adam’s Lament, cantato in russo e dalla forte tinta ortodossa, ben restituito dal coro preparato da Ciro Visco. 

 

Adam's Passion

Inconfondibile e ben eseguito dai due violini solisti Tabula rasa (del lontano 1977), che precedeva la conclusione con il sontuoso Miserere, denso di sonorità magmatiche nella precisa concertazione di Tõnu Kaljuste, decano della direzione di Arvo Pärt. Affollata, esatta nella geometria la scena finale vede i danzatori ieratici del MP3 dance project. Pubblico in piedi e applausi per tutti, in particolare per le incredibili ottantadue primavere della fanciulla Childs.

 

Adam's PassionAdam's Passion

 

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