UN ANGELO CADUTO IN VOLO - CADUTA E RINASCITA DI ANGELO PAGOTTO, IL PORTIERE CHE COSTRINSE GIGI BUFFON A STRARE IN PANCHINA: DALL’EUROPEO U21 VINTO DA TITOLARE ALLE DUE SQUALIFICHE PER DOPING (“AL PRIMO STOP ERO INNOCENTE, SCAMBIARONO LE PROVETTE. AL SECONDO HO CEDUTO IO”) FINO ALLA DEPRESSIONE - "HO SPERPERATO TUTTO. AL MILAN. LÌ BRUCIAVO 30 MILIONI DI LIRE AL MESE SENZA ACCORGERMENE: CENE, VESTITI, SERATE. GAUCCI DISSE CHE MI ERO VENDUTO UNA PARTITA. NESSUNO MI RIMASE VICINO. ORA VIVO SUGLI APPENNINI, ALLENO I PORTIERI DELLA PISTOIESE, MI SVEGLIO ALL’ALBA, FACCIO IL BAGNO NEI LAGHI E MI DEDICO ALLA…” - VIDEO
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Francesco Pietrella per gazzetta.it - Estratti
Angelo Pagotto ha scelto una casa sulle montagne per lavorare al suo rinascimento. Castagno d’Andrea è un puntino scandito dalla pace, incastonato sui monti fiorentini, a pochi chilometri dal quel "fiumicel che nasce in Falterona", come scriveva Dante nella Divina Commedia.
Si riferiva all’Arno, la cui sorgente accoglie migliaia di turisti. Angelo ha teso la mano alla sua terza vita. Nella prima ha vinto l’Europeo U21 da titolare mettendo in panchina Buffon; nella seconda ha ricevuto due squalifiche per doping e uso di sostanze: l’ultima è durata otto anni e l’ha visto combattere contro la depressione. La terza, forse la migliore, lo vede sereno sugli Appennini.
"Alleno i portieri della Pistoiese, qui giocai la mia prima stagione tra i pro’. Per il resto, sto alla grande: mi sveglio all’alba, faccio il bagno nei laghi e mi dedico alla meditazione. Prima della Pistoiese ho lavorato a Prato e all’Avellino in Serie C, dopo la fine della squalifica".
Durata dal 2007 al 2015. Cos’ha fatto in questi otto anni?
"Mi sono reinventato, ciò che avevo guadagnato non c’era più. L’ho sperperato e non so nemmeno come. Ho lavorato due anni in Germania come cuoco e pizzaiolo, poi sono andato in Liguria, dove vivono i miei due figli. Mia sorella mi trovò un posto come magazziniere in un’azienda. Lì ho conosciuto Carolina e la mia vita è ricominciata".
Partiamo dalla prima, di vita. Come mai il portiere?
"Mi venne naturale. Quando lo sai, lo sai. Giocavo nel Verbania, ma il direttore sportivo aveva contatti con squadre di Serie A. Perinetti e Luciano Moggi, che all’epoca lavoravano al Napoli, avevano adocchiato il portiere titolare, ma lui propose di portare anche me. E alla fine andai io. Perinetti mi disse che gli ero costato 140 milioni di lire".
A Moggi dirà di no. Come mai?
"Era il 1995. Si fecero sotto Sampdoria e Juventus. A Genova c’era Zenga, ormai a fine carriera, mentre in bianconero c’era Peruzzi, titolare fisso. Io volevo giocare e rifiutai la Juve. All’epoca comandava lui, dopo la prima squalifica venivo scartato da tutti i club di A".
Il rimpianto più grande è aver lasciato la Samp?
"Sì, che cazzata, lo posso dire. Il presidente avrebbe costruito la squadra su di me, ma dopo le prime partite il Milan si presentò con un precontratto e io accettai. Psicologicamente ero già a San Siro, avevo 22 anni: avrei mai potuto rifiutare?".
Soprattutto dopo l’Europeo Under 21 vinto con l’Italia nel 1996.
"L’apice della mia carriera. Io titolare, Buffon in panchina. In quegli anni i portieri più forti tra i giovani eravamo noi. Io ero tecnico, esplosivo. Non un fenomeno coi piedi, ma all’epoca chi ci badava?
Gigi mi ringrazia ancora per quell’Europeo. Lui, Buffon, uno che ha vinto tutto, dice grazie a Pagotto. In finale, contro la Spagna, parai i rigori di Raul e De la Peña. Eravamo un bel gruppo: io, Totti, Nesta, Cannavaro, Gigi. Magari se la mia vita fosse andata in modo diverso avrei anche potuto vincere il Mondiale del 2006 insieme a loro".
Dove iniziò ad avere difficoltà?
"Al Milan. Lì bruciavo 30 milioni di lire al mese senza accorgermene: cene, vestiti, serate".
Per questo andò a Perugia?
"Volevo giocare, come sempre. Poi Gaucci disse che mi ero venduto una partita...".
Perché?
"Aveva litigato con Alessandro Moggi, il mio agente dell’epoca. Alla prima di campionato perdemmo 4-3 contro la Juve. Io feci un errore, Peruzzi due. Il pallone di quei tempi, il Galex, quando toccava terra schizzava. Gaucci andò in tv e disse che Tovalieri era un ex giocatore e che io mi ero venduto la partita.
Mi ha pregiudicato tutto. Successe anche a Trieste, ma solo perché consigliai al presidente di acquistare giocatori esperti. Nel 2002, in B, eravamo primi con una squadra di ragazzini. Lui si rifiutò, poi al primo errore disse che mi ero venduto. Avevo un contratto da tre miliardi di lire in tre anni e gli dissi di metterselo in quel posto, ma non fu una mossa intelligente. Sembrava avessi qualcosa da nascondere".
Gaucci le ha mai chiesto scusa?
"Non ricordo, era un istrione. Nel 2000, prima di quel famoso Perugia-Juve 1-0 sotto la pioggia, disse che se avessimo perso ci avrebbe spedito in ritiro. Aveva interessi legati alla Banca di Roma, la stessa della Lazio: voleva che vincessero loro".
Nel 2000 la prima squalifica per doping.
"Un’ingiustizia. Andai a fare il test con un altro compagno del Perugia e con due della Fiorentina. La provetta con l’urina fu scambiata: ci rimisi io".
Chi era l’altro compagno?
"Nomi non ne faccio".
La seconda squalifica nel 2007.
"Lì fu un errore. Ero a Crotone, lì c’era chi usava sostanze. Mi chiesero di provare una prima volta e dissi no, poi la seconda, la terza… alla quarta ho ceduto, ma solo quella volta. Dopo ho sofferto di depressione, era difficile accettare che mi fosse capitata una cosa simile. Mi sono fatto aiutare".
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