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CAMPIONATO SOTTOSOPRA - CHIEVO, SASSUOLO, PALERMO E TORINO SONO A PUNTEGGIO PIENO E LA JUVE IN FONDO ALLA CLASSIFICA A ZERO PUNTI - TRA LE GRANDI TIENE IL PASSO SOLO L’INTER, CHE GIOCA MALE MA ALMENO FA RISULTATO

1 - L’EFFETTO DI UN MONDO ALLA ROVESCIA

Gianni Mura per “la Repubblica”

 

ROMA JUVE ROMA JUVE

Fanno più effetto il Sassuolo e il Chievo a quota 6 o la Juve a zero? Direi la seconda, anche perché questa carestia non si verificava da più di un secolo. Sarà un caso ma il Sassuolo, con la Lazio, è la squadra che ha cambiato di meno la formazione-base. La Juve è stata costretta a cambiare, ma non basta a giustificare la figuraccia dell’Olimpico. Ad Allegri non mancano, oggi, quelli che sono andati altrove ma, soprattutto a centrocampo, quelli che li dovrebbero sostituire.

 

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Chiaro che una Roma irriconoscibile rispetto a quella di Verona ha sottolineato le crepe di un gruppo che non s’è ritrovato, forse non si riconosce, sicuramente ha perso efficacia di gioco e spavalderia d’atteggiamento. Si può capire Caceres, Allegri voleva risparmiare a Barzagli la velocità degli esterni romanisti. Ma quella linea centrale fatta da due terzini, due interditori e Pogba poteva solo naufragare di fronte ad avversari più tecnici, determinati e, per un’ora abbodante, capaci di grandi cambiamenti di ritmo. A meno che Pogba non fosse in serata magica. Non lo era. Quindi è stata difesa a oltranza.

 

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Roma irriconoscibile, cioè grande. Non so se Sabatini ami i giochi di parole. I due ultimi acquisti (Digne, Vainqueur) si traducono in degno vincitore. Vainqueur non s’è ancora visto, Digne sì: sembra a Roma da sei mesi, non da pochissimi giorni. Con Iago Falque, Digne ha creato un’efficace tenaglia sulla sinistra. Meno, sulla destra, quella composta da Florenzi e Salah, e non per colpa di Florenzi. Piuttosto per una posizione ibrida di Salah, spesso portato ad accentrarsi.

 

Garcia aveva chiesto ai suoi di iniziare come fossero sotto di un gol. È stato accontentato. La Juve invece inizia per ottenere lo 0-0. Per un tempo, in cui non abbozza nemmeno un’azione d’attacco, ci riesce. Anche perché dopo 2’ Rizzoli non fischia un rigore (Mandzukic su Florenzi), molti tiri romanisti sono imprecisi o intercettati, Pjanic con tiro al volo colpisce il palo interno. È una partita a senso unico e non cambia nel secondo tempo. Ci si aspetta qualche mossa da Allegri (difesa a 4, oppure dentro Pereyra che qualche idea ce l’ha). Non arriva. Alla Eduardo, forse Allegri ritIene che la nottata debba passare, ma intanto aumenta la pioggia dalle parti di Buffon.

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UNA sua paratona su Dzeko segnala che la pioggia è diventata grandine. Un minuto, e la punizione dal limite di Pjanic, un capolavoro di leggerezza, obbliga la Juve a tre cambi: Morata, Pereyra, Cuadrado. Garcia non cambia, la squadra risponde bene, non ce n’è bisogno. Unico rischio, un mani di De Rossi appena fuori area. Espulso Evra, 2-0 di Dzeko, stadio in festa e poi raggelato.

 

L’ultimo quarto d’ora porta a due considerazioni. Sulla Juve: buona reazione in 10, fino a sfiorare il pareggio. Il temperamento c’è ancora, ma perché così tardi? Forza della disperazione, nell’attesa di avere forza di gioco? Molti giocatori sono parsi nervosi, o comunque preoccupati, poco sereni. Oltre che sul campo Allegri avrà molto da lavorare sulle teste. Perché questa sconfitta pesa molto di più di quella interna con l’Udinese.

Che aveva vinto col primo tiro in porta, mentre la Juve, pur non giocando benissimo, ne aveva sbagliati un discreto numero. A Roma è stata dominata.

 

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Sulla Roma: senza un volo di Szczesny su Bonucci ora commenteremmo un 2-2 dopo l’arrembaggio di una squadra in 10. La grandissima partita della Roma ha questa macchia finale: non si può, non si deve. In testa, con Chievo e Sassuolo, anche Palermo, Torino e Inter, unica delle grandi. Non è che la classe operaia vada in paradiso, Inter a parte. Semplicemente si prende quello che l’incompletezza delle grandi lascia loro e si gode il momento. Emblematico il 4-0 del Chievo, e potevano essere di più.

 

JOVETICJOVETIC

L’assenza di Klose spinge Pioli a schierare tre punte che si muovono solo in orizzontale. E il Chievo ci mette del suo, forse qualcuno a Milanello rimpiangerà Birsa. L’assist di tacco di Meggiorini resterà tra i gesti più lucenti, per non dire incredibili, del campionato.

 

L’Inter non sta benissimo e del resto Mancini l’aveva detto. Giudicateci dopo 5 o 6 partite. Col Carpi come con l’Atalanta risolve Jovetic negli ultimi minuti. Quando una squadra vince senza incantare, dicono i vecchi calciofili, bisogna fare attenzione, perché coi punti in tasca, poi, si migliora per forza, senza affanno. E questo sembra, per ora, il cammino dell’Inter. Sofferenza premiata. Meglio che soffrire e non vincere.

 

2 - FINALE DI PARTITA

pioli pioli

Giuseppe De Bellis per “il Giornale”

 

Ha vinto la Roma, che detto così sembra un'ovvietà. Perché lo sapete già tutti che la partita contro la Juventus è finita 2-1. Ha vinto la Roma nel senso che per tutta la sera di ieri e la mattina di oggi si è sentito il ritornello della Juventus che non è più la stessa, che è stata rovinata, che ha perso serenità, personalità, forza, classe, grinta, che sul mercato non è riuscita a rimpiazzare Tevez, Vidal e Pirlo.

 

È tutto vero ma non spiega ciò che è accaduto ieri all'Olimpico: ha vinto la Roma, appunto. Ha giocato, ha dominato, ha persino rischiato troppo rispetto a quello che è successo in campo. Ha vinto una squadra sembrata solida, convinta di quello che faceva e di come lo faceva, una squadra che negli ultimi quattro anni non aveva mai battuto la Juventus e che ieri l'ha messa sotto per tutta la partita, a eccezione dei quattro minuti di recupero. 

roberto manciniroberto mancini


Vista alla prima giornata a Verona, la Roma era sembrata confusa, inconsapevole (o forse troppo consapevole) delle sue potenzialità: non un'idea vera, l'aveva salvata un errore del portiere del Verona Rafael. Ieri il contrario: chi cercava una Roma che diventasse finalmente matura, l'ha vista. Non si costruisce una squadra in una settimana, ma in una settimana si può trovare il modo di darle una struttura, di darle una forma, di darle coraggio. Perché se hai De Rossi, Pjanic, Keita, Nainggolan, Salah, Dzeko e poi in panchina Gervinho e Totti, vuol dire che ti manca soltanto quella cosa lì, l'ultimo miglio che non ha un nome e un cognome.

MAURIZIO SARRIMAURIZIO SARRI

 

Eccola l'identità: avere coscienza della possibilità di vincere, sapere come farlo, avere un tipo di gioco, intenso, continuo, solido, non estemporaneo. Quello che non c'entra con la classe dei tuoi giocatori e basta, ma che sfrutta la classe dei tuoi giocatori per trasformarla in un sistema di gioco. Ciò che era stata la Juventus per il quadriennio precedente e ciò che era stata - spesso - proprio quando incontrava la Roma.

 

Ecco perché avrà anche perso la Juve, ieri, ma ha soprattutto vinto la Roma. Tutta. Perché, per esempio, ha fatto un mercato giusto. Ha preso, cioè, quello che le serviva per migliorarsi, a cominciare da un centravanti e da un portiere di livello internazionale. E ieri, casualmente o no, Dzeko e Szczesny sono stati decisivi: il primo per il secondo gol di testa su una palla assurda, difficile, che mai nella vita un altro giocatore della Roma che non abbia quelle caratteristiche avrebbe trasformato in gol; il secondo che nel recupero ha tolto praticamente dalla porta la palla che stava per dare il 2-2 alla Juventus.

mihajlovicmihajlovic

 

Si può vincere sul mercato, comprando e trattenendo. Tenere Pjanic è stato un affare e non c'entra il gol di ieri. Quello è il simbolo più evidente di ciò che possa rappresentare un calciatore così, uno la cui classe non era stata capita solo da Zdenek Zeman, che lo sbatteva in panchina come l'ultimo dei brocchi. Gioca la palla spesso con un tocco, perché basta, perché il superfluo allontana dall'obiettivo. La punizione di ieri è un capolavoro, non il primo, non l'ultimo. Però ricorda a tutti quanto sia importante avere giocatori così.

 

 

 

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