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CUPER, FINALMENTE UNA GIOIA! IL PERDENTE DI SUCCESSO PORTA L' EGITTO A MOSCA - LA MALEDIZIONE DELL'UOMO DEL 5 MAGGIO INTERISTA SVINISCE AL QUINTO MINUTO DI RECUPERO, GRAZIE A UN RIGORE CHE RIPORTA DOPO 28 ANNI AI MONDIALI SALAH E COMPAGNI – LAVORO, FORTUNA E SILENZIO: L’EPOPEA DELL’HOMBRE VERTICAL (CHE STAVOLTA DEVE RINGRAZIARE UN ALTRO TREZEGUET) - VIDEO

 

Carlo Tarallo per “la Verità”

 

Domenica scorsa, 8 ottobre. Lo stadio più grande d' Egitto, il Borg el arab stadium, che avrebbe una capienza di 86.000 posti, ne ospita a occhio e croce almeno 100.000.

SALAH 2

Gente ovunque: spettatori appollaiati su balaustre, piloni, scale. L' Egitto sfida il Congo: se vince va ai mondiali in Russia. Sarebbe la prima volta dopo 28 anni: erano i tempi di Italia '90, ultima Coppa del Mondo con la vittoria che valeva due punti e con i portieri che potevano bloccare con le mani il retropassaggio dei difensori. Un altro mondo. In panchina c' era un idolo: Mahmoud El-Gohary.

Domenica scorsa, in panchina c' è Hector Cuper.

 

SALAH

L' hombre vertical, l' argentino che ha elevato la sconfitta a leggenda, allena l' Egitto dal 2 marzo 2015. La federazione lo ha ingaggiato con l' obiettivo di vincere la Coppa d' Africa. Che Cuper ovviamente perde, inevitabilmente in finale, tragicamente all' 88', beffato dal Camerun dopo essere anche passato in vantaggio. L' obiettivo rimasto è uno soltanto, a questo punto: tornare ai mondiali. Cuper quasi non riesce a crederci: mancano 3 minuti alla fine e sta vincendo 1-0. Al 63', Mohamed Salah ha portato in vantaggio l' Egitto, facendo esplodere il Borg el arab. Cuper, però, sente, dentro di sé, che è in agguato la beffa. Che implacabile arriva all' 88': Arnold Bouka Moutou realizza il gol del pareggio del Congo. Gol di Moutou, stadio muto. Egitto gelato. Cuper pietrificato.

 

CUPER 11

Il portiere egiziano, lo «zio» Essam Kamal Tawfik El-Hadary, 44 anni suonati, destinato a entrare nella storia come più anziano partecipante della storia dei mondiali, raccoglie il pallone dalla rete. La maledizione di Cuper sembra resistere anche alle energie mistiche sprigionate dalle piramidi, che oltrepassano spazio e tempo, ma a quanto pare non la sfiga dell' allenatore argentino. Ma c' è Allah, con lui, stavolta, e con Allah c' è poco da scherzare.

 

La sua potenza si manifesta al 3' di recupero: Trezeguet, centrocampista egiziano, viene steso in area di rigore. L' arbitro, Bakary Gassama, del Gambia, indica il dischetto. Il Borg el arab impazzisce. La marea umana che affolla le gradinate è incontenibile. Trezeguet si inginocchia. Prega. Il telecronista egiziano piange. Prega.

 

Hector Cuper è immobile sulla sua vertical. Forse, prega. Passa un sacco di tempo prima che Salah, con encomiabile freddezza, spiazzi il portiere avversario: 2-1. La partita finisce, i tifosi egiziani invadono il terreno di gioco, un delirio di felicità. Milioni di persone, al Cairo e in tutte le altre città, prima di scendere a festeggiare nelle piazze ascoltano il telecronista che, in lacrime, urla per almeno venti volte «Allah Akbar». Vittoria. Trionfo. Emozioni che Cuper conosceva bene, ma solo perché tante, tantissime volte aveva osservato gli avversari esultare, mentre lui, in piedi davanti alla panchina, batteva il pugno sul petto dei suoi giocatori, per consolarli dopo l' ennesima sconfitta, dicendo: «Mi corazon es tu corazón», lo stesso rituale che ripete all' ingresso in campo, questo taciturno allenatore nato il 16 novembre del 1955 a Chabàs, paesino nella provincia di Santa Fe, nord est ricco e industrializzato dell' Argentina.

CUPER RONALDO

 

Dopo dieci anni consecutivi in campo come decente difensore centrale, nel Ferro Carril Oeste, dal 1978 al 1988, passa all' Huracan, dove disputa quattro campionati da calciatore prima di saltare direttamente dal campo alla panchina, nel 1992. Nel 1994, il suo destino inizia a manifestarsi: l' Huracan è primo in classifica con due punti di vantaggio sull' Independiente. L' ultima giornata di campionato vede in programma lo scontro diretto: a Cuper basta un pareggio per vincere il «clausura», ma perde 4-0. È secondo.

 

Maniaco del lavoro e della fase difensiva, Cuper fa correre ogni giorno le sue squadre per 3 chilometri prima di passare agli allenamenti col pallone. Il suo 4-4-2 è difficilissimo da perforare. Nel 1997 approda in Spagna, al Mallorca. Cuper conduce la squadra in finale di Copa del Rey, contro il Barcellona la beffa arriva ai rigori: 5-4.

CUPER MORATTI

 

L' anno successivo altra stagione convincente, e altra finale: quella di Coppa delle Coppe contro la Lazio, persa 2-1. Passa al Valencia, e qui la sua sfiga diventa mito: due finali consecutive di Champions League, nel 2000 e nel 2001, entrambe perse: la prima per 3-0 contro il Real Madrid, la seconda ai rigori, anzi all' ultimo rigore, a Milano, contro il Bayern Monaco.

 

Cuper viene accusato di eccessivo difensivismo, e Milano è nel suo destino: a Massimo Moratti piace quell' allenatore che punta tutto su «trabajo, suerte y silencio» (lavoro, fortuna e silenzio), e così lo chiama sulla panchina dell' Inter. Cuper difende la testa della classifica fino al 5 maggio 2002, quando a Roma va in scena la tragedia più incredibile della storia nerazzurra: la sconfitta contro la Lazio che costa lo scudetto.

L' anno dopo altra sconfitta atroce, contro il Milan in semifinale di Champions: 0-0 all' andata, 1-1 al ritorno. Nerazzurri eliminati.

CUPER

 

Cuper va via, la sua fuga per (almeno una) vittoria lo porta in giro per il mondo: di nuovo Spagna, parentesi italiana a Parma, nazionale della Georgia, Aris Salonicco (dove perde la finale di Coppa di Grecia contro il Panatinaikos), Racing Santander, i turchi dell' Orduspor Kulübü. Nel 2013 allena l' Al Wasl, negli Emirati Arabi Uniti, poi nel 2015 la chiamata dall' Egitto. Qui Hector Cuper trova il suo nuovo inizio: perde la finale di Coppa d' Africa ma resiste e, finalmente, vince.

Hector Cuper

 

Porta l' Egitto ai mondiali, per la gioia di tutti quelli che amano il calcio vero, quello fatto di trabajo, suerte, silencio e tante sconfitte, tanto prima o poi la vittoria arriva.

Basta saperla aspettare, restando sempre verticali, senza piegarsi mai.

 

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