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L’ARTE DEI SOVIET - ANTONIO RIELLO: DALLE AVANGUARDIE MALEVICH, RODCHENKO E CHAGALL AL REALISMO SOCIALISTA, ALLA “ROYAL ACADEMY” DI LONDRA L’ARTE RUSSA DEI 15 ANNI CHE FECERO SEGUITO ALLA RIVOLUZIONE: LA STORIA DI UN GRANDE SOGNO CREATIVO BRUTALMENTE E BECERAMENTE TRADITO

Antonio Riello per Dagospia

REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932

 

Il centenario della Rivoluzione Russa qui a Londra ha, come c'era da aspettarsi, consegnato alle stampe una caterva di libri - utili e forse anche meno utili - su Lenin & C che fanno la loro bella figura nelle vetrine delle librerie di Charing Cross e di Piccadilly.

 

Ma ha anche generato una mostra che si inserisce felicemente nel curioso e dinamico ping-pong - al tempo stesso competitivo e sinergico - che coinvolge le massime istituzioni artistiche londinesi dell' Arte Contemporanea. Nel 2014 la Tate Modern aveva fatto un grande retrospettiva su Kasimir Malevich e nel 2015 la Royal Academy aveva proposto una mostra - visitatissima - sui lavori recenti di David Hockney.

 

Quest'anno è il turno di Hockney alla Tate con una grande esposizione, mentre invece la Royal Academy simmetricamente ospita appunto gli artisti sovietici della prima ora, con Malevich naturalmente al posto d'onore.

 

Revolution: Russian Art 1917-1932, curata da Ann Dumas (con la collaborazione di John Milner e di Natalia Murray) ha aperto i battenti l' 11 Febbraio. Diverse opere che si possono qui ammirare non sono mai uscite finora dai musei russi (che sembrano essere davvero una specie di favolosa cornucopia senza fondo).

 

REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932

Divisa in varie sezioni (Salute The Leader, Man and Machine, Brave New World, Fate of the Peasants, Eternal Russia, New City - New Society, Stalin's Utopia) la mostra ci permette di seguire e approfondire un momento assolutamente unico ed estremamente affascinante dell'esperienza artistica del Novecento. Un vortice di creatività e visioni. Il Futurismo, con le sue istanze rivoluzionarie, ha storicamente due "filiali": una italiana che ne conserverà appunto il nome e una russa che, per varie ragioni, finirà per chiamarsi "Suprematismo".

 

Un nuovo mondo, più giusto (almeno in apparenza) sembrava essere finalmente a portata di mano e le molte opere della mostra (circa duecento) testimoniano come questo contagioso entusiasmo avesse profondamente stregato l' Ingelligenzija del tempo. Anche grazie a foto, modellini di architettura, oggetti di design e filmati dell'epoca (finalmente disponibili in grande quantità, soprattutto nella parte finale della mostra) possiamo non senza una certa emozione fare, come si dice qua, una bella full immersion in quell' universo.

 

Al geniale Kasimir Malevich è riservato un imponente spazio pieno di suoi disegni, progetti e opere. Egli aveva anticipato nei primi anni del Novecento, con i suoi formidabili lavori astratti, la forza rivoluzionaria che stava covando sotto la cenere del decrepito impero zarista. E sempre lui, già alla fine degli anni venti, inizia a capire e a far intravedere anche quale sarà il seguito, assai meno glorioso, di questo "momento magico": un ordine nuovo, ma paradossalmente non meno tirannico, miope e sospettoso di quello precedente.

REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932

 

La sua personale parabola creativa è impressionante e fa un po' stringere il cuore pensare a quanto possa avere sofferto nel percorso che lo porta dal Suprematismo alle porte del famigerato Realismo Socialista. Basta confrontare due opere in mostra "Donna con Rastrello" (1932) o "Contadini" (1930) con il "Quadrato Nero su Fondo Bianco" (1913) per aver chiara la situazione. E la prima sala, dedicata alle attenzioni degli artisti alla figura carismatica di Lenin, fa intuire che la Rivoluzione Bolscevica fin da subito ha semplicemente bisogno di artisti assolutamente dedicati al potere dei Soviet. Ovvero strumenti devoti e fedeli di questo sistema. Non propriamente ed esattamente un santuario di ritrovata libertà artistica.

 

Alexander Rodchenko è presente con molte opere di sapore per lo più propagandistico infatti egli, soprattutto con i suoi manifesti, è stato il grande comunicatore visivo di questo nuovo mondo, almeno nella sua gloriosa fase iniziale. Lo si potrebbe anche chiamare (con molto rispetto comunque !) l' "Art Director del Soviet".

 

Un suo lavoro "Pioniere con Tromba" (1930) esemplifica bene la sua eccezionale vocazione che sapeva mescolare estrema eleganza formale, ingegnosità e una singolare efficacia informativa. Appartiene con El Lissitzky, Viktor Deni, Ivan Simakov e Dmitry Moor a quel gruppo di artisti/grafici che hanno fatto del poster politico in Unione Sovietica una vera e propria forma d'arte. Naturalmente anche la fotografia e il cinema, in quanto "strumenti rivoluzionari", sono stati dei media artistici con un ruolo molto importante per questo contesto.

REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932REVOLUTION- RUSSIAN ART 1917-1932

 

Vladimir Tatlin, è un ex-marinaio che da artista, con le sue immaginifiche sculture e torri in ascesa al cielo, materializza fisicamente l'esplosione di gioia e tutta la contagiosa impazienza degli artisti della Russia rivoluzionaria.

 

Marc Chagall, outsider visionario strettamente legato alle tradizioni dei ghetti ebraici dell'Est e formatosi alla cosiddetta Scuola di Vitebsk (oggi in BieloRussia), lascerà molto presto l'Unione Sovietica (1922) per Parigi, ma non senza avere, a suo modo, partecipato alle travolgenti aspettative a cui tutto il mondo guardava allora con ansia mista e speranza. Significativa e struggente la sua opera "Passeggiata" (proprio del 1917).

 

Pure Wassily Kandinsky, il cui padre aveva perso tutto ciò che possedeva nelle tumultuose vicende rivoluzionarie, è travolto dall'entusiasmo iniziale di quell'esperienza. Il suo "Crinale Blu" (1917) ci racconta comunque la storia di una astrazione che per sopravvivere integra e vitale dovrà poi velocemente migrare nella Germania di Weimar.

ANTONIO RIELLOANTONIO RIELLO

 

Ma la rassegna non ci nutre solo con i "mostri sacri" delle Avanguardie Storiche. Artisti rimasti, forse più per le ragioni della Storia che dell'Arte, in una specie di penombra e noti di fatto solo agli specialisti del settore sono finalmente mostrati in Occidente. Kliment Redko, ex pittore di icone votive divenuto poi uno dei più accesi fautori della dell'arte di regime.  Anche i titoli delle sue opere, come "Insurrezione" ad esempio, non mancano di dichiararne la inattaccabile nuove fede: Lenin è infatti ritratto quasi come un dio in trono.

 

Kostantin Yuon, con il suo emblematico "Nuovo Pianeta" testimonia come la Rivoluzione Russa (trotckjanamente) venisse inizialmente considerata un fatto universale pronto a propagarsi celermente in tutto il mondo conosciuto. Alexander Labas con un suo ritratto di soldato dell' Armata Rossa e Boris Mikailovich Kustodiev con "Il Bolshevico" sottolineano, da un altro verso, come proprio la violenza e la guerra siano stati i semi primari da cui è nato questo radicale esperimento sociale.

 

Filipp Maliavin, di formazione rurale, ci riporta con il suo "Troika" (1933) vicini alla natura umile, ma estremamente affascinante, dei contadini russi. Quello delle persone semplici è peraltro lo stesso universo di riferimento di un altro interessante artista, Pavel Filonov. Una nota curiosa: il termine "Troika" significava allora una commissione informale fatta da tre giudici (anonimi) che avevano l'autorità di giudicare i cosiddetti "dissidenti" (anche gli artisti eventualmente) e di condannarli, come di solito accadeva, a morte. Oggi è giornalisticamente usato per definire il micidiale terzetto Banca  Europea-Commisione Europea-Fondo Monetario Internazionale che ha lo scopo di imporre misure forzate di austerity e "ristrutturazione finanziaria".

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Alexander Deineka, con un suo modernissimo dipinto "Lavoratrici in una fabbrica tessile" (1927), celebra con talento la mitologia del "lavoratore". Molti altri suoi colleghi, lo faranno in modo assai più corrivo e banale. Per la cronaca,  Daineka è stato uno dei pochi artisti rimasto sempre in Unione Sovietica e sopravvissuto indenne alle terribili purghe staliniane della metà degli anni trenta. Dipingeva poco e con molta prudenza.

 

La vera rivelazione della mostra (almeno per chi scrive) è il pittore Kuzma Petrov-Vodkin a cui i curatori dedicano un grande spazio. La "Madonna di San Pietroburgo" e "Fantasia" sono tra le sue opere molto particolari e angosciosamente profetiche. Molto interessante. Un bravo artista in bilico tra tendenze e grandi energie che l'hanno quasi stritolato.

 

Temporalmente il riferimento finale di questa rassegna è la grande mostra post-rivoluzionaria (trentatre stanzoni!) tenutasi al Museo di Stato di Leningrado (già San Pietroburgo) nel 1932. Fu curata da Nikolai Punin una figura decisiva per l'Arte Sovietica. Questo mondo, subito dopo, finirà risucchiato nella sinistra dittatura di Stalin e del suo Realismo Socialista. E nell'ultima drammatica e triste sezione della mostra, appunto chiamata "L'Utopia di Stalin" ce ne possiamo accorgere con facilità.

 

Questa è in estrema sintesi la storia di un grande sogno creativo brutalmente e beceramente tradito. Anche però un monito serio ed chiaro a tutti quelli che oggi in Europa, o altrove, amano l'Arte e nel contempo stanno scegliendo strade politiche autoritarie e protezionismi nazionalistici. Le barriere, i fili spinati, le dogane e i diktat non hanno mai fatto particolarmente bene all'Arte. Questo almeno è storicamente accertato.

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REVOLUTION: RUSSIAN ART 1917-1932

dall' 11 Febbraio - al 17 Aprile 2017

ROYAL ACADEMY

Burlinghton House. Piccadilly,

W1J 0BD  Londra

 

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