DE ROSSI, ULTIMA CHIAMATA! AVRA’ PURE LE IDEE DI GUARDIOLA E LUIS ENRIQUE, COME SCRIVE POMPOSAMENTE IL "CORRIERE DELLA SERA", MA PER DANIELINO, CHIAMATO SULLA PANCHINA DEL GENOA, E’ ARRIVATA L’ORA DI PORTARE RISULTATI: DOVRA’ SALVARE IL GRIFONE – UNA MISSIONE NON SEMPLICE PER UN TECNICO CON SOLO 47 PANCHINE IN CARRIERA: 17 IN B ALLA SPAL, CHIUSE ANZITEMPO PROPRIO COME LE 30 CON LA ROMA (IL BILANCIO IN GIALLOROSSO: UNA SEMIFINALE DI EUROPA LEAGUE E UN ESONERO VOLUTO DA LINA SOULOUKOU) - LA MALEDIZIONE DEI CAMPIONI DEL MONDO DEL 2006 CHE IN PANCHINA HANNO COLLEZIONATO FLOP...
IN CAMPO CAMPIONI, IN PANCHINA BIDONI
Davide Stoppini per il "Corriere della Sera" - Estratti
Daniele De Rossi aveva un «Guasto d’amore», senza pallone, meglio ancora senza panchina: qualcosa mancava, qualcosa è tornato. Sarà d’accordo pure Bresh, che quella canzone adesso la canterà per lui, oltre che per il Genoa. Ieri la chiusura dell’accordo, oggi il primo allenamento con la squadra rossoblu, la sua terza esperienza da allenatore dopo Spal e Roma.
E un pensiero fisso: la salvezza, che vorrebbe dire anche rinnovo automatico di un contratto che per il momento è solo fino al termine di questa stagione. De Rossi non vede(va) l’ora. Ha fame, ha voglia. È un uomo e un professionista che ha sempre scelto il… calore: la Roma, il Boca Juniors.
E persino l’Ostiamare. E sì perché in questi mesi s’è divertito a fare (alla grande) il presidente della squadra in cui è cresciuto: anche qui un guasto d’amore, investendo milioni per ridare indietro qualcosa che aveva preso da bambino, col momentaneo primo posto in classifica nel girone F della serie D (9 vittorie e un pareggio).
Ora inizia un’altra storia. O forse è sempre la stessa. Contro il Genoa aveva chiuso la sua esperienza sulla panchina della Roma, 14 mesi fa: un innamorato tradito da una scelta societaria scriteriata, presa da Friedkin ascoltando lingue poco affidabili, un’esperienza finita con un pareggio incassato in pieno recupero e un’espulsione che lo farà debuttare dalla tribuna e non in panchina. Genova toglie, Genova dà. E Genova aspetta.
De Rossi è atteso da un ambiente che, in linea generale, pare aver accolto bene il suo nome, anche se in molti spingevano per la conferma dell’accoppiata Criscito-Murgita. Lo aspetta un compito non semplice ma questo lo dice la logica. Ancor di più, un compito inedito. De Rossi è un allenatore che trasmette esperienza perché già da calciatore dirigeva, non giocava, capiva le cose, non gliele spiegavano.
Ma è pur sempre un tecnico con solo 47 panchine in carriera: 17 alla Spal, chiuse anzitempo proprio come le 30 con la Roma. Ora per la prima volta si cala in una realtà da salvezza. Lui che non ha mai fatto mistero di apprezzare un certo tipo di calcio. È un grande amico di De Zerbi, ha studiato Guardiola, a Roma rimase folgorato dal primissimo Luis Enrique: è di quella scuola lì, è quello il calcio che ama, è uomo da gioco e non da controgioco.
Da oggi avrà il compito di coniugare le sue idee anche con la doverosa e necessaria ricerca della praticità. Predilige la difesa a quattro, da quella con ogni probabilità ripartirà. E certo che l’aspetto difensivo del Genoa va ritoccato: 14 gol incassati sono troppi. Ma la sfida lo esalta. Aspettava da tanto una chiamata, il telefono lungo questi 14 mesi di inattività è suonato tante volte e in molte occasioni è stato lui a dire no, perché poco convinto.
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