bonnard

GIALLO BONNARD! - RIELLO: ALLA TATE MODERN DI LONDRA LA PRIMA GRANDE RETROSPETTIVA DEL PITTORE TRANSALPINO NEL REGNO UNITO DOPO 20 ANNI E' NEL SEGNO DEL GIALLO, IL SUO COLORE PREFERITO. GIALLO CROMO, GIALLO NAPOLI, GIALLO CHARTREUSE, GIALLO CADMIO, GIALLO INDIANO, ETC. UNA TINTA SCOMODA E "FASTIDIOSA" CHE RICHIAMA I GILETS JAUNES - VIDEO

Antonio Riello per Dagospia
 

BONNARD 6

Pierre Bonnard (1867-1947) è una figura di snodo tra le esperienze del Post Impressionismo e le grande stagione delle Avanguardie parigine che, convenzionalmente (e forse discutibilmente), si fa iniziare nel 1907 con Les Demoiselles d'Avignon di Picasso. L'artista si afferma nel gruppo dei Nabis (con Maurice Denis, Édouard Vuillard, Félix Vallotton ed altri ancora) dove domina un'atmosfera molto francese di impronta simbolista. La mostra della Modern Tate comprende un centinaio di opere ed è curata da Matthew Gale con la collaborazione di Helen O’Malley e Juliette Rizzi. La stessa Tate gli aveva già dedicato nel 1998 una grande retrospettiva.
 
Una misteriosa passione sembra legare l'istituzione londinese a Bonnard che è un artista con un pedigree assolutamente significativo ma anche una figura abbastanza secondaria e discussa. delle vicende artistiche del Novecento. Picasso, tra l'altro con un certo malcelato disprezzo, detestava il lavoro di Bonnard non riconoscendovi una particolare inventiva e considerandolo, in termini ciclistici, come quello di un "gregario". Il problema è prima di tutto anagrafico: tra le due rivoluzioni epocali e fondanti della Modernità Artistica c'è poco posto e si rischia di finire in qualche modo schiacciati, sempre in eterno ritardo rispetto al mainstream (o troppo in anticipo, che poi è lo stesso). Ci sono stati caratteri abbastanza forti da riuscire comunque a sfuggire da questa trappola.
 

BONNARD

Ad esempio Paul Cezanne che, come una "macchina da guerra", prepara la strada al cubismo. Oppure Henri Matisse che vola alto sulle avanguardie stesse reinventando e reinventandosi in continuazione (capace addirittura di trasformate la svalutata decorazione da parete in un potente e nobile strumento artistico). Bonnard, che di Matisse era buon amico, purtroppo sembra non avercela fatta, almeno completamente. Va in ogni caso segnalato, per onestà, che negli apparati della mostra sta scritto come Mark Rhotko sostenne di essere stato fortemente influenzato, nella sua ricerca, proprio da questo pittore. L'uso che Bonnard fa del colore in generale, molto spesso definito da molti con l'aggettivo "vibrante", è l'elemento decisivo del suo lavoro. Le tele mostrano, in un modo o in un altro, un precipitato di materia colorante che ha una sua consistente e al tempo stesso sfuggente sostanza.
 

BONNARD 1

Bisogna evidentemente riconoscergli uno speciale talento per come ha saputo immaginare e realizzare suntuose (e irresistibili) trame cromatiche. Un abilissimo tessitore di colori in apparente movimento. Percorrendo alcune stanze della Tate ci si sente circondati dai vari toni del giallo, il suo colore preferito. Giallo cromo, Giallo Napoli, Giallo Chartreuse, Giallo paglierino, Giallo cadmio, Giallo arancio, Giallo indiano, Giallo oro... ci sono praticamente tutti. La cosa è aggravata dal fatto che i curatori hanno deciso di "giallizzare" anche alcune pareti (espediente qui non necessario). Una tinta tradizionalmente scomoda e "fastidiosa" che oggigiorno non è più così legata all'antisemitismo, come ci racconta la Storia, ma che certamente richiama memorie dolorose e pensieri preoccupanti (i Gilets Jaunes, qualsiasi istanza essi rappresentino, sembrano implicitamente affermare che oggi "il giallastro è il nuovo nero"). Ma di ciò, ovviamente, non si può dare la colpa al povero Bonnard.
 
Le scene domestiche sembrano essere le preferite dell'artista: abbondano in mostra con una dovizia che quasi talvolta annoia. In particolare molte riguardano la moglie dell'artista, Marthe de Méligny, che fa il bagno. Sembra che una inarrestabile ossessione igienico-idraulica (probabilmente legata ad una malattia della pelle) abbia accompagnato questa signora per molti anni. Bonnard, con affettuosa diligenza, la fa diventare un tema frequente, e quasi necessario, del proprio lavoro.
 

BONNARD 3

Ci sono anche molti paesaggi (caratterizzati questi invece da una felice varietà) tra le opere in mostra. "Summer" (del 1917, in prestito dalla Fondation Maeght) ne è un ottimo esempio. E così anche "Piazza del Popolo, Rome" (del 1922, collezione privata) con un suo punto di vista sulla "classicità" romana assolutamente inconsueto. "The Garden" (del 1936), dove l'autore è tentato dall' astrattismo, è un altro quadro di un certo indubbio interesse. Le opere di pittura esposte, viste con uno sguardo complessivo, risultano alla fine abbastanza monotone. Anche Giorgio Morandi potrebbe sembrare a prima vista ripetitivo, ma ogni sua natura morta, in pochi tratti umili, schiude abissi di immaginazione e, pur insistendo quasi sempre sullo stesso soggetto, ogni suo quadro porta comunque lontano.

ANTONIO RIELLO

 
Bonnard invece, anche se i soggetti magari cambiano, sembra esitare in continuazione, fisso in una specie di eterno surplace. Il suo è un fragore cromatico che rimane spesso silenzioso e solo di rado pare avere la capacità di sconvolgere davvero. Una mostra certo impeccabile ed elegante (molto ben fatta soprattutto l'ambientazione legata ai luoghi dell'artista) ma forse non imperdibile.
 

ANTONIO RIELLO

In realtà sarebbe una esperienza di particolare interesse (raccomandata) per i giovani artisti in quanto permette di capire direttamente due cose. Come un talento che si trovi ad operare nel momento sbagliato, non riesca di solito a "funzionare" al meglio, anche a causa della presenza di rivali molto agguerriti ed established. E come da solo il talento purtroppo non basti, ci vuole sempre la capacità e la consapevolezza di "fare brand" per renderlo unico ed inimitabile.

BONNARD 9

 
PIERRE BONNARD: THE COLOUR OF MEMORY TATE MODERN,
Bankside, London SE1 9TG
Fino al 6 maggio 2019

 

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