robertino e compagno di squadra

ROBERTINO, IL GIGANTE BAMBINO - LA STORIA DEL CESTISTA 14ENNE ALTO 2 METRI E 26 CHE SOGNA DI DIVENTARE UNA STELLA DEL BASKET NBA - GIOCA CON LA STELLA AZZURRA DI ROMA, IL CLUB: “NON VOGLIAMO CHE DIVENTI UN FENOMENO DA BARACCONE”

Valerio Vecchiarelli per il “Corriere della Sera”

 

ROBERTINO E COMPAGNO DI SQUADRAROBERTINO E COMPAGNO DI SQUADRA

Guarda compagni di squadra e avversari da lassù, Robert Bobroczkyi, 15 anni da compiere il 17 luglio e un fisico che non sembra appartenergli con quei 226 centimetri che gli negano la gioia di essere un bambino come tutti.

 

Nato a Arad, in Romania, è cresciuto troppo e troppo in fretta e per fortuna che lo scorso anno, durante un torneo di minibasket a Budapest lo notò Giacomo Rossi, il responsabile del reclutamento di giovani talenti della Stella Azzurra, club romano che ha nella cura del vivaio e nell’offrire a tanti ragazzi una prospettiva di vita sotto canestro la propria missione.

 

Lo volevano in tanti, davanti alla porta di casa Bobroczkyi c’era la fila di emissari di squadre spagnole e greche per promettere un futuro fatto di Nba, successi, sogni difficili da realizzare. Alla fine la scelta ha premiato l’Italia e un progetto personalizzato, «un laboratorio» su misura che mette al centro il ragazzo e non l’effimero disegnato in quella fabbrica di miracoli che troppi disadattati ha prodotto nello sport professionistico. 
 

ROBERTINO 1ROBERTINO 1

Robert è un gigante, figlio di una rara familiarità con l’altezza: il papà è alto 2,17 metri, la mamma 2,00, uno zio che giocava a basket in Romania sfiora i 2,20. Uno scherzo della genetica che in questi giorni è diventato l’attrazione delle finali nazionali del campionato under 15 in programma a Desio: la Stella Azzurra ha vinto a mani basse il proprio girone di qualificazione e in questo fine settimana si appresta a giocare le gare che assegneranno il titolo. 
 

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Nella palestra di via Flaminia, in cui il gigante bambino ogni giorno lavora per imparare a correre, a muoversi con grazia, a dominare un fisico tanto difficile da gestire, conobbe il pallone a spicchi Andrea Bargnani che il sogno Nba lo ha realizzato davvero e che è diventato un modello per i 32 giovanissimi sbarcati nella Capitale da tutto il mondo sognando di emularlo. E non è un caso se il giorno che, impaurito, mise piede nella foresteria del club Robert diede fondo ai suoi sogni di bambino: «Vorrei giocare nell’Eurolega e poi vincere un titolo Nba…». 
 

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I compagni di squadra lo chiamano Robertino. Per lui alla Stella Azzurra hanno messo a punto un programma personalizzato, fatto di allenamenti che non distruggano precari equilibri fisici, di studio alla Marymount, un istituto internazionale che prepara alla vita futuri manager, di psicologi che gli insegnino a convivere con un fisico ingombrante ai quali si affianca l’equipe medica di Villa Stuart, per tenere sotto controllo lo sviluppo. 
 

Germano D’Arcangeli, una vita spesa a insegnare basket, parla di un percorso difficile, avveniristico: «Robert è incredibile, pretende tantissimo da se stesso e per ora lo ottiene. Nello studio è superiore alla media, come nel lavoro in palestra. In questo anno che ha passato con noi è migliorato nella coordinazione, ma se diventerà un bravo giocatore di pallacanestro oggi è impossibile dirlo. Noi avremo vinto se diventerà un uomo capace di convivere con la sua altezza, perché il rischio che diventi un “fenomeno da baraccone” è reale». 
 

 

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In estate Robert volerà negli Stati Uniti, non per giocare a basket, ma perché un’equipe medica vuole analizzare le sue ghiandole e capire: «E noi vogliamo che lo facciano — continua D’Arcangeli — non perché diventi letteratura scientifica, ma solo per lui. Per adesso vederlo correre, tirare, segnare è già un successo che ci riempie di orgoglio». 

 

 

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